31-12-2020
L'ultimo aggiornamento dell'anno di Lucasdelirium arriva al photo finish, proprio come le cene di San Silvestro intime a lume di candela, organizzate dopo spese al cardiopalma, cercando di non essere costretti a compilare autocertificazioni per comprare quello che si è dimenticato (alla Vigilia mi è successo sul serio). Non vedo l'ora che quest'anno finisca, pur sapendo bene che è una liberazione simbolica e che la nostra guerra continuerà nel 2021. Sforzandosi di sorridere, nel 2020 sono successe comunque cose piacevoli da queste parti: Lucasdelirium ventenne e rinnovato, The Secret of Monkey Island trentenne e celebrato... e nemmeno a questo giro siamo a secco di bombe, perché abbiamo saputo la sinossi completa del cancellato Sam & Max Freelance Police, dopo sedici anni. È il caso di dirlo: tutto arriva a chi sa aspettare!
Back to the Future - The Game compie 10 anni
Nel mio ripercorrere le avventure dei fu-Telltale comincio ora a entrare nella "zona d'ombra", quel momento in cui il team fondato da Dan Connors e Kevin Bruner visse una crisi d'identità, una progressiva rottura con le avventure grafiche classiche punta & clicca, alla ricerca di un nuovo modo immediato di intendere la narrazione interattiva. Back to the Future - The Game, concepito come effettivo prosieguo della trilogia cinematografica di Ritorno al futuro, cercava ancora di dare un colpo al cerchio degli avventurieri e un altro alla botte di un fandom allargato, interessato solo a una storia e non troppo avvezzo agli enigmi. Cosa ne venne fuori? All'epoca pensai che non funzionasse troppo bene, oggi dopo dieci anni... continuo a pensarla alla stessa maniera, purtroppo. Credo che fosse comunque il caso di rigiocare e rivedere la scheda come ho fatto, sempre nell'ottica di inquadrare nel modo migliore possibile questo esperimento: i difetti rimangono, ma rimangono anche un paio di elementi narrativi preziosi che spingono a completare l'esperienza, insieme al doppiaggio secondo me davvero notevole.
Ho colto l'occasione per sbobinare i commenti audio degli sviluppatori per ciascuna puntata, arricchendo la scheda con una nuova sezione "extra" di curiosità.
Psychonauts 2: da gennaio comincia il rush finale!
Sì, questa volta è vero: Psychonauts 2 uscirà davvero l'anno prossimo, nel 2021. Nell'ultimo aggiornamento sul progetto, il buon Tim Schafer, altrove pure protagonista di un documentario riassuntivo sui 20 anni della Double Fine, ci informa che il gioco al momento è giocabile dall'inizio alla fine: per i backer e per la Microsoft, ora bisogna chiudere. Il rush finale sarà delicato, perché spetta a lui decidere le "ultime battaglie", dove collocare le risorse in questa fase finale per rifinire ciò che vale la pena sia rifinito e dove lasciar perdere e tagliare. A questo scopo il team della Double Fine è stato suddiviso in una ventina di squadre, ciascuna destinata a supervisionare la finalizzazione di un elemento del grosso titolo (gameplay, inquadrature, luci, IU, etc. etc.). Se guardate il video che embeddo, potrete avere piccoli assaggi di nuove scene, seppur di sfuggita: nessuno spoiler, solo scintille che accendono la curiosità!
Oltre al reinserimento delle battaglie con i boss, che Tim stava per cancellare con dolore prima dell'acquisizione Microsoft nel 2019, c'è un'altra novità: un "post-game state", cioè la possibilità di continuare a vivere il mondo di gioco anche ad avventura finita, modalità assente nel primo titolo e per la quale Schafer sta scrivendo testi aggiuntivi appositi. Tim ha particolare paura di spingere il team al temuto "crunch mode", cioè alla fase di massacro finale di 12 ore lavorative giornaliere, una pratica diffusa e ultimamente sempre più condannata nel settore: si dichiara colpevole di questa pratica sin dai tempi della LucasArts fino al primo Psychonauts. "Questo è il momento in cui ti viene la tentazione, perché se non puoi alzare il flusso di soldi, non puoi allungare le tempistiche e non puoi cedere sulla qualità del gioco, puoi abbassare la qualità della vita di tutti, facendoli lavorare un sacco. Ora è diverso perché lavoriamo da casa, però è importante non trattare la cosa come una manopola che vuoi girare quando ti pare. Per questo è importante avere giudizio ora e soppesare bene i contenuti."
Per portare a termine questa valutazione, Tim sta giocando come un normale streamer per il resto della squadra, indicando in tempo reale le cose prioritarie su cui concentrarsi. In un'altra intervista con IGN First, Schafer arriva a pensare che, pure a pandemia terminata, potrebbe mantenere l'usanza, perché coinvolge più membri del team rispetto ai playtest in sede.
La possibilità finalmente di poter giocare fisicamente sui devkit ricevuti sta contribuendo comunque a motivare un po' tutti, perché seduti sul divano si assume uno sguardo più fresco e rilassato su Psychonauts 2, abbandonando per un po' le postazioni alle quali si è rimasti inchiodati per mesi e anni.
Sam & Max Freelance Police: la commuovente fine di un'epoca
Lo storico fansite americano di LucasArts e dintorni, Mixnmojo, che coi suoi 23 anni di vita ne ha tre in più di Lucasdelirium, ha pubblicato una monumentale retrospettiva sul cancellato Sam and Max Freelance Police: considerando quanto loro siano vicinissimi a molti sviluppatori della fu-Lucas e anche dei fu-Telltale (basti pensare che Jake Rodkin era stato tra i cofondatori del sito!), sono rimasto comunque felice di essere giunto alle loro stesse conclusioni "filosofiche" nel mio analogo pezzo di tre anni fa: ora l'ho aggiornato con alcune delle novità che lo staff di Mixnmojo è riuscito a scovare, interpellando tanti di quei protagonisti di quel difficile e frustrante periodo, un vero spartiacque tra un mondo che finiva e un altro che iniziava. Non è solo il racconto triste di un gioco fatto col cuore e cancellato per ristrettezza di vedute, non è solo la narrazione dell'inizio della fine della LucasArts. È anche il modo perfetto di inquadrare il momento in cui i fan fecero sentire la propria voce, avvicinandosi alla maturità che l'autore Jason sintetizza col motto "Love the band, not the brand", cioè "ama la banda, non il brand", gli autori che fecero grande la LucasArts, non il marchio "LucasArts" (svuotato in quel momento di senso).
Per l'occasione, il team di Mixnmojo è riuscito persino a farsi creare un header originale da Bill Eaken! Di fronte a una tale magnificenza, vi invito se sapete l'inglese a leggere tutto con calma. Non ho bisogno di realizzarne un riassunto, perché il mio pezzo di cui sopra già di fatto lo è (con una prospettiva leggermente diversa e con in più un focus sul cancellato Sam & Max Plunge Through Space, solo sfiorato da Mixnmojo). Nelle settimane in cui è stato pubblicato il remaster della Sam & Max Season One, conseguenza diretta di ciò che accadde, fermarsi a ripensare su quegli avvenimenti è più che mai appropriato...
Magistrale la chiusa del loro pezzo: "La LucasArts come creatrice di avventure grafiche magari era destinata a morire, ma poteva non essere assassinata". Perfetto.
Sam & Max Save the World, il dramma dove non te l'aspetti
Nelle ultime due settimane mi sono chiesto più volte se e come toccare un argomento che mi ha immalinconito parecchio. Avendo collaborato con la Skunkape Games per limare la traduzione italiana di Sam & Max Save the World, sentivo però di dover dire qualcosa su una shitstorm tuttora in atto. Certo non è paragonabile a quella che ha travolto la pubblicazione di Cyberpunk 2077, però basta andare sulla pagina GOG della remaster della Season One per osservare una media voto deprimente. Un giro tra le recensioni e i commenti su Steam riecheggia le stesse tensioni. Per me questa pubblicazione era stata una piccola festa... e l'impatto di tutto questo, pur capendolo, mi ha buttato giù. Ero poi imbarazzato per un mio conflitto di interessi che si era venuto a creare, pur solo emotivo, avendo lavorato gratis di mia sponte.
Ricapitolando: molti utenti non hanno gradito il cambio di voce di Bosco (con un doppiatore nero come il personaggio e un alleggerimento del suo slang) e la modifica/taglio di sei battute nelle quali gli autori non si riconoscevano più. Lo spettro della censura e del politicamente corretto militante ha attivato una ribellione sonora. Non è mia intenzione discutere di tali questioni in senso lato: senza un dialogo rapido con chi mi legge sfocerei in un monologo impositivo, e l'argomento per me è troppo serio. Vorrei però, se avete un attimo di pazienza, concentrarmi sul legame tra queste considerazioni e il gioco in sè. Prima di iniziare, due precisazioni doverose. Sapevo dei tagli? No, ho ricorretto la traduzione giocando una beta, ed essendo i tagli pochissimi, erano e sono molto difficili da notare. Sono d'accordo con le modifiche? No: sostengo che, qualora si creino situazioni in cui si vogliano prendere le distanze da una sensibilità avvertita come più arretrata in merito a certi argomenti, la strategia di un disclaimer sia preferibile alla modifica di ciò che si era fatto in passato in buona fede. Procedo per punti.
- Sulle "bugie" e la "trappola" del politicamente corretto. Sin dal giorno dell'annuncio della remaster, nei primi di novembre, la sostituzione del doppiatore di Bosco è stata da subito dichiarata (in un'intervista e in uno stream), tanto che ne avevo parlato nella scheda. Sicuramente la FAQ sul sito ufficiale era ed è meno esplicativa del tardivo successivo approfondimento delle modifiche pubblicato su Steam una settimana fa, però sulla sua posizione ideologica generale il team non è stato affatto reticente. Diverso il discorso nello specifico sulle battute modificate, in effetti mai citate inizialmente, però non ho motivo di credere che chi ha assicurato gli utenti su un copione intatto stesse mentendo, in effetti non lo sapeva. C'è stata un'interruzione della catena tra sviluppatore e pr, ne ignoro le cause: un errore di cui la Skunkape si è resa conto e che (utopisticamente) spero sia rimediabile.
- Capisco bene che, quando si è indignati per qualcosa, si tenda a calcare la mano perché si cerca di fare proseliti. È un gesto naturale quando si crede e si sostiene un punto di vista su questioni importanti. Però scrivere che il gioco è "massacrato", suggerendo "molte" modifiche che pare lo rendano quasi irriconoscibile, è in questo caso oggettivamente un'esagerazione. E non è nemmeno necessaria. Se ci si indigna per la censura, anche una modifica è sufficiente per girare al largo, chi è sulla stessa lunghezza d'onda capirà. Non è però molto corretto confondere chi è indeciso indicando un'inesistente inondazione di censure, che andrebbe per lo meno verificata prima di scatenare l'apocalisse. "Se la sono cercata?" Beh, fino a un certo punto: un errore degli sviluppatori non dovrebbe giustificare un atteggiamento iniquo dell'utenza. Lo scrivo sognando, come sempre, la sopravvivenza di un confronto civile.
- Censurare Sam & Max significa insultarli, tradirli e annullarli? Non voglio mettere in dubbio la buona fede di chi lo sostiene, però posso dire che è una semplificazione? Sicuramente i primissimi Sam & Max dei fumetti, alla fine degli anni Ottanta, erano violenti e scorretti, ma il cane e il coniglio in trent'anni hanno visto più interpretazioni. Sam & Max Hit the Road (1993), l'avventura LucasArts con cui la maggior parte di noi li ha conosciuti, era già edulcorata, parecchio di più delle serie Telltale, con o senza gli ultimi tagli, basti pensare al fatto che i due non usavano alcun'arma da fuoco! La serie animata del 1997 addirittura era commissionata dalla Fox Kids (!!!), sotto un controllo ferreo del network: compromessi come le armi sostituite con assurdi bazooka e la presenza di una bambina come "aiutante" dei due protagonisti non hanno impedito, nemmeno in quel caso, che il risultato fosse fedele all'essenza di Sam & Max. Che è tante cose: satira, surrealismo, demenzialità, humor cartoon, grottesco, parodia, sfondamento della quarta parete e anche scorrettezza politica, certo, ma ciò non rende Sam & Max uguali a South Park, che fa invece della provocazione sotto la cintura la sua stessa identità.
- Riflettendo su tutta la polemica, mi è venuto in mente di integrare con una considerazione finale il mio articolo "Chi me l'ha fatto rifare?" sulle riproposte. In ambito lucasiano e para-lucasiano, Sam & Max Save the World rappresenta (amara ironia della sorte) forse l'esempio migliore della magica "terza via" propria dei videogiochi, illustrata da me nell'articolo. Questa peculiare via di mezzo tra remake e restauro forse però si porta dietro anche una certa ambiguità nel modo in cui sviluppatori e utenti vi si rapportano. Utile notarlo.
- Le versioni originali degli episodi della Sam & Max Season One non spariranno, com'era stato detto. Saranno incluse come DLC su Steam (una volta superati alcuni problemi tecnici) e sono già disponibili come download extra su GOG, se si è comprata lì la remaster. Peccato che quest'ultima versione abbia mantenuto gli spiacevoli bug che aveva e di cui avevo parlato nella scheda... ma questa è un'altra storia che spero si riesca a risolvere.
Non ho altro da aggiungere. Mi dispiace anche appesantire l'ultimo aggiornamento di un anno non allegro con questi discorsi, però si tratta di argomenti che infuocano le discussioni ed è meglio provare comunque a parlare dosando le parole, sperando di intercettare orecchie serene. C'è chi, per placare gli animi, sta lavorando su una mod di ripristino per la voce originale di Bosco e i tagli.
Per chi ancora non ha smesso di leggere, segnalo che l'ultima patch 1.03 di Sam & Max Save the World contiene numerosi bugfix, la possibilità di disattivare il v-sync (utilissima per non andare in conflitto con i monitor a refresh adattivo), un opzionale sfondo scuro per i sottotitoli onde migliorarne la leggibilità e – addirittura – alcune battute di Bosco ri-registrate appositamente da Ogie Banks, con maggiore enfasi. Rimasterizzati a qualità più alta, sono ricomparsi su YouTube anche tutti gli extra della Season One un tempo presenti sul dvd-rom che i Telltale inviavano su richiesta.
La Skunkape è già al lavoro sul remaster della Season Two, come s'intuisce da questo ammiccamento visivo: che la Pazienza ci assista tutti.
Sam & Max - This Time It's Virtual, un nuovo filmato di gameplay
Sam & Max - This Time It's Virtual, prima avventura in realtà virtuale dei nostri eroi, si è mostrata con un altro video di gameplay e altri bozzetti del grande Peter Chan. Io sto provando con tutte le mie forze a farmi piacere quel che vedo, ma c'è da dire che i filmati tratti da un gioco in VR sono quasi sempre inguardabili per l'oscillazione della camera e l'ovvia assenza di inquadrature: nonostante tutto, continuo ad avere dubbi specialmente sul modello di Sam e la sua animazione, per me troppo robotici.
Nel frattempo, l'Oculus Quest 2 è uscito, sembra affidabile e non costa nemmeno troppo: per ora, complice la promessa di una versione del gioco anche slegata dalla VR, disponibile tempo dopo l'uscita principale, mi trattengo. O almeno faccio finta che a trattenermi sia quello e non la scarsa volontà di rischiare 350 euro (di questi tempi, poi!) su una forma di tortura per la mia chinetosi...
Tornano in vendita Wallace & Gromit, Strong Bad e Telltale's Texas Hold'em
Ormai i titoli della fu-Telltale sono sparpagliati per vari proprietari: il principale rimane l'LCG Entertainment, che con l'aiuto del publisher Athlon Games ha riavviato il brand generale e ogni tanto batte un colpo, firmando nuovi accordi di licenza e rimettendo in vendita altre parti del catalogo. Via Facebook ho già dato la notizia del ritorno di Wallace & Gromit's Grand Adventures su Steam e GOG, in perfetto tempismo con l'arrivo di un gioco in augmented reality, Wallace & Gromit: The Big Fix Up dei Fictioneers. A riapparire però su quegli store sono state anche altre vecchie glorie telltaliche, come il demenziale Strong Bad's Cool Game for Attractive People e Telltale's Texas Hold'em, il casual game primo titolo in assoluto realizzato dai Telltale nel lontanissimo marzo 2005! Un pezzo da museo, ma ancora oggi irresistibile per una partita veloce e un po' di relax senza impegno. Ottimo, c'è ancora della strada da fare per riproporre tutto, ma lento pede si arriva ovunque... coraggio.
Già che ci sono, vi segnalo che sono approdati su Good Old Games anche A Vampyre Story (per la prima volta senza DRM e a quanto pare anche in versione piuttosto stabile, seppur solo in inglese) e la megacollezione The Walking Dead - The Telltale Definitive Series.
Assortiti lucasdeliri italiani
Per chi fosse interessato alla Monkey Island 30th Anniversary Anthology della Limited Run Games, preordinabile fino al 31 gennaio 2021: è stato confermato che i giochi offriranno tutti la lingua italiana, tranne Tales of Monkey Island, che potrete però tranquillamente tradurre con le solite patch amatoriali.
Un lucasdelirante mio conterraneo, Giuseppe Domenico Torre, mi ha spedito una disamina di The Secret of Monkey Island: era troppo lunga per essere inserita nell'articolo celebrativo e non era solo un ricordo, quindi ho deciso di renderla sempre disponibile nella pagina stessa del gioco, raggiungibile dal menu generale della scheda di Monkey 1. In particolare ho apprezzato la sua riflessione sui colori. Un salutone e un abbraccio!
Mi ero già occupato del fangame Indiana Jones and the Relic of the Viking: la sua ultima versione comprende una traduzione in italiano, così anche gli appassionati italiani non anglofoni potranno giocarci! Un saluto ad Alessio Scanderebech, uno dei curatori della traduzione. Ricordo che si tratta di un minigioco a sè stante, non è più un demo del progetto Raiders of the Seven Cities, che è in corso di rielaborazione con un protagonista diverso, onde evitare blocchi legali da parte della Lucasfilm / Disney.
Se poi siete in vena di totali follie, Daniele Spadoni ha partorito uno dei suoi mix arditi, l'arcade The Fan Game - Loom and the Secret of Monkey Island!
Rescue on Fractalus ha un remake incredibile
Qui su Lucasdelirium è normale identificare David Fox con la sua avventura per eccellenza, Zak McKracken and the Alien Mindbenders. Non bisogna dimenticare però che il simpatico David considera il suo secondo miglior gioco realizzato alla Lucasfilm Games l'action Rescue on Fractalus! (1984), essenziale ma tecnicamente all'avanguardia sugli 8bit dell'epoca. Al comando di una navicella spaziale, seduti nel suo abitacolo, dobbiamo perlustrare la superficie di un pianeta per salvare piloti abbattuti da una razza aliena, difendendoci dagli attacchi del nemico: una sorta di Choplifter riletto però in 3D... nel 1984!!! L'engine muoveva le montagne di Fractalus in tempo reale, tramite routine che gestivano appunto frattali, magistralmente programmate da Loren Carpenter e Charlie Kellner.
David, Loren e Charlie, che avevano già sognato una decina d'anni fa un remake, hanno con entusiasmo fatto da consulenti per il progetto di Fractalus, rifacimento non autorizzato a cura di un folle fan programmatore, Luke Arnold, che lo ha rivisitato in Unity sgobbando per dieci anni! Potete scaricare liberamente il frutto del suo lavoro, giunto alla versione 1.0 e compatibile persino con i visori di Virtual Reality. Fox, commosso, ha commentato: "È esattamente come il gioco doveva essere, e com'era nella mia immaginazione (e forse anche nella vostra)!" Che bella frase e che bella storia.
#RescueOnFractalus fans! This is a brilliant work of passion over the past decade+. This is exactly how the game was supposed to be if, and how it was in my imagination (and probably yours too). VR version too! Congratulations @lsdwa! https://t.co/HAK7kVvtvv
— David Fox #CongratulationsJoeBiden (@DavidBFox) December 19, 2020
Okay, fine dell'aggiornamento e fine dell'anno.
Mi verrebbe di augurarvi Buon Anno, ma all'ultimo giro non ha funzionato molto. Facciamo così, uso le parole di un sommo indimenticato, immagino tirato in ballo da molti altri in queste ore: "L'anno che sta arrivando, tra un anno passerà, io mi sto preparando... è questa la novità!"
Un abbraccione,
Dom
2-12-2020
Mentre riempiamo le nostre borse dell'acqua calda e attiviamo eventuali gatti a ulteriore supporto termico, giunge a riscaldare gli animi questo nuovo aggiornamento, che devo dire sarebbe stato già fin troppo ricco senza una felice sorpresa, con la quale sono lieto d'andare a cominciare...
Sam & Max salvano il mondo... ancora una volta!
Nessuno se l'aspettava, ma la Skunkape Games di Dan Connors non si era limitata, come immaginavamo, a rilevare i diritti delle stagioni di Sam & Max, per mantenere in vendita quelle avventure episodiche dopo la morte della Telltale Games. Sorprendendoci come non fa di certo male in questo annus horribilis 2020, ha annunciato dei veri e propri remaster delle tre serie, a partire proprio dal remake della prima, che si ripresenta da oggi come Sam & Max Save the World per Windows su Steam e GOG (qui senza DRM), e sullo store Nintendo per Switch (con un'edizione fisica per questa console ventilata ma non ancora annunciata). Nel caso siate acquirenti su quegli store della prima versione, avrete uno sconto del 50% sul remaster. Se avevate acquistato invece dallo store Telltale, potete richiedere un apposito buono. Occhio, perché lo sconto non vale per la versione Switch. Gradita la disponibilità inoltre della monumentale colonna sonora di Jared Emerson-Johnson su Bandcamp, Steam e GOG (sugli ultimi due scontata del 15% per chi possiede la remaster): 82 tracce comprensive dei cinque brani nuovi.
Sono felicissimo di mostrarvi la scheda nuova di zecca di Sam & Max Save the World, che naturalmente non va a cancellare quella della Season One originale, così come, stando a una specifica risposta nelle FAQ della Skunkape, gli episodi originali saranno in futuro in qualche modo preservati: "Solo un maniaco farebbe una special edition e distruggerebbe gli originali!" (testuale). Il mio impegno tuttavia questa volta è andato oltre la semplice analisi della conversione grafica e sonora per il remake. Sono sicuro che qualcuno ricorderà le patch correttive che preparai per la traduzione italiana JoWood (e Steam) della Season One. I Telltale le avevano, ma erano state ufficialmente implementate solo nel primo episodio della versione Wii. Temendo che per la remaster la Skunkape stesse utilizzando quest'ultimo master confuso, li ho contattati tramite la pr Emily Morganti (risentirci dopo 12-13 anni sulla stessa cosa è stato surreale!), avendone la ferale conferma. A quel punto, col tramite di Emily, non solo il programmatore Randy Tudor è riuscito a ripristinare tutte le mie correzioni (saltate all'epoca per un bug), ma dal momento che dovevo comunque rigiocare gli episodi per la scheda, ho corretto altre cose che mi erano sfuggite la prima volta! Insomma, la versione italiana di Sam & Max Save the World rimasterizzato ora penso fili sul serio, però vi prego di non scrivere in giro che la traduzione è mia. Il discorso è più complesso di così e lo spiego meglio nella scheda nella sezione "SONORO".
Dimenticavo: bentornati Sam & Max!
The Secret of Monkey Island, un dietro le quinte coi fiocchi grazie alla Video Game History Foundation
Siamo ormai a novembre, così la celebrazione dei 30 anni di The Secret of Monkey Island volge ormai al termine (non dimenticate, se non l'avete fatto, di leggere l'articolo con i ricordi dei fan!). A fine ottobre tuttavia si è tenuta la diretta/chat con Ron Gilbert organizzata dalla Video Game History Foundation, dove il giornalista Frank Cifaldi ci ha fatto attraversare contenuti sul serio inediti dei sorgenti del gioco (e anche in parte di Monkey Island 2, come spiegherò). L'incontro era a pagamento, e devo dire che mai 10$ furono meglio spesi! Cifaldi ha comunque da pochi giorni messo a disposizione il video in differita per tutti, insieme a materiale extra, quindi quei dieci dollari erano di fatto una donazione per la fondazione che si promette di "spiare" con autorizzazione nei materiali di lavorazione di grandi classici videoludici. Durante la diretta eravamo in 700, ma altri hanno contribuito nei giorni seguenti, così Frank ha raccolto circa 13.000 dollari di cui "sarà fatto buon uso". Tenete aperta la pagina del loro blog mentre leggete i miei commenti o le mie integrazioni, perché avrete bisogno di un supporto visivo. ;-)
- Dopo un'introduzione con Ron, Cifaldi ha davanti ai nostri occhi riprogrammato una scena di Monkey 1, l'incontro coi "Pirati dall'aspetto importante": la sorpresa non è stata tanto nel vedere il codice SCUMM, dato che negli anni era stato fatto reverse-engineering per spiare nella sua sintassi, quanto nel vedere il processo naturale, senza alcun hack. Frank ha aperto il file in chiaro dello script SCUMM, ha operato le modifiche, ha ricompilato gli archivi con i veri tool di allora (!) e ha lanciato il gioco. Nella divertente dimostrazione, Cifaldi ha aggiunto una battuta in più nelle scelte di dialogo di Guybrush, "Voglio diventare un venditore!": a quel punto i pirati hanno trasformato Guy in Stan, dando al giocatore la possibilità di controllare proprio Stan! Tutto questo per dimostrare quanto fosse semplice e veloce improvvisare con lo SCUMM, e per spiegarci la differenza nel codice tra "actor" (il personaggio) e "costume" (l'aspetto che in effetti ha in grafica). Lo Stan controllabile insomma per il programma era sempre Guybrush, ma solo rappresentato dallo sprite di Stan.
- La tappa successiva è stata il tool FLEM, per manipolare e impostare gli ambienti. Frank ha aperto la location dello SCUMM Bar: non sapevo che le animazioni e gli elementi rimuovibili della scena erano in effetti contenuti nello stesso file di Deluxe Paint, alla destra dell'immagine principale. FLEM permetteva con un click dai menu di visualizzare la combinazione del fondale con questi elementi. BYLE era invece il tool per le animazioni: presentava comandi per l'orientamento nello spazio del personaggio (sinistra, destra, fronte, retro), combinava frammenti di "costume" per comporre i personaggi (per risparmiare spazio, ricordo che la testa e il corpo di Guybrush erano elementi diversi) e consentiva di testare anche le animazioni "speciali" per alcune sequenze. SPIT era invece il font editor. È stato molto bello vedere questi tool in azione, dopo averne sentito parlare negli anni, anche se Ron non rimpiange quell'epoca in cui dovevi crearti software per compiti così semplici: fortunatamente oggi si trovano molti prodotti di terze parti che alleggeriscono il lavoro. "Mi piace ancora programmare gli engine, ma di certo non programmo più editor di font!"
- Una cartina a matita di Mêlée Island disegnata da Ron mostrava già l'isola di Doppio Gancio e la rivendita di Stan, ma anche location scomparse di cui l'interessato stesso non ricorda affatto la natura: un "mining camp" e un folle "geek point"?!?! "Punta Geek non me la ricordo proprio, ma ora la voglio mettere nel prossimo gioco!" L'idea della rivendita di navi usate nacque perché Gilbert aveva da poco acquistato un'auto e si era sorbito venditori petulanti. Un'altra mappa mostra addirittura un arcipelago, con una "Forbidden Reef" tra Mêlée Island e Monkey Island: arrivava dal periodo in cui Ron aveva pensato il gioco come una sorta di rpg, che prevedeva viaggi per mare, azioni da corsari e non era del tutto lontano dallo spirito del celeberrimo Pirates! di Sid Meyer. Una sequenza di design abbozzata comprendeva la necessità di razziare per guadagnare risorse ("Perché tutti sappiamo quanto sia divertente il grinding!"), e s'intuisce che il protagonista del gioco avrebbe persino dovuto salvare la sua ciurma rapita! Si trattava proprio di brainstorming: come vi sarà evidente, molte di queste idee furono abbandonate. Forse è per quello che la Parte 2 di Monkey 1 è così breve...
- Sempre stando agli appunti, il reclutamento della ciurma consisteva nello scegliere tre persone in una rosa di cinque o sei: il pirata chiamato "Hanimal" avrebbe accettato di seguirci solo se gli avessimo dimostrato che il fratello di cui era in perenne attesa era già partito (nella chat il fan filologico ATMachine, un'altra vecchia conoscenza, faceva giustamente notare che l'enigma ricorda quello di Celso e sua moglie nel primo atto di Grim Fandango). Da ridere un misterioso gioco di parole scribacchiato su questa pagina, "Sails and Marketing". In un altro schema, s'intuisce che ci fosse una sequenza in cui avremmo abbordato la nave fantasma (ma c'era già la birra di radice come arma). Una delle idee preliminari immaginava che Doppio Gancio sarebbe stato rapito da un pappagallo nel terzo atto (dopotutto, i pennuti sono le sue nemesi!).
- Si passa quindi a parlare della "Scumm University", le lezioni che Ron Gilbert teneva ai nuovi programmatori arrivati, per mostrare loro come programmare in SCUMM. La prima classe, a memoria, fu composta da Tim Schafer, Dave Grossman, Tami Borowick e Jenny Sward. Per la prima volta, dopo averne sentito parlare negli anni, abbiamo visto gli sprite EGA di Sam & Max che Steve Purcell aveva preparato per i test di questi neofiti (pare che fossero associati alla location del loro ufficio, ora purtroppo forse perduta per sempre). Per animazioni e design sono molto più insicuri di quelli che avremmo visto rifiniti in Sam & Max Hit the Road.
- Ancora più emozionanti i ritrovamenti di grafica scartata nei sorgenti: un abbozzo di Fat (nella prima stesura Mutiny on Monkey Island era il governatore di Mêlée), un inspiegabile avvoltoio col bavaglino e una ballerina sexy con gamba di legno esibita (attribuiti a deliri di Purcell, al 90%) e soprattutto il primo Guybrush! Meno capelli, un po' più basso, con stivali marroni stile Monkey 2 e una fascia rossa alla vita, evidentemente ripresa nel suo look di Curse! Cifaldi poi ha scoperto che questo design è rimasto nello sprite rimpicciolito di 4 pixel, nelle schermate delle mappe, nella sola versione EGA. Ha ragione! Ho scattato e ingrandito uno screenshot come prova, i colori sono quelli (Ron: "Hai scoperto un errore di continuity! Qualcuno sarà licenziato!"). Segue un pirata ubriaco che si sarebbe incontrato nella sezione dei duelli: Gilbert rammenta di averlo scartato perché si supponeva fornisse insulti inservibili come depistaggio, ma avrebbe reso la sezione un po' troppo frustrante. Seguono un'animazione col crollo del ponte del troll (forse legata a una prima versione dell'enigma?), primi piani alternativi di Smirk ed Elaine, della quale viene mostrato anche uno sprite diverso. Ron dice che la scelta di scambiare Fat con una donna come Governatore fu suggerita dalla sua ragazza dell'epoca. A un certo punto era previsto un duello di spada con Shinetop, di cui è rimasta un'animazione schermistica.
- Sono sopravvissute due immagini con la prima versione della casa del Governatore, evidentemente ispirate alla villa Edison di Maniac Mansion (tanto che nel codice ci sono rimandi a una chiave sotto lo zerbino, un auto-omaggio totale!). Sapevate poi che il circo dei Fettuccini continuava sulla sinistra con un altro spalto? O che il ponte della nave nella Parte 2 proseguiva un po' sulla destra? Sapevatelo. Queste scoperte sono state possibili grazie al ritrovamento dei cosiddetti file "z-plane", quelli contenenti le aree in cui gli sprite dei personaggi non sarebbero stati visualizzati, per dare l'idea che passassero dietro ad alcuni elementi dello scenario. Gilbert ha spiegato che era l'unica maniera di far funzionare l'effetto con le CPU e le schede grafiche di allora, perché disegnare sullo schermo ambedue gli elementi per poi nasconderne uno sotto l'altro pesava troppo in termini di performance (naturalmente oggigiorno con Thimbleweed Park ha potuto farlo tranquillamente).
- Difficile spiegare il senso della carrucola nella prima versione del molo di Mêlée, però apprezzo molto che nella versione definitiva qualcuno abbia aggiunto il manifesto di Elaine, ma soprattutto il tocco di classe dei riflessi di luce dalle finestre dello Scumm Bar! Gustosa la versione preliminare del corso principale di Mêlée, con dei z-plane collocati in parapetti che Guybrush nel gioco finale non può raggiungere (ma li raggiunge randomicamente nel demo Passport to Adventure, dove peraltro ci sono pure i pirati che entrano ed escono dallo Scumm Bar sul molo, eliminati perché il giocatore avrebbe giudicato incoerente non trovarli poi nella locanda, una volta entrato). È veramente istruttivo vedere i passaggi preliminari su queste location storiche, come per il caso della strada con la chiesa e della prevendita di Stan: qui si notano alcuni elementi ancora solo delineati ma privi di colore o dettagli. Spettacolare per me una foto di una versione alternativa della location con la vedetta, con la prospettiva ruotata e il fuoco che suggestivamente colora di rosso tutto il muro sbrecciato. Mark Ferrari in piena forma sul serio.
- Dopo che Cifaldi manda in play un antidiluviano affascinante spot del 1990 per Monkey 1, è il turno delle location inedite! La stanza dell'idolo nella Casa del Governatore doveva in effetti esistere, prima che l'enigma fosse trasformato da Grossman in una delle sequenze più visionarie e spiazzanti del gioco: ne abbiamo visto una versione solo abbozzata e non colorata, di autore ignoto. Nel primo piano finale, Guybrush voltava la testa per guardare Elaine: un paio di fotogrammi molto grandi, tagliati per salvaguardare lo spazio sui dischi e i caricamenti (Frank ci mostra la scena completa al volo, reimplementandola, ma sono al 100% d'accordo con Ron: il movimento del solo occhio è più divertente). Giustamente scartata una versione alternativa dello Scumm Bar, dove la cucina e il molo erano parte della location, realizzati peraltro peggio, e non erano caricati a parte, probabilmente perché si voleva spingere il Cuoco a inseguire Guybrush in tempo reale. Visivamente spettacolare una location che anticipava il villaggio dei Cannibali: fu eliminata perché il suo peso non era giustificato dato che non vi accadeva nulla, e perché il suo tono sinistro e gore collideva con la successiva caratterizzazione più simpatica dei cannibali (c'era anche della paccottiglia assortita nel villaggio, persino un "divano" di una sala d'aspetto e una "rivista": era previso forse un medico dei cannibali?). La location è sopravvissuta nei file del porting VGA, sensibilmente alterata perché manca la visuale sul villaggio e... sensibilmente meno affascinante, devo ammettere.
- Nemmeno l'iconica schermata dei titoli di testa si è salvata da svariate iterazioni: Cifaldi è riuscito a ripristinare il fumo del falò acceso in cima, ma scopriamo pure che le luci del villaggio non sono state sempre così fioche, e che qualcuno aveva proposto un'inquadratura del tutto diversa, col villaggio al centro! Parere personale: la decisione di decentrarlo è più elegante, saggia correzione. Curiosa la scoperta di un codice che divideva la mappa di Mêlée in quattro parti, come succede con la mappa di Monkey nella Parte III, ricostruita per intero da Cifaldi! L'ideale presenza di porzioni di mare aperto suggerisce l'idea che lì Guybrush potesse spingersi a remare al largo.
- Scene tagliate! I cannibali (sicuramente Lemonhead, stando allo sprite sopravvissuto) affondavano nelle sabbie mobili e Guybrush li aiutava. Il giocatore avrebbe visto una sequenza in cui i cannibali entravano nella Testa di Scimmia, capendo così come fare: Cifaldi ha ripristinato parte dello script, ma le animazioni del cotton-fioc non erano state ancora realizzate quando poi la cutscene è stata cestinata. Il codice conferma una voce passata: in effetti ci sono tracce delle tre prove che Meathook / Doppio Gancio avrebbe richiesto al nostro eroe per entrare nella sua ciurma. Non che si capisca in cosa consistessero, ma i tag di alcune porzioni di fondali ne lasciano intuire l'esistenza. Dagli appunti di Gilbert sembra proprio che tra la vedetta e il molo ci fosse una location "scogliera", che in effetti Ferrari ricorda di aver disegnato e di aver purtroppo dovuto buttare per "ordini dall'alto".
- Ho trovato piuttosto comico che il famoso primo piano di Spiffy il cane dello Scumm Bar, presente sul retro della confezione, non sia stato rinvenuto nemmeno nei sorgenti. In effetti Ron dice di ricordare solo di aver riso molto in quel momento per lo sberleffo di un'immagine promessa ma inesistente nel gioco, però non ricorda per niente se la cosa fosse stata dovuta a un effettivo alleggerimento dei dischi, oppure fosse stata pensata proprio appositamente come scherzo. Se questo fosse il caso, mi spiegherei l'assenza del file perché forse il grafico responsabile dell'immagine lo passò direttamente al marketing. In compenso tra i sorgenti c'era lo sprite di tale Layla Thomas, protagonista di un'avventura persa nella notte dei tempi, "Top Secret", una storia spionistica. Cerchi l'aspettato, trovi l'inaspettato!
- Tagli per ragioni di spazio hanno anche spinto a eliminare da Monkey Island 2 cinque sequenze a tutto schermo (in realtà tre, perché due riciclavano la stessa grafica), con inquadrature creative e personaggi dettagliati, in cui Largo comunica a LeChuck che Guybrush ha trovato i pezzi di mappa: sono state tra le rivelazioni più entusiasmanti e spettacolari dell'incontro. Ovviamente le sequenze nel gioco pubblicato, come sicuramente ricordate, furono finalizzate invece con i classici sprite per guadagnare spazio, tranne una, tagliata in toto per ragioni assai sospette, ma preferisco parlarne nella news successiva. Non lo dico per fare proprio l'avvocato del diavolo a tutti i costi, ma queste inquadrature appaiono più affascinanti come screenshot che in movimento: le animazioni sono un po' legnose e di lì a poco con Day of the Tentacle si sarebbe fatto di meglio. Curiosa anche la location di una "cucina voodoo" nella Fortezza di LeChuck, presente nei sorgenti solo scannerizzata a matita ma non colorata, con probabili incantesimi da evocare a voce. Cancellata per ragioni perse nella notte dei tempi. Fortissima la prima versione dell'enigma "Se questo è X, questo cos'è?" su Phatt Island, basata invece sull'indovinare i colori delle bandiere dai nomi di alcune ridicole associazioni o gilde: gli acronimi delle loro sigle diventavano "BLUE", "GREEN" e via così. Non è stato discusso nello streaming, quindi non sappiamo perché sia stato modificato (ammesso che Ron ne ricordi il motivo). A parte queste differenze tutto sommato minimali, Cifaldi scrive che i sorgenti di Monkey 2 sono sorprendentemente uguali al titolo finito e pubblicato, suggerendo davvero che Gilbert, come lui stesso aveva dichiarato il mese scorso, fosse diventato un designer e capo-progetto più metodico, meno aperto all'improvvisazione.
Ron Gilbert svela mezzo segreto di Monkey Island
Non è un mio perfido scherzo. Durante la diretta streaming del Video Game Source Project di cui sopra, al timecode 4:26:00-4:27:20, a bruciapelo e con nonchalance, Ron Gilbert ha sul serio rivelato quale ambientazione avesse all'epoca pensato per il "suo Monkey Island 3", nonché il modo in cui si sarebbe presentato l'arcinemico LeChuck. Curiosamente, non ho letto in giro articoli o pezzi su una simile bomba nucleare, a parte un ammiccamento goliardico di Mixnmojo, forse scambiato dai più come classica trollata. Eh no, questa volta Gilbert ha parlato sul serio. Forse la reticenza nel discuterne in giro è la stessa che ho provato io: è un mese che sono a conoscenza della faccenda, ma ancora non so valutare quanto i fan siano pronti a una rivelazione del genere. Ron non ha di certo rivelato il segreto, anzi come aveva detto il mese scorso ha aggiunto che, siccome gli altri giochi non suoi avevano già toccato elementi di trama su cui aveva meditato, dovrebbe realizzare un terzo capitolo alternativo non solo a Curse ma anche alla sua stessa idea d'allora, pur mantenendone lo "spirito". Stavolta però è entrato nel dettaglio della questione con un discorso di appena un minuto e mezzo. Ve lo riassumo in una frase, che però potrete leggere solo evidenziandola. Scegliete saggiamente (cito Indiana Jones and the Last Crusade - The Graphic Adventure): come Indy, in caso di errore potreste andare incontro a un veloce invecchiamento, se avete basato la sopravvivenza della vostra infanzia sul mantenimento del mistero! Scherzo. Scherzo?
Guybrush sarebbe finito all'inferno e avrebbe trovato LeChuck lì, tramutato in un demone/dio.
Okay. Se avete voluto leggere comunque, avete un atteggiamento filosofico come il mio sulla questione. La saga di Monkey Island è andata avanti come doveva andare, è stimolante anche per gli smottamenti autoriali che ha avuto nel corso degli anni, e se non altro questa notizia legittima uno dei Monkey non-gilbertiani molto più di quanto non fosse già legittimato (a mio parere). Come se non bastasse, nell'articolo seguente alla diretta di cui sopra, la Video Game History Foundation ha rivelato un'ulteriore sequenza a tutto schermo tra le cancellate di Monkey Island 2, nella quale LeChuck spiegava a Largo perché fosse importante che Guybrush non raggiungesse il Big Whoop. Se vi interessa approfondire tali questioni, ho a questo punto doverosamente aggiornato l'articolo sul segreto di Monkey Island e, in misura minore, anche quello sul Monkey Island 3 mai fatto di Ron Gilbert. Eh già, almeno il 2020 non sarà ricordato come un anno epocale solo per... quell'altra maledetta cosa.
Monkey Island Anthology: Ciak 2
Come ho comunicato su Facebook, la Limited Run Games ha annunciato una nuova versione della Monkey Island Anthology, in preordine dal 4 dicembre fino al 31 gennaio (il numero di copie prodotte dipende dal numero dei preorder). Cancellando la contestata precedente versione, il team ha rivisto i gadget concentrandosi (giustamente) più su The Curse of Monkey Island, e scegliendo come copertina della scatola un bozzetto alternativo di Steve Purcell per la cover di Monkey Island 2: è l'idea migliore del nuovo pacchetto, a parer mio, migliorato ma venduto a una cifra persino maggiore, ben 175 dollari. A grande richiesta, i giochi saranno anche presenti sui dischi (oltre che sull'a questo punto piuttosto inutile pendrive), in italiano ove già supportato: leggasi, per Tales of Monkey Island dovrete sempre usare le patch di traduzione amatoriali. Tutto il resto che ci sarebbe da scrivere... l'ho già scritto il mese scorso, quindi passiamo oltre!
Mike Stemmle "celebra" i 20 anni di Fuga da Monkey Island e ripercorre la sua carriera
Non mi sono dimenticato che Fuga da Monkey Island ha compiuto 20 anni questo novembre. Avevo già rivisto la scheda l'anno scorso in anticipo, considerandolo importante per giudicare al meglio il decennale del successivo Tales of Monkey Island dei fu-Telltale. Non mi sono dato a celebrazioni particolari perché so che il gioco è tutt'altro che amato, anche se negli ultimi tempi sta subendo una parziale rivalutazione: è un po' come accade ora ai prequel di Star Wars, all'uscita quasi sinonimo di porcheria, ma oggi trovi fan di una-due generazioni più giovani che t'insultano pure se ricordi quanto quei film fossero odiati, trattandoti come se avessi le traveggole. La verità è che conta anche l'imprinting: se qualcuno ha cominciato per caso Star Wars o Monkey Island dai prequel o dal quarto capitolo - ed è assai probabile che accada per chi ha meno di quarant'anni - non li potrà mai disprezzare, apprezzandoli per quello che hanno da dare in sè e non nel confronto col passato (e per la cronaca, forse perché non sono stato mai un fan sfegatato di Star Wars, non ho mai odiato i prequel). Ad ogni modo non c'era una vera necessità per me di ricalibrare la scheda di Monkey 4, perché spero di avere sempre mantenuto un giudizio equo ed equilibrato su quell'esperimento.
Chiudendo il lungo preambolo, Mike Stemmle, che fu co-responsabile sia di Monkey 4 sia di Tales, è stato ospite di un let's play sul canale di Cressup, occasione per una lunga intervista, che è andata ben oltre la quarta avventura del signor Threepwood. Riassumo le sue considerazioni fondamentali, stralciando tuttavia le informazioni riguardanti il nuovo Sam & Max: This Time It's Virtual, di cui parlo in una news apposita qui in basso.
- Guardando Cressup giocare, Mike rimugina sulla lunghezza della sequenza introduttiva di Monkey 4: in quel periodo andavano molto, anche perché erano un'occasione per realizzare scene con movimenti di macchina e più personaggi, precalcolate, troppo pesanti da fare col motore in-game. Si dispiace ancora che, sempre per evitare il carico sulle CPU e le schede di allora, Mêlée Island risulti così deserta nel primo atto.
- Il sistema di controllo era un tentativo di far evolvere quello di Grim Fandango, ma non era comunque comodo: Mike fu molto felice quando alla Telltale gli dissero di tornare sul punta & clicca.
- Conferma che Monkey 4 fu una commissione dei capi, anche se lui e Sean Clark avevano voglia di lavorarci, dopo aver sfiorato solo i porting del primo. Il 3D all'epoca veniva percepito come una soluzione più economica al 2D del livello di Curse, senza contare che ci si aspettava in quegli anni che tutti i giochi fossero in 3D per principio. Purtroppo Stemmle ammette che il team dei grafici stava ancora muovendo i primi passi nel 3D, e l'aver abbandonato l'uso dello SCUMM come engine fuse la complessità dell'apprendistato grafico con la creazione simultanea dei tool (iniziata ma non terminata con Grim Fandango). Morale? "Mai mettere la barca di un progetto in mare senza la tecnologia pronta a sostenerlo e mai fare due grosse cose nello stesso progetto". Per esempio si sarebbe potuto provare a usare il 3D ma all'interno dello SCUMM. Così com'è, Fuga rende purtroppo difficile anche un miglioramento semiautomatico delle remaster più economiche...
- L'approccio alla continuity fu molto lasso, si vedano le libertà con la scimmia robot e Herman Toothrot, però Mike sottolinea che alla Lucas non c'era un vero rigore verso un marchio, non esistevano "bibbie" da rispettare, c'era proprio una sensibilità diversa rispetto a quella attuale, giustamente più attenta a porsi domande sulla natura dei personaggi, del mondo e della storia.
- In Monkey 4 va molto fiero del cattivo Ozzie Mandrill, un'occasione per non riproporre per l'ennesima volta LeChuck. Adora l'idea dell'isola piratesca travolta dal merchandising, una trovata che per lui funziona (e condivido). Monkey Kombat? Se ne attribuisce la responsabilità: l'idea era quella di aggiornare il combattimento a insulti, già reso in rima in Curse e da loro stessi trasformato in braccio di ferro nel primo atto di Fuga. Voleva crearne una versione più veloce e stringata col Monkey Kombat, anche se rimpiange di non aver registrato più versi di scimmia per renderlo meno ossessivo: in ogni caso, il minigioco regge lo scontro finale, che si risolve con un "pensiero laterale" molto da avventura grafica, questo lo rivendica. È contentissimo del puzzle delle Paludi del Tempo, ma ammette di averlo quasi "scopiazzato" da un punta & clicca testuale di quel periodo, il secondo o terzo capitolo di Spellcasting: Sorcerers Get All the Girls di Steve Meretzky (Legend).
Ma obiettivamente come giudica il suo lavoro su Monkey 4, dopo vent'anni? Il 3D è primitivo, il terzo atto ha problemi di ritmo e una rivelazione sul trascorso di Herman Toothrot è davvero sballata: "Forse avevamo troppa urgenza di lasciare il segno sul marchio, sentitevi liberi di estraporarlo dal canone, a testate". In generale per lui "Monkey 4 è la scheggia impazzita tra Curse e il gioco dei Telltale, mettiamola così". - Mi ha fatto molto piacere che Mike sottolinei come il tema della commercializzazione sfrenata di qualsiasi cosa riflettesse nella storia il mercato e l'atmosfera di quegli anni, cosa che mi era venuto spontaneo notare nell'ultima revisione della scheda. Si sapeva già che le avventure grafiche avevano i giorni contati, che i giochi di Star Wars e di altro genere costavano generalmente meno da creare e rendevano di più. Persino alla Telltale, confessa, solo un paio di licenze portarono un reale forte profitto all'azienda (ma preferisce non dire quali). Fa anche un mea culpa: nel 2000 si accettavano come leciti molti enigmi in cui adesso non si riconosce più, pieni di backtracking e anche con troppi elementi randomizzati e deliberatamente frustranti, ripetitivi.
- Tagli sensibili alle idee originali? Molto pochi, che Mike ricordi: il puzzle stile pachinko su Monkey Island (quello delle rocce e delle bombe) era stato pensato da Clark più complicato, e c'erano più idee su come sfruttare le lezioni di pirateria di Miss Rivers. Ricorda i capricci viziati assurdi per ottenere voci celebri: fu loro negato per esempio addirittura Jeffrey Jones per il ruolo del direttore di banca ("Ma ha solo sei battute di dialogo! Lo facciamo venire per sei battute?"), ma vinsero su Edie McClurg per Miss Rivers. In generale non rammenta grossi impedimenti produttivi: "Segno che forse la LucasArts non ci sorvegliava come avrebbe dovuto!" Era più difficile calibrare nel budget il tempo necessario a creare un'altra inquadratura sulla stessa location, cosa che imponeva dei rerender dei fondali e nuovo codice per i movimenti di Guybrush.
- L'esperienza degli ultimi anni nel mobile e nel casual gaming lo ha fatto riflettere, perché lo ha sollevato dalle complessità di questi progetti titanici (include anche Fate of Atlantis), dove devi conciliare narrazione e gameplay. "In effetti una storia non è un gioco: puoi al contrario raccontare la storia di un gioco, come quando racconti a un amico com'è andata una partita di basket. C'è la narrativa emergente che vien fuori dal gameplay. Oppure puoi partire dalla storia, come alla fine fecero i Telltale: ho una storia con qualcosa, ma non è un gioco. A un certo punto diventarono interactive fiction, pure molto fighe, grandi esperienze interattive, ma smisero di essere effettivi giochi, non come li intendo io." Non che Stemmle ci veda niente di male, anzi conferma di aver fatto da consulente per questo tipo di produzione di recente, per l'ora chiusa Fogbank Interactive, poi prosegue con un'altra opzione: "Puoi avere una storia in un puzzle game, ma è giusto una cornice, anzi faresti meglio quando progetti il gioco a non farti intralciare dalla storia".
- Mike suggerisce di non sottovalutare quanto sia diventato complesso proporre le dinamiche del classico punta & clicca in un contesto più cinematografico e doppiato: più diventi sofisticato nella coreografia, più è difficile garantire l'appagamento interattivo del giocatore (non a caso nei giochi Telltale dell'ultimo periodo le conversazioni erano a tempo e dovevi intercettarle). Alla fine forse il mantenimento dell'essenza dell'adventure antico è inversamente proporzionale alla coreografia, magari anche per questo gli indie in pixel-art o addirittura le nuove avventure testuali la garantiscono meglio.
- Ora sente di essere diventato un game designer migliore, per lo meno più in grado di calibrare storia e azioni richieste al giocatore in quell'ambito: forse oggi in un contesto piratesco non darebbe la precedenza al manomettere una catapulta e al parlare con avvocati! A dir il vero il passo avanti sente di averlo fatto già alla Telltale (concordo, il suo quarto episodio di Tales per me è un gioiello vero): rivendica il grande studio che lì fecero lui e i colleghi sul sistema di aiuti intelligenti e regolabili, che per la cronaca fu introdotto con la Sam & Max Season Two a fine 2007.
- Qualcosa sul suo primo gioco da autore, Sam & Max Hit the Road. L'idea del bigfoot da salvare fu di Steve Purcell, basandosi molto liberamente sulla storia "Sam & Max On the Road" di qualche anno prima: la difficoltà era nel trovare la giusta chiave per i dialoghi dei personaggi. Purcell è duro da imitare, ci spiega Mike: "Mette sempre l'aggettivo sbagliato nel posto giusto! Non cade nella mia trappola di compiacersi per quello che scrive, sa quando essere semplice ma con la giusta dose di stranezza". Il pitch del progetto fu di appena tre pagine, tanto era sufficiente alla LucasArts in quel periodo per sottoporre un gioco all'approvazione (magari oggi fosse così facile!). Come al solito il team divenne una famiglia: durante la lavorazione Steve si sposò con la codesigner e grafico Collette Michaud e tutti furono invitati al matrimonio, che come sposini sulla torta aveva guardacaso Sam e Max (il secondo in candido abito da sposa). Anche se nel corso degli anni il gusto di Purcell è cambiato, perché ha ridotto la violenza che c'era nei primi fumetti di Sam & Max, ha sempre amato il kitsch retrò (come i pupazzi dei ventriloqui) e le follie surreali, quindi parte del design di Hit the Road consisteva nell'espandere cose che al massimo lui avrebbe messo sullo sfondo in una vignetta, come per esempio il bungee-jumping dalle narici dei Presidenti. Sforarono di poco il budget, forse anche per le derive sperimentali sue di Clark con lo SCUMM nei minigiochi (va molto fiero del Car Bomb!), però il risultato valse lo sforzo in più.
- Capitolo Sam & Max Freelance Police, dolorosissimo: "Sembrava che l'atmosfera in azienda fosse la stessa di Hit the Road, ma non lo era. Sono sempre stato bravo a isolarmi dai piani alti, ma mi ha fatto male: rimasi sotto shock quando ce lo cancellarono". Era un progetto molto ambizioso, episodico ma con le puntate confezionate insieme, pieno di minigiochi che sarebbe anche stato possibile riaffrontare per migliorare i propri record. C'era un episodio su una stazione spaziale costruita dai paesi del terzo mondo, dove Sam e Max avrebbero affrontato un'intelligenza artificiale basata sui Nacho, in uno scontro alla Tron con una specie di Master Control Program. "Forse avremmo potuto limitarci al design dell'avventura, ma continuavamo ad aggiungere gameplay". Aggiungo che nell'intervista che riassumo nella notizia successiva, Mike e Dan hanno rivelato che tra i minigiochi previsti c'erano anche una simulazione di biglie, un clone di Dance Dance Revolution e addirittura un proto-Rocket League! Stemmle rivela inoltre che l'avventura ricordata da Sam nel casual Poker Night at the Inventory 2 era di fatto gran parte della trama di Freelance Police! Cressup non si trattiene: ma sarà mai possibile recuperarlo, visto che Mike stesso stima fosse completo al 70%? È difficilissimo, perché avevano commesso di nuovo l'errore di costruire un engine apposta, quindi oggi salterebbe ogni automatismo nel tentare di riavviare quel codice. Lui possiede tutte le sequenze precalcolate, mentre fa capire che "altri" (sorride) hanno il materiale completo. La sensazione è che però sia da considerarsi una pratica chiusa. Hmmm...
- Ci sono state diverse idee mai concretizzate negli anni alla Telltale: un gioco di Venture Bros, un altro dedicato ai Gorillaz ("Mi sa però che il Mike Stemmle quarantenne non era hip abbastanza, ne sarebbe venuto fuori un assurdo Scooby-Doo"), un altro ancora, quando la LucasArts aveva rapporti con loro, era un approccio umoristico-lovecraftiano a Maniac Mansion (con Tentacoli "cthulhiani"). Parlando del mondo lucasiano alla Telltale, Mike ritiene che si debba riconoscere quanto abbiano dato rispettivamente Jake Rodkin per i suoi contributi "finalizzanti" a Tales of Monkey Island e Chuck Jordan a Sam & Max (specialmente nell'ultima stagione).
- Altre avventure grafiche che abbia amato, a parte quelle della LucasArts? Gradiva parecchio i giochi Sierra, trova che i punta & clicca di Star Trek siano stati ottimi nel cogliere lo spirito della licenza e nella qualità della scrittura, apprezza molto la saga di The Walking Dead dei Telltale (era ancora lì quando partì ma non ci ha mai lavorato). Aggiunge inoltre un potente (per l'epoca) tool per creare avventure grafiche su Mac, World Builder. In questo periodo gioca con i suoi figli a The Sims, divertendosi parecchio, e anche diversi casual game, ma quando i pargoli giocano a Fortnite non partecipa, però lo affascina il suo funzionamento economico: "Non dovrebbe teoricamente fare soldi, ma li fa perché ci giocano milioni di persone". In famiglia attendono anche il nuovo Zelda, mentre s'intrattengono con Among Us, che apprezza molto. I suoi figli hanno giocato le sue cose? Qualcosa, ma a loro risultano esperienze molto lente ("Come paragonare i vecchi film di Superman ai cinecomic di oggi").
- Se qualcuno ora vuole lanciarsi ed entrare nel mondo dei videogiochi? "Cominciate facendo il vostro, buttatevi, oggi non c'è molto lavoro tecnico da fare con tutti gli engine che ci sono in giro! Buttatevi, anche se pensate che quello che avete non sia un granché, cercare di dare vita al gioco sarà già un buon modo per iniziare ad imparare".
Sam & Max: This Time It's Virtual, nuove informazioni
Abbiamo già avuto modo di parlare di Sam & Max: This Time It's Virtual, il nuovo titolo in VR dedicato ai personaggi creati da Steve Purcell, visti per l'ultima volta all'opera una decina d'anni fa appunto dalle parti dei Telltale. Oltre ad aver presentato un nuovo video di gameplay (in previsione di un'uscita nella primavera del 2021), lo sviluppatore Happy Giant, nelle persone del capo-progetto Mike Levine e di Mike Stemmle, ha partecipato a un'intervista congiunta tenuta da The Escapist in compagnia di Dan Connors della Skunkape: i due gruppi si stanno coordinando tramite Purcell stesso, anche se artefici del primo contatto pare siano stati Jared Emerson-Johnson & Julian Kwasneski, naturalmente al lavoro con la Bay Area Sound su musiche, sound design e doppiaggi. Il mito di Sam & Max è in questo modo alimentato con coerenza. La cosa ha più di un valore simbolico, dato che dello storico Sam & Max Hit the Road Stemmle fu co-capo-progetto, Levine tecnico grafico e Connors capo-tester! Salto qui le informazioni che vi ho già fornito sul remaster della Season One, mi concentro sulle nuove informazioni riguardanti This Time It's Virtual, stralciandone altre da quanto dice Stemmle sul gioco, nell'intervista riassunta da me nel paragrafo precedente.
- Mike Stemmle non è stato coinvolto nel progetto VR di This Time It's Virtual sin dall'inizio: quando il suo lavoro presso la Fogbank Entertainment si è concluso all'improvviso, è stato contattato dalla Happy Giant per lavorare sul gioco già avviato, dietro licenza di Steve Purcell. Il problema con la RV e Sam & Max è che, narrativamente, non avrebbe senso far diventare il giocatore Sam o Max. In un gioco normale li controlli, ma impersonarli letteralmente gli suonava sbagliato, quindi è stata recuperata una vecchia idea, quella di un'accademia "Freelance Police" in cui l'utente diventava una recluta di Sam & Max, superando prove "iniziatiche" per dimostrare di essere all'altezza del loro delirio.
Detto questo, il gioco avrà una trama e un cattivo, non sarà solo una sequenza di minigiochi. Anticipazioni? Il cattivo si rifarà al "kitsch anni Cinquanta" e una delle giostre del luna park misterioso e abbandonato dove si svolge la vicenda ricorda un'attrazione ormai chiusa di Disneyland che a Stemmle piaceva molto. Per avere un'idea della vr, nonostante Stemmle avesse già lavorato in chiave minore su titoli del genere presso la MunkyFun, ha comprato un Oculus. Ci saranno sezioni adventure, non soltanto minigiochi, persino una randomizzata in stile "escape room": è uno dei modi di trasferire la logica delle avventure grafiche nella RV.
Tuttora Mike pensa che scrivere per Sam sia una maggiore sfida che inventare battute per Max, perché è facile sottovalutare quanto possa essere spassoso il cane, e usarlo solo per comunicare informazioni. Un gioco in VR tra l'altro alleggerisce la scrittura più meccanica, perché la possibilità di osservare nel dettaglio gli elementi dell'ambiente sostituisce i classici commenti descrittivi, lasciando spazio alla creatività per dialoghi più divertenti degli altri personaggi, in questo caso Sam & Max, i cui botta e risposta servono anche a riempire i momenti morti in cui l'utente si sta orientando nello spazio e non dev'essere abbandonato a se stesso (dopotutto non stanno mica realizzando un Myst).
- Con Purcell hanno pensato di fare qualcosa di diverso con la licenza di Sam & Max: la realtà virtuale, per la quale l'Happy Giant ha già creato giochi, si prestava a questa volontà di spiazzare le aspettative, oltre a chiamarsi fuori dai generi codificati, potendo oscillare tra minigiochi d'azione e prove più da avventura grafica. Finora è stato mostrato solo materiale relativo alla fase d'addestramento in questa "accademia", insieme a qualcuno dei percorsi ideati da Sam e Max per portarci al loro livello, però il clou del gioco è proprio il luna park abbandonato, progettato interamente da Peter Chan: lo storico illustratore lucasiano stava già negli ultimi tempi collaborando a produzioni pensate per la realtà virtuale e per Levine è stato fondamentale anche al di là del suo contributo grafico, proprio per le idee di ambientazione e design che ha suggerito. Per Levine e tutti i mebri del team, che hanno lavorato sui personaggi quasi trent'anni fa, condividere uno spazio col cane e col lagomorfo è un'esperienza davvero surreale (e ha frastornato persino lo stesso Purcell). Stemmle dice: "Nella prima scena del nuovo gioco, esci da un cassonetto in fiamme e ti ritrovi a parlare con Sam lì davanti a te. È pazzesco l'effetto che fa, davvero."
- Sam & Max: This Time It's Virtual, che prevedono lungo tra le quattro e le sei ore, non sarà esclusiva di una sola piattaforma VR, a tempo debito le annunceranno tutte. Levine rassicura chi non è attrezzato per la Realtà Virtuale: è già nei piani una versione del gioco slegata dalla VR, ma non sarà disponibile da subito. Al momento si stanno focalizzando su dare il meglio in funzione dell'esperienza virtuale, sulla fruzione alternativa del titolo preferiscono concentrarsi a posteriori.
- Il gioco, grazie alla collaborazione creativa e di marketing con la Skunkape, potrà citare musiche o elementi delle stagioni Telltale (ma senza esagerare): purtroppo è legalmente più difficile citare Hit the Road, però gli in-joke sono più semplici delle citazioni esplicite... e comunque già ambientare la storia in un luna park ammicca alla logica delle attrazioni nella prima avventura grafica. Obbligatoria a questo punto la citazione della finta-VR in una scena di Hit the Road.
- Spoiler per i VERI appassionati dei fumetti di Sam & Max: in This Time It's Virtual ci sarà il passatempo preferito dei due, il Fizzball! Per chi non lo sapesse, è una specie di baseball in cui bisogna colpire lattine di bibite gassate con una mazza (ovviamente bagnandosi, quindi meglio dotarsi d'impermeabile!).
Dave Grossman per i 30 anni di The Secret of Monkey Island
L'intervista a Dave Grossman sui 30 anni di The Secret of Monkey Island, tagliata e inserita nel bel documentario del fan Onaretrotip, è stata resa disponibile nella sua interezza. Insieme a Stemmle di cui ci mi sono occupato prima, è uno degli autori lucasiani più sottovalutati: ci si concentra molto sui capolavori di Gilbert e Schafer, ma si sorvola su quanto Grossman abbia dato in termini puramente quantitativi e umili al genere dell'avventura grafica, dalla LucasArts ai Telltale passando per la Humongous. Giusto dargli voce. Estrapolo e traduco.
- Dopo un master all'Università di Berkeley alla fine degli anni Ottanta in intelligenza artificiale, capì che la carriera del professore universitario che aveva accarezzato poco tempo prima non lo convinceva più. Dave aveva voglia di divertirsi.
- Proprio a Berkeley in un centro di collocamento notò un avviso per un posto alla Lucasfilm Games: non pensava si potesse vivere di videogiochi, ma era incuriosito. Da ragazzino aveva smanettato su Colossal Cave tramite un terminale di sua madre programmatrice, e si era divertito a riprogrammare in linguaggio APL Hunt the Wumpus, così mando il curriculum. David Fox lo chiamò per un colloquio, perché alla voce "interessi" aveva scritto "succo di mela". L'incontro andò male: il colloquio era di mattina (quando Dave non rende affatto), e sembrava un'interrogazione, con David, Ron e altri che a poco a poco abbandonarono la stanza mentre lui parlava. "Sono meglio nel pomeriggio, magari dopo un caffè", Grossman disse a Fox, imbarazzatissimo e sicuro di non aver convinto nessuno. Anche per questo, quando diverse settimane dopo lo chiamarono per un secondo colloquio, rimase sinceramente stupito: stava già cercando un altro lavoro!
- Nonostante si fosse preparato sulle avventure col primo Leisure Suit Larry, quando lui e Tim Schafer arrivarono alla Lucasfilm Games partirono dalla gavetta del testing, sul non esaltante Indiana Jones and the Last Crusade - The Action Game e Their Finest Hour - The Battle of Britain, quest'ultimo una vera tragedia, per lui negato nei simulatori di volo arcade: ricorda che comunicava solo bug relativi a situazioni da pura schiappa, come "cosa succede se ti schianti dieci volte di fila in picchiata". Per fortuna aveva fatto colpo nella "Scumm University", dove si scatenò e creò un minigioco più esteso con Sam & Max, facendosi passare dai grafici un fondale di Maniac Mansion e ipotizzando una scena in cui i due investigatori venivano teletrasportati e Max diventava una mezza mosca, in stile cronenberghiano.
- Finalmente giunse il giorno in cui Ron Gilbert chiamò in disparte lui e Tim Schafer, con la fatidica domanda: "Sto preparando un gioco sui pirati, volete farlo con me?" L'apporto di Tim e Dave non comprendeva il lavoro sull'engine SCUMM vero e proprio, ma la finalizzazione degli enigmi che venivano discussi giornalmente con Ron in sessioni di una-due ore, dopo le quali andavano alle loro scrivanie a compilare lo script delle stanze, con le "direttive di scena" per oggetti e personaggi, scrivendo via via i dialoghi.
- Grossman ricorda distintamente il giorno in cui capirono che Monkey Island era qualcosa che funzionava davvero per qualcuno al di fuori del team: lui stava allestendo la scena dei Fratelli Fettuccini, mentre all'altra scrivania Schafer creava la contrattazione con Stan. Vari colleghi guardarono le sequenze e risero di gusto.
- All'epoca era troppo giovane per apprezzare la libertà creativa di cui godevano. L'unica pressione era finire il gioco per settembre, onde intercettare le vendite natalizie. Ma d'altronde era più bello andare in ufficio a lavorare, allo Skywalker Ranch, che passare il tempo nell'appartamento medio dei ventenni che erano allora. Non si doveva nemmeno uscire per mangiare, il cibo alla mensa era così buono che Dave a volte si portava gli avanzi a casa per la cena! Ed era uno spasso scherzare con tipi come Steve Purcell, che ancora maneggiava la frusta di Indiana Jones con la scusa di doverla animare per Indy 3 (in realtà già uscito da mesi!). Significativo dell'atmosfera di quegli anni è vedere Dave nel video seguente, con bandana piratesca indossata per questo servizio di un telegiornale sulla Lucasfilm Games. Coincidenza, la schermata di Monkey 1 mostrata nel video è proprio quella riaffiorata col lavoro della Video Game History Foundation!
- Consigli pratici per progettare un'avventura grafica da Dave: 1) Creare la storia, dividerla in atti, assegnare un obiettivo a ogni atto, creare dei sotto-obiettivi per quell'obiettivo, scomporre i sotto-obiettivi in azioni; 2) Assicurarsi che in giro per le location non ci siano potenziali ma non previsti modi per risolvere un enigma, alternativi a quello che avete pensato e che il giocatore dovrebbe seguire. In soldoni, se volete che il giocatore s'industri in modo creativo per raggiungere un posto in alto, assicuratevi che in giro non ci siano scale in bella mostra appoggiate su un muro, magari a scopo decorativo e non utilizzabili. 3) Morire in un'avventura grafica? Non è un tabù, l'importante è che accada in un modo logico e non disonesto, come sgambetto: accettabili le morti in un Indiana Jones perché un nazista ci ha atterrato, ma non gradisce una morte improvvisa (nello stile di alcuni giochi Sierra), in cui siamo puniti senza un ragionevole preavviso, per un'azione rischiosa che non pareva tale. Se n'è preso gioco personalmente, creando la celebre gag contro la Sierra con l' "albero di gomma" proprio in Monkey 1, organizzando di persona persino la grafica dello sketch. 4) La non-linearità degli enigmi è importantissima, ma non da subito. Alla gente non piace che le sia detto esattamente cosa fare, però non le piace nemmeno sentirsi del tutto persa. Tutto sta nel centrare l'equilibrio. 5) Prima di tagliare un enigma per il feedback negativo di un playtest, si può valutare se inserire qualche indizio in più per risolverlo. Onaretrotip suggerisce, col mio pieno accordo, che con Day of the Tentacle lui e Tim abbiano raggiunto l'apice di questi equilibri. Se poi vi interessa toccare con mano le capacità di analisi di Dave quando si parla di adventure, vi consiglio il suo articolo "Viaggio nel mainstream - Giochi per mia suocera", che ebbi anni fa l'onore di tradurre qui su Lucasdelirium dopo avergli chiesto il permesso.
- Le cose che gli piacciono di più di Monkey 1, col senno di poi? L'enigma delle tazze, gli insulti, inseguire il negoziante: tutto quello che spezza la routine dei soliti enigmi delle avventure.
- "Non mi stupisce tanto il fatto che all'epoca avessimo creato qualcosa di buono e divertente, ma il fatto che ancora oggi sia considerato buono e divertente."
- Lavorerebbe su un ipotetico terzo Monkey Island di Gilbert, visto e considerato che ha preso parte alla lavorazione di Tales of Monkey Island alla Telltale? Dave spiega che, quando i Telltale ottennero la licenza, era terrorizzato dalla responsabilità e assolutamente stranito dal fatto che, per ragioni legali, non potesse sulle prime nemmeno parlarne con Ron e Tim, cosa che per lui, nel contesto monkeyislandiano, era del tutto istintiva. Alla fine ottennero la breve consulenza di Ron per qualche giorno. Grossman considera intrigante il risultato finale di Tales, più cupo e maturo rispetto ai primi giochi, in un certo senso perché forse riflette la sensibilità di quarantenni, mentre i primi due capitoli erano riflesso di ventenni in preda alla goliardìa. In effetti, fare insieme un altro Monkey Island raggiungendo la sessantina potrebbe essere un altro interessante esperimento: cosa mai ne verrebbe fuori?
Mark Ferrari sulla pixel art e The Secret of Monkey Island
Il fan Onaretrotip ha caricato online anche l'intervista sfusa a Mark Ferrari per il suddetto documentario, negli stessi giorni in cui uno dei re della pixel art anni 90 ha parlato anche ai microfoni del podcast Retro Tea Break. Estrapolo e fondo i concetti (simili) di entrambe le conversazioni.
- Mark scherza dicendo che la sua carriera è partita trovandosi nel posto sbagliato, con la cosa sbagliata ma al momento giusto: ha deciso tardi di dedicarsi all'illustrazione, dopo averne capito le capacità evocative e narrative, a quasi 30 anni. Poche settimane dopo aver pubblicato i primi lavori per la Chaosium, capitò nel 1987 in una convention di fantascienza con un suo primo portfolio. Quando si capì che aveva eseguito le piccole illustrazioni con i pastelli e non dipingendole (una sua specialità, copertina di Loom inclusa), diversi professionisti affermati come Tom Kidd iniziarono a parlare di lui in quel fatidico weekend. Nella stessa convention, dove vinse peraltro inaspettatamente un premio, a quel punto intercettò Gary Winnick, reduce da Maniac Mansion: gli chiese se gli interessasse lavorare per la Lucasfilm Games. "Ma io non so niente di giochi, io e la tecnologia non ci siamo nemmeno presentati. Per quanto voglia lavorare per la Lucasfilm, davvero hai sbagliato persona!" - "Non fa niente, meglio spiegare la tecnologia a un artista vero, che cercare di trasformare un programmatore in un artista!". Non ci credeva: alla fine del primo weekend di lavoro, aveva già un colloquio per un potenziale ingaggio. Come allineamento dei pianeti, chiamò suo padre per dargli la notizia, e scoprì che aveva appena comprato un computer Atari (forse un ST?). Si precipitò a casa dei suoi e quella sera stessa fece delle prove per capire "cosa fossero i pixel". Il colloquio e la prova alla Lucasfilm Games anche per questo colpo di fortuna andarono meglio del previsto. Ripensandoci, in un solo fine settimana ebbe l'occasione di lavorare per la Lucasfilm e un invito da Tom Kidd a incontrare degli editori per le sue illustrazioni: "Treni che passavano, non ero pronto, ma dovevo farmi trasportare". Del suo arrivo il primo giorno alla Lucasfilm Games per la prova, ricorda la strada di campagna tortuosa, impossibile da incocciare per sbaglio se non sapevi dove andare.
- Non si era mai considerato un "pixel artist" finché non è stato chiamato così durante Thimbleweed Park: "Io, i miei colleghi, anche gli artisti alla Sierra, non eravamo pixel artist. Eravamo persone che avevano un trascorso e una formazione da illustratori tradizionali, e scoprimmo che tutte le tecniche che sapevamo usare non si potevano applicare a quella risoluzione lì e a quegli orribili 16 colori EGA! I colori saturi servono, se inseriti in mezzo agli altri, ma come fai a illustrare solo con colori saturi? I pixel erano una sventura tecnologica che dovevamo in qualche modo compensare. Non li amavamo mica i pixel, ci combattevamo! Però amavamo cercare il modo di piegarli." Mark racconta poi di nuovo l'aneddoto che costrinse Ron Gilbert ad aggiornare lo SCUMM con la possibilità di comprimere le immagini realizzate col dithering. Il dithering, cioè la tecnica che alterna a scacchiera due colori per suggerirne un terzo, all'epoca si appoggiava alla scarsa definizione dei monitor, che alimentavano al meglio l'illusione: tuttavia, al suo primo lavoro con i fondali della versione "Enhanced" di Zak McKracken, fu impedito a Ferrari di usare il trucco, perché le immagini avrebbero occupato troppo spazio sui dischi. Lo SCUMM infatti in quel momento era in grado di comprimere le variazioni verticali tra un pixel e l'altro, ma orizzontalmente il cambio di colore pesava moltissimo. Alla fine Mark usò solo i colori pieni, tentando almeno di cambiarli spesso dall'alto verso il basso. "So che ora è considerato un classico EGA, ma io ancora oggi non riesco a guardare le schermate troppo a lungo!" Nel tempo libero realizzò quindi un tramonto EGA tramite dithering, e per provocazione lo lasciò aperto sul suo PC un giorno mentre staccava per la pausa pranzo (che allo Skywalker Ranch poteva durare anche un'ora e mezza, tra cibo eccezionale e tempo perso a guardare George Lucas con qualche ospite, tipo i Rolling Stones!). Al suo ritorno in ufficio, scoprì che lo stratagemma aveva funzionato: il presidente Steve Arnold stava animatamente chiedendo lumi a Ron Gilbert sul perché non si potessero fare immagini così nei loro giochi! Il dithering fu implementato (e il tramonto non fu buttato, fu inserito più avanti al largo di Mêlée Island, all'inizio di Monkey 1!). D'altronde per lui i colori EGA si prestavano molto ai tramonti, e anche il blu non era male.
- Loom fu la prova generale del dithering alla Lucasfilm Games: fu bello quando nell'ambiente lo si scambiò per un gioco in VGA e non EGA, proprio perché la tecnica aveva aperto orizzonti mai immaginati, anche se Ferrari sottolinea come Loom portasse il marchio della rivoluzione a 360°, anche nel design sperimentale di Brian Moriarty. Mark considera comunque le schermate di Mêlée di Monkey 1 la sua "specializzazione", dopo un breve impegno sull'action Pipe Dream.
- Non si considera un giocatore, i videogiochi ha sempre preferito farli che giocarli. Vedeva solo le sfide grafiche e le soddisfazioni personali in quel ramo specifico che lo riguardava: l'illustrazione, in quel periodo della sua carriera "elettronica". Spingeva per svolgere al meglio la sua mansione, e a posteriori si scusa per essere stato un "gran rompiballe", che in fondo se ne fregava dei limiti tecnici e del game design, puntando solo a dare il meglio sulla grafica (e sugli ambienti nello specifico, perché non ha mai amato disegnare personaggi o animarli). Ma col senno di poi con questi atteggiamenti alla LucasFilm Games ci si spingeva reciprocamente a migliorare. D'altronde, tutti erano in modalità sperimentale, perché non c'erano ancora troppe regole produttive e commerciali riguardanti la produzione di videogiochi: secondo lui una simile libertà si è recuperata solo ora con i lavori indipendenti distribuiti online.
- D'altra parte bisognava pensare in modo creativo, perché i tool in sè erano lenti e limitatissimi, se paragonati a un Photoshop di oggi. Per le sue schermate EGA Ferrari usava il Deluxe Paint 2 dell'Electronic Arts: "Quanti menu c'erano? Otto? Imparavi ad usarli in un giorno. Eri obbligato a spingerti al limite, perché il limite lo raggiungevi davvero". Oltretutto, erano tool che rimasero più o meno stabili per dieci anni, dandoti sul serio il tempo di diventare un maestro a usarli: oggi il ricambio di versioni e applicazioni è così turbinoso che è molto più difficile stargli dietro. Ci si abituava così tanto alle limitazioni, che quando tra Zak e Loom arrivarono nuovi PC a 33Mhz con hard disk da 50Mb tra di loro si diceva: "Ma che ce ne facciamo? Sono troppo potenti! Che spreco!"
- Le difficoltà si superavano insieme ed era naturale: i team di sviluppo veleggiavano tra le sei e le dodici persone, era molto facile che ogni reparto comunicasse con gli altri e una mansione ispirasse un'altra. Anche se ognuno era specialista nel suo ambito, tutti si sentivano in libertà e in dovere di discutere ogni aspetto delle esperienze che costruivano. La stessa gag del "Guybrush" ispirato dal file "guybrush.lbm" nacque spontanea da una riunione di brainstorming di tutto il team e da una battuta di Purcell. A proposito dei "brush", Mark rammenta che diventò bravo a usare queste "porzioni di grafica" per creare rapidamente fondali con elementi ripetitivi, tipo un albero pieno di fogliame, per poi ritoccare: sembra assurdo adesso, ma si accorse che la maggior parte dei suoi colleghi non aveva pensato di usare i "brush" per velocizzare il lavoro in quel modo.
- Perché lasciò la Lucasfilm Games dopo tre anni? Accadde più o meno quando si trasformò in LucasArts Entertainment Company, tra il 1991 e il 1992, trasferita in un'altra sede a San Rafael, lontana dal ranch: il magico scambio di creatività si era vaporizzato, era spuntato l'open space con i divisori, George aveva un po' perso interesse sperimentale verso i videogiochi, così i capi della situazione stavano per cominciare a pensare sin troppo al ritorno economico. Era arrivato il momento di passare oltre.
- Per fortuna tutta l'esperienza che aveva maturato alla Lucasfilm Games era pronta a sbocciare negli impegni futuri, perché la VGA a 256 colori era diventata uno standard di mercato, e con la sua tecnica del color-cycling fu in grado di garantire a nuovi committenti animazioni ambientali senza pesare sugli asset e sulle CPU. Il suo curriculum però non è vasto, perché ha lavorato molto nel campo della concept art digitale: gli chiedevano spesso fondali spettacolari per pitch di giochi mai prodotti, era pagato per materiale che pochi hanno visto. L'arrivo del 3D e della modellazione spartana della metà degli anni Novanta lo spinse fuori dai giochi: era evidente che le etichette pensassero di poter campare di rendita sugli automatismi del rendering, supponendo che un trascorso artistico reale non fosse più necessario. Simili errate convinzioni si sono però fortunatamente estinte, i tool e le professionalità ora sono tornati all'altezza di una sfida creativa degna di tal nome e profondità.
- Dopo l'incidente del 2001, quando fu investito da un camion, aveva deciso che i suoi giorni da illustratore erano finiti, perché aveva perso l'esatta coordinazione dei movimenti della mano, quindi si diede alla scrittura fantasy (è tuttora anche un ghost writer). Aveva anche provato a riciclarsi col Photoshop e il mouse, ma lavorare sui dettagli dell'alta risoluzione con un mouse non era come dipingere i grossi pixel dell'epoca EGA. Le tavolette Cintiq gli hanno cambiato la vita, riaprendogli il mondo dell'illustrazione, e negli ultimi tempi ha finalmente anche recuperato parte della mobilità necessaria a imbracciare di nuovo i suoi amati pastelli, che già da soli guidano uno stile (con Photoshop la flessibilità è tale che ancora non sa decidere quale adottare nell'illustrazione digitale!).
- "The Secret of Monkey Island non è un classico perché noi decidemmo di fare un classico. È un classico perché tutti eravamo incredibilmente creativi, e tutti volevamo fare la migliore cosa che fossimo capaci di fare. Facevamo cose divertenti perché trovavamo divertente farle. Io non ho scoperto che Monkey Island era considerato un classico prima del 2005!" Racconta infatti che, dopo un periodo in cui le sue capacità di illustratore in pixel erano cadute in disuso per via del 3D, l'apparizione di piattaforme come il Gameboy Advance e il gaming mobile lo hanno rigettato nella mischia all'Amaze Entertainment: in quel contesto, trovandosi a contatto con artisti più giovani, è stato apostrofato con "Tu sei proprio QUEL Mark Ferrari?" - "Eh? No, mi sa che mi confondi con qualcun altro." - "Di Monkey Island?" È stato allora che ha capito quanto quei giochi fossero diventati "classici". Il 2D anche su quelle piattaforme è poi scomparso, quando sono diventate abbastanza potenti da gestire il 3D.
- Contrariamente a quanto si possa pensare, Gilbert e Winnick non avevano pensato di coinvolgerlo in Thimbleweed Park dall'inizio: Ferrari seppe per caso e per vie traverse dell'esistenza del Kickstarer. Intenerito dalla nostalgia di un'epoca che fu, sostenne il progetto insieme a sua moglie, curioso di sapere come sarebbe venuto fuori un richiamo a una creatività che riteneva perduta per sempre. Gary però notò il suo nome tra i backer e lo chiamò (Mark giura di non averlo riconosciuto subito al telefono): "Mark, ma sei proprio tu quel backer? Sei ancora vivo?" A quel punto sorse l'idea di coinvolgere Mark per un paio di fondali, anche per usare la sua collaborazione come ulteriore garanzia dello spirito d'antan. Le sue prove però piacquerò così tanto ed erano così diverse da ciò che Winnick stava preparando fino a quel momento, che presto la rimpatriata divenne una vera e propria offerta di lavoro. "Mi dissi: perché no? Era un po' un ritorno alle mie origini, lo vidi un po' come il mio canto del cigno, non credo che lavorerò più su un videogioco."
- Per Mark un autore attuale che ha recepito anche la forza narrativa di quella pixel art è Octavi Navarro, che ha collaborato con lui sulla grafica di Thimbleweed Park e che ora ha una carriera anche da designer in espressive miniavventure indie. Si dispiace solo di non aver capito prima quanto fosse bravo e personale Octavi, perché durante la lavorazione di Thimbleweed la preoccupazione principale sua e di Ron era che i loro stili si uniformassero. Dopo aver aperto il suo account Twitter ha aumentato i suoi contatti con la scena della pixel art contemporanea, che a differenza di quel che credeva non è solo nostalgia di tendenza, ma sa anche concretizzarsi in uno stile che nell'anima sente diverso da quello che fu il loro: alla necessità si è sostituita la sintesi poetica volontaria. "È un'espressione culturale, ormai."
Novità su YouTube e Spreaker
Segnalo volentieri l'appena pubblicata analisi dei sorgenti di Monkey 1 ad opera della gang di Archeologia Videoludica: ne si discute nella puntata "Il codice della scimmia", con la conduzione di Simone Pizzi e la disamina a cura del guru Carlo Santagostino, con Umberto Parisi del podcast I Beceri Videoludici. Non ho ancora avuto modo di ascoltarla, ma certe cose vanno assolutamente segnalate sulla fiducia.
Aggiungo le dirette streaming di Oldgamesitalia, dove il signor Ojo e Gwenelan hanno affrontato per il trentennale The Secret of Monkey Island: il primo lo celebrava, la seconda lo esplorava quasi per la prima volta, avendolo cominciato in passato ma non avendolo mai finito. Una dinamica interessante, un modo diverso di approfondire gli argomenti che tratto qui sul sito, ma come "commento audio" su vere e proprie partite. L'esperienza di Ojo e Gwen si è estesa anche al secondo capitolo delle avventure di Guybrush.
Come ha spiegato in questo thread su Oldgamesitalia, l'utente SimonPPC si è sbattuto eroicamente per tradurre in italiano versioni alternative di Loom, come quelle Atari ST, Mac e anche Amiga, che appunto segue in questo gameplay di Retroedicola.
I compositori Antimo & Welles avevano già collaborato con i Telltale per Minecraft: Story Mode: stavano anche creando i brani per l'episodico Stranger Things, collassato al fallimento dell'azienda nel 2018. Due anni dopo, avendo pure rinunciato definitivamente all'essere pagati, hanno condiviso pubblicamente le musiche che avevano realizzato. Magra consolazione?
Ed è finito anche questo aggiornamento, credo sul serio definibile "epocale", come raramente accade. Conto di ripresentarmi prima della fine dell'anno con un nuovo giro di news e almeno un'altra scheda rivisitata! Un abbraccio collettivo!
Ciao,
Dom