27-2-2024
Mentre la "cattiva" stagione ci disorienta e ci costringe ad alternare vestiari d'ogni tipo, sperando di pianificare bene il modo in cui usciamo di casa al mattino, Lucasdelirium compensa garantendo fenomeni regolari: questo mese piovono documentari, libri e un'intervista colossale davvero ricca di curiosità. Cominciamo subito, chiudendo con i preamboli!
Ritornare a Monkey Island, un documentario di NoClip
Una ventina di giorni fa è stato pubblicato "Returning to Monkey Island", il documentario di un'ora e mezza che il canale Noclip ha dedicato alla creazione di Return to Monkey Island di Ron Gilbert e Dave Grossman, a un anno e mezzo di distanza dalla pubblicazione dell'epocale punta & clicca. Chiariamo subito che non se ne ricava alcuna nuova informazione, ma che è un buon modo per avere in 90 minuti un "Bignami" di tutto ciò che è stato detto dagli autori del gioco in questo periodo, raccolto in un solo luogo, il che non è disprezzabile. Fa inoltre una grossa differenza vedere e ascoltare interviste allestite professionalmente in casa di Ron e Dave, al posto delle solite compresse e sgranate chiamate su Zoom. Il film racchiude sia le informazioni sulla sua particolare e segretissima lavorazione, sia sullo spirito col quale è stato realizzato e sul messaggio (interattivo!) che voleva lanciare a chi gioca. Confermerà le idee di chi in questo gioco ha creduto, non farà cambiare idea a chi lo giudica deludente se non insultante. Ho apprezzato il punto di vista amighista di alcuni passaggi: comprensibile per il direttore artistico Rex Crowle, inglese, ma più sorprendente per l'autore del documentario Danny O'Dwyer, americano, che ha usato persino musiche e gameplay della versione Amiga di The Secret of Monkey Island e Monkey Island 2: LeChuck's Revenge [ERRATA CORRIGE: Joe Slap mi fa notare che Danny è irlandese, anche se ormai vive negli USA da tempo: avrei dovuto notare l'accento!]. Da commodoriano ho apprezzato molto, anche se proprio per questo sono rimasto un po' stupito dell'errore sui "256 colori della versione Commodore", perché furono solo 32 per schermata (la LucasArts non ha mai supportato la linea AGA degli Amiga 1200 e 4000, purtroppo).
Mi ha colpito il fulcro del ragionamento, il trascorrere del tempo ma soprattutto il ricordare le cose in modo diverso da com'erano, sostituite dall'idea che ce ne siamo fatti, un concetto tema della storia e contemporaneamente fondamento del rapporto degli autori e dei fan con la saga. Chiave perfetta. Gilbert spiega che la Disney gli ha lasciato tutta la libertà creativa di cui avevano bisogno: gli unici interventi che siano andati oltre i suggerimenti hanno riguardato il rischio di infrangere copyright altrui (com'era successo per il Cotton Fioc gigante, la macchina del grog in stile Coca-Cola e il "Charles Atlas emaciato" nel primo Monkey, i primi problemi legali che Ron ricorda di avere affrontato).
È ironico conoscere la ragione per la quale Crowle aveva creato il "suo" Guybrush nel 2009, mandato sponte sua a Ron Gilbert, non immaginando certo che una dozzina d'anni dopo sarebbe stato il direttore artistico di Return. Non gli era piaciuto lo stile della Special Edition (2009) e rielaborò in chiave surrealista i suoi ricordi della pixel art (e torna quindi l'idea dei ricordi filtrati). Proprio lui si è trovato a subire gli strali di chi ha detestato le sue scelte per Return: Crowle ammette che, se non avesse avuto la sicurezza di essere approvato e spalleggiato da due dei padri storici della serie, lui e il resto del team grafico avrebbero pensato di aver sbagliato tutto, sotto il peso delle critiche feroci che ci sono state.
Nel video (timecode 52:22), Gilbert ricorda un'altra idea che aveva avuto per un possibile nuovo Monkey nei primi anni Duemila: si ambientava 3.000 anni nel futuro, su una Terra in piena glaciazione, dove alcuni pirati conoscevano il mito di Guybrush, rimasto congelato da allora, e andavano a cercarlo per liberarlo. Un progetto che non decollò mai, però gli piaceva l'idea di collocare i pirati nei mari del nord, così è nata l'isola di Brrr Muda in Return.
I segreti di Monkey Island secondo Nicolas Deneschau
Periodicamente qualcuno mi suggerisce di realizzare una versione lineare di Lucasdelirium sotto forma di libro, ma io nicchio sempre, per varie ragioni. Nel frattempo, il francese Nicolas Deneschau ha finalmente pubblicato la versione inglese del suo libro "The Secrets of Monkey Island", originariamente uscito solo nel natìo francese nel 2019. Ho acquistato e letto la versione Kindle (nettamente più economica di quella fisica) e devo dire che è un bel lavoro. È ciò che più si avvicina all'ipotetico "libro di Lucasdelirium", ma naturalmente focalizzato su Monkey Island, con le altre avventure trattate da Nicolas in modo non esaustivo in appendice. Nicolas però non disdegna di intrecciare la storia della saga con quella della Lucasfilm Games / LucasArts, quindi il discorso è piuttosto organico, in crescendo e piacevole. Gli ho inviato la segnalazione di una dozzina di imprecisioni che ho notato nel testo, ma non sono così nerd da distruggere un lavoro per una ragione del genere, quindi non ve le cito nemmeno. Anzi, sul fronte delle curiosità, ho inserito già in varie schede sei-sette minime cose che non avevo notato e non conoscevo. Mi è piaciuto che abbia creato un capitolo aggiuntivo per Return to Monkey Island (sembra involontariamente una sorta di riassunto del documentario di NoClip), senza però modificare più di tanto la vecchia edizione del libro pubblicata nel 2019. Voleva che il libro testimoniasse anche lo stato d'animo pre-Return. Giusto.
Mi è dispiaciuto che mancasse ogni riferimento a Tami Borowick e Bret Barrett parlando di Monkey Island 2. Se la vostra reazione è stata ancora quella di "E chi sarebbero?", vuol dire che Nicolas è sintonizzato sui fan più di me, ma non demordo: la narrazione del "puro trio" Gilbert-Schafer-Grossman, vera per il primo Monkey ma non per il secondo, è molto diffusa. Anche per Tales of Monkey Island il ruolo di Mark Darin è stato un po' sminuito, attribuendo la direzione del progetto a Grossman e Mike Stemmle: Dave selezionò Mark e Mike come capi-progetto, cercando di fare da "supervisore / garante" generale, perché lo imbarazzava lavorare su un Monkey senza Gilbert. Deneschau, da indomito fan lucasiano, tende ogni tanto a ridimensionare la Sierra su alcune svolte epocali (supporto estensivo delle schede sonore, puntatore multifunzione), incarnando un punto di vista più europeo che universale: siccome la Sierra da noi è sempre stata meno popolare della LucasArts, capita che alcune tempistiche vengano invertite.
"I segreti di Monkey Island" non dice nulla di sostanziale che non troviate qui su Lucasdelirium, però lo dice in modo diverso. Consente lo sgancio dalla lettura digitale, per immergersi in una lettura classica e lineare, più divulgativa. Come tale, da un lato rischia di legarsi per troppo tempo a versioni dei fatti che vengono ogni tanto ritrattate dai giustamente smemorati autori (sono trascorsi trent'anni, dopotutto): correggere al volo alcune cose è più semplice con un sito internet. Dall'altro un sito è giocoforza più dispersivo e dà solo gli strumenti per la definizione di un percorso, mentre un volume propone un percorso mentale ed emotivo netto. Questo ha un valore... e il percorso di Nicolas ha una sua identità.
Segnali dagli amici
Vorrei segnalare due notizie riguardanti persone che conosco e stimo.
Se amate la musica di Michael Land e cercate un'intervista video più compatta di quella che ha concesso a Daniel Albu il mese scorso (e che ho riassunto nel passato aggiornamento), gli amici del Mangia Avventure lo hanno intervistato per un'oretta di sorridente chiacchierata. Saluto Michele Priami, Mauro Machera e Matteo Garza!
È alle battute finali il Kickstarter per l'opera seconda dei Footprints Games, cioè Pizza Spy, la loro nuova avventura grafica dopo Detective Gallo. Conoscendo i gusti di Maurizio e Francesco De Angelis, nella demo (in alpha) ho visto subito echi del dinamismo di Full Throttle, ma anche una sperimentazione piuttosto moderna negli approcci agli enigmi (con opzione diretta o furtiva). Si prendono in giro gli stereotipi dello spionaggio in chiave culinaria, perché l'eroe Ace Cook agisce per sventare... minacce gastronomiche!
Limited Run Games ci fa incrociare le dita
Se come me avete preordinato quasi un anno fa l'edizione scatolata da collezione di Return to Monkey Island da Limited Run Games, dovreste aver ricevuto la conferma della spedizione. Incrociamo le dita, perché LRG continua a non essere esente da svarioni: qualcuno ha notato che il boxato di Loom, che ha cominciato a raggiungere gli acquirenti nelle ultime settimane, presenta sull'USB drive soltanto una versione dell'avventura di Brian Moriarty, peraltro un accrocchio tra le versioni DOS Cd-Rom e FM-Towns. Qualcosa di molto lontano dalla promessa di tutte le versioni esistenti, in primis quella originale EGA impreziosita dagli originali fondali di Mark Ferrari, quella ritenuta da Moriarty il canone. Oltretutto, il lavoro di restauro del materiale cartaceo ad opera del fan Laserschwert non è stato più utilizzato (anche se non era stato esplicitamente promesso): l'interessato lo ha reso disponibile a tutti.
Ora, intendiamoci, non credo che chi compra uno scatolato del genere lo faccia per giocare: immagino voglia apprezzarne i contenuti fisici, la riproduzione della copertina, il libro miniato con gli incantesimi e via discorrendo. Io per esempio non ho comprato alcuno scatolato dei vecchi titoli da LRG, ritenendo più di valore i miei originali. A conti fatti immagino che per gli acquirenti sarà un danno relativo, però non solo rimane un tradimento del preordine, ma dimostra quanto l'idea del "preservare il passato" fosse uno specchio per le allodole. Ho discusso l'anno scorso di Limited Run Games in questa e quest'altra occasione, non vorrei ripetermi, però sono perplesso quando leggo di utenti delusi perché giudicavano la presenza di tutte le versioni un'attrattiva particolare di un'edizione del genere. No, vi prego, no, in ginocchio. Ancora, per sempre, a gran voce, ribadisco: collezionismo e preservazione non c'entrano un tubo. Per me TUTTE le edizioni di questi classici dovrebbero essere disponibili su store digitali, a basso prezzo, da sole o come extra delle remastered. Punto. Non ritengo accettabile collocare l'asticella per l'accesso legale a queste versioni su 100 dollari e più. La divulgazione e la storia sono di tutti, non dei più danarosi.
Clint Bajakian parla e non lo ferma nessuno
Devo dire che una delle ultime chiacchierate del fan Daniel Albu per il suo canale Tech Talk, quella con Clint Bajakian, parte del leggendario terzetto musicale della LucasArts insieme a Michael Land e Peter McConnell, è stata anche una delle migliori. Clint si è rivelato una straordinaria fonte di aneddoti e riflessioni inedite, diversamente da quanto accade a volte in queste circostanze. Daniel ha faticato a contenerlo, in ben quattro ore e quaranta (!!!) di conversazione. Non è stato semplice nemmeno costruire il riassunto che leggerete qui in basso, perché ho deciso di riorganizzare in ordine quasi cronologico quello che ha detto: Bajakian ha l'entusiastica tendenza a saltare da un argomento all'altro per pura associazione mentale. Godetevela, io me la sono goduta più del solito.
- I suoi genitori avevano uno Steinway degli anni Venti in salotto, del bisnonno. Cominciò così, poi da bambino imparò a suonare il flicorno baritono in una banda locale: erano gli anni Settanta, lo suonava insieme a un altro ragazzino... ed era Steve Carell, suo grande amico: sì, l'attore! Ricorda che, nel bicentenario dell'assedio di Boston del 1775, suonarono insieme per il presidente Gerald Ford in visita. Al liceo credeva di avere ormai la musica alle spalle, finché non la riscoprì suonando sulla chitarra l'immancabile Smoke on the Water dei Deep Purple. Doveva imparare a suonare la chitarra, e un compagno lì presente, tale Michael Land (!), lo spronò. L'università in arti liberali non stava andando da nessuna parte, capiva che la musica era ormai il suo destino, così comunicò ai genitori di voler mollare tutto per il conservatorio del New England. Punto. Era il 1982. Lavorò come un matto per farsi ammettere, poi si laureò dopo cinque anni invece dei canonici quattro, perché era assetato di corsi secondari, era entusiasta di tutto. Poi in Michigan prese un master in composizione. Chiuse tutto nel 1991, quando visitò Michael in California e...
- Clint cominciò a lavorare a progetto per la LucasArts nel maggio del 1991. Conosceva già Peter McConnell, perché Land era un comune amico, e si erano già incontrati nel 1980. La LucasArts fu per Bajakian il primo lavoro pagato, da musicista e compositore: la prima riunione che ricorda fu con Hal Barwood per Indiana Jones and the Fate of Atlantis... cominciava già collaborando con una persona che era un regista e conosceva Steven Spielberg! Wow! "Concepiva la narrazione in modo strutturale": per dei compositori era un approccio perfetto, si capivano.
- Divenne un dipendente lucas solo nel gennaio del 1993: fino a quel periodo stava lavorando in remoto dal Michigan (non senza le tempistiche ardue con i modem di allora). Ricorda come tornò in California, perché fu un'esperienza assurda: il tempo era così brutto, nevicava così tanto, che decise di dirigersi a ovest passando in macchina per il sud, per il Texas. Impiegò talmente tanto per arrivare, che bussò sfinito alla porta di McConnell alle 4:30 del mattino. Dello stesso mattino in cui doveva iniziare a lavorare. Si fece un whisky per riscaldarsi, andò a dormire ospite di Peter, dopodiché furono svegliati poche ore dopo da un terremoto micidiale. Immaginate le condizioni di Clint nel suo primo giorno da dipendente alla LucasArts. Era contentissimo di incontrare di nuovo tutti per restare, ma era in condizioni penose! Indimenticabile.
- Land chiamò lui e McConnell quando capì che le schede sonore avevano aperto un vero mondo musicale per i videogiochi su PC (nonostante Land avesse creato una tecnica per spremere il massimo anche dal semplice PC Speaker, che poteva emettere un suono per volta, ma che suonato con sufficiente rapidità poteva dare la sensazione di gestire più canali).
- L'approccio stilistico a Monkey Island 2: LeChuck's Revenge era relativamente semplice, perché Land aveva creato quel particolare originale sottogenere di "reggae piratesco" per il primo capitolo, si trattava di giocare con quelle regole. Nella divisione delle isole, ricorda di aver ricevuto Phatt Island (e gli pare di ricordare che McConnell coprì Booty): per ciascuno gestire la propria isola implicava una responsabilità artistica del "sapore" musicale che l'isola dovesse avere, ed era anche un buon modo per non far pesare i cambi di stile tra loro tre. L'obiettivo non era solo comporre brani come si farebbe per un film: la musica doveva essere letteralmente suonata in funzione delle idee che venivano a chi giocava. Nelle aree "hub", come l'area principale di Woodtick o il molo di Phatt Island, cercavano un suono minimalista, quasi astratto: è importante che i brani più ascoltati dal giocatore non abbiano una melodia troppo riconoscibile, perché verrebbe a noia.
- La comodità dell'iMUSE concepito da Land e McConnell si doveva al fatto che era stato programmato da musicisti per i musicisti: un approccio che Clint trovò subito naturale e che al resto del mondo dei videogiochi si sarebbe esteso solo dopo una quindicina d'anni. Si componeva sul Macintosh con il sequencer Performer della Mark of the Unicorn, interfacciato con uno script interattivo gestito dal vecchio HyperCard, necessario per generare dei "messaggi" che poi sarebbero stati interpretati dal motore del gioco. Una costruzione intelligente ma artigianale, che crashava però almeno venti volte al giorno. Si facevano le ore piccole, ma l'entusiasmo non veniva mai meno. Lui personalmente trovava la gestione morbida delle transizioni, tra una location e un'altra molto diversa, una delle più grandi sfide musicali della sua vita: lo è rimasta nei dieci anni poi trascorsi alla Sony, perché è sempre stato uno degli elementi sottovalutati. "Tutti, ma proprio tutti, ci chiedevamo sempre come si facesse un videogioco, per ogni videogioco, perché non volevi mai ripeterti".
- Si domandarono se convenisse comporre le musiche direttamente per il suono AdLib/Soundblaster OPL2/OPL3, in sintesi FM a due o quattro canali, invece che per la Roland MT-32, che era la soluzione qualitativamente migliore ma enormemente meno diffusa nelle case dei giocatori. Alla fine optarono per la massima qualità: la sintesi FM pura suonava alle loro orecchie così brutta da distrarli dalla composizione, così delegarono gli arrangiamenti AdLib/Soundblaster a Robin Goldstein, che fece un ottimo lavoro di "downgrade" e adattamento.
- A volte lui, Land e McConnell collaboravano senza soluzione di continuità, specialmente nel caso del primo progetto, che contrariamente a quanto si pensa fu appunto per due-tre mesi Indiana Jones and the Fate of Atlantis, non Monkey Island 2, anche se alla fine il primo fu posticipato al 1992 e uscì dopo. Per Day of the Tentacle per esempio la melodia principale del tema arriva da Peter, ma la colonna sonora completa dell'introduzione fu scritta da Clint, costruendola su quella melodia. Land prese il futuro, lui il passato e McConnell il presente, però riascoltando la colonna sonora di DOTT l'anno scorso si sono resi conto che i contributi di Clint sono molti di più: non era una sorpresa, perché dopo il 1993 il dipartimento audio della LucasArts era in crescita, l'iMUSE era in corso di perfezionamento, così Peter e Michael erano impegnati più di lui su altri fronti, delegandogli molti dei brani.
- Col senno di poi Clint ringrazia il cielo che il primo confronto con la musica di John Williams avvenne con gli adattamenti MIDI per Star Wars X-Wing (1993) e Star Wars TIE Fighter (1994): se in quel periodo avessero avuto la tecnologia per affrontare l'orchestra di Indiana Jones e la tomba dell'imperatore (2003), non sarebbero stati pronti. Williams è maestro nell'esaltare l'orchestra, una cosa molto sottile e difficile, che puoi gestire solo con un'esperienza più solida.
- Clint ricorda la svolta della Sound Blaster, che poteva gestire sonoro digitalizzato in hardware: il primo effetto digitale mai registrato da loro fu l'urlo di Largo LaGrande quando viene colpito dall'ago della bambola voodoo in Monkey Island 2: LeChuck's Revenge. Per la cronaca, l'urlo è di Peter, così come di Peter era il verso del Tentacolo Viola che beveva la mistura nell'intro di Day of the Tentacle. In realtà, prima di Full Throttle che lo responsabilizzò in quel senso, avevano un approccio amatoriale agli effetti sonori: la maggior parte dei rumori veniva da archivi professionali di effetti preregistrati, spesso scelti in autonomia dai programmatori come Ron Baldwin.
- Fu autore della maggior parte della colonna sonora di Sam & Max Hit the Road e la ricorda come uno degli impegni più divertenti: l'idea era amplificare il gusto kitsch di un certo jazz usato in tv tra gli anni Settanta e Ottanta, per esempio in "Le strade di San Francisco". L'assurdità del gioco poi lo autorizzò a estendere alla musica l'autoironia, l'enfasi del pacchiano, l'esagerazione che erano gli elementi fondamentali dello humor lucasiano nelle avventure, quella stessa atmosfera che si respirava alla LucasArts ogni giorno, con i colleghi e amici. La goliardìa la faceva da padrone, portandoli persino una volta a trasformare un open space provvisorio in un campo da hockey! Certo c'erano scadenze da rispettare, ma secondo Clint a volte i responsabili di produzione mettevano loro una fretta ingiustificata, millantando date d'uscita che nessun altro reparto al lavoro su un titolo avrebbe potuto rispettare. Questa cultura allegra era così importante che, a mano a mano che il dipartimento audio cresceva, la personalità degli assunti era giudicata da loro tre più importante della massima competenza sonora o musicale.
- Il passaggio dalla sintesi all'audio digitale registrato, sempre più gettonato dopo l'arrivo dello spazio garantito dal cd-rom, per lui fu epocale prima che per i colleghi: gli venne affidato il ruolo di sound designer del terzetto, dovendo di fatto impararlo da zero. Fortunatamente, la LucasArts era una costola della Lucasfilm, quindi leggende come Ben Burtt e Gary Rydstrom erano a portata di mano. Imitare il loro talento, traducendolo nei giochi di Star Wars, costruendo su quei rumori così iconici e creativi, fu una sfida. Per lui il sound design è un' "arte concettuale" non meno della musica, bisogna pensare per struttura, studiare: ricorda quando Rydstrom fece portare diversi rettili allo Skywalker Ranch, per registrarne i versi, lavorando su Jurassic Park. Solo pranzare con Rydstrom era per loro una masterclass, sentendolo parlare del suo lavoro. Si poteva applicare quella forma mentis così raffinata al mondo dei videogiochi, ancora in fasce se paragonato al cinema?
- Il momento in cui capirono davvero come funzionava lo stile di Williams alla LucasArts fu lavorando su Star Wars Rebel Assault (1993): c'era lo streaming di audio digitale dal cd-rom, ma non avevano sintetizzatori all'altezza del compito, così presero direttamente in licenza le musiche vere e proprie dei film. Rimontandole, separando tracce e strumenti, impararono nei minimi dettagli come la musica di Williams fosse "gestuale", seguisse ogni azione, anche la più breve. Oltretutto, lavorando sull'audio di Rebel Assault, capì una grande verità: c'è il momento in cui devi ammettere che il caso può aiutare. Vince Lee, il capo-progetto, aveva registrato il tema di Star Wars nel modo più rozzo, inserendo un'uscita per le cuffie nella LINE IN di una scheda audio: i livelli audio erano distorti, così Clint, dopo che il prototipo del gioco fu approvato dalla dirigenza, si offrì di ri-registrarlo in modo più professionale e decente. In poche parole, non riuscì a replicare la particolare "esplosione" di suono ottenuta con quella registrazione sulla carta "fatta male". Sventolò bandiera bianca: "Vince, sai che c'è? Teniamo la tua!"
- Chicca ulteriore: la voce di Darth Vader nella versione originale di Rebel Assault è proprio di Clint, lavorata con le dritte avute da Rydstrom! Clint la sa imitare benissimo, andate al timecode 2:21:00! Fu così bravo che Howard Roffman del dipartimento marketing della Lucasfilm gli chiese poi di registrare un monologo di Vader per un evento. Howard gli raccontò che George Lucas, dopo averlo ascoltato, ignorando che si trattasse di Bajakian, si lamentò: "Ma quanto abbiamo pagato James Earl Jones per questa cosa?!?" Clint ci prese gusto e nei giochi di Star Wars si spinse a interpretare Jabba e anche ruoli secondari: siccome la LucasArts doveva lavorare solo con attori e attrici iscritti al sindacato SAG-Aftra, in quanto parte della Lucasfilm, la direttrice del doppiaggio Tamlynn Barra lo spinse a iscriversi al sindacato. Non se n'è mai pentito, perché ottenne una paga extra seguendo regole ferree!
- Perché Michael, Peter e Clint andavano così d'accordo? Perché conoscevano l'uno lo stile dell'altro così bene, che l'assegnazione dei brani era sempre a colpo sicuro, seguendo le sensibilità e le preferenze dei singoli. Accadde anche quando cominciarono a dividersi i progetti: bastarono pochi minuti per capire che il jazz/swing di Grim Fandango era materia di Peter, che l'imitazione di Ennio Morricone in Outlaws era terreno di caccia di Clint, e che la sperimentazione visionaria di The Dig calzava per esempio come un guanto al gusto e alla ricerca di Michael.
- Tra il 1994 e il 1995 i tre compositori decisero appunto di dividersi i progetti nettamente: Peter incontrò Tim Schafer con Full Throttle e scoccò la scintilla creativa ("Tim si appoggia a Peter come Steven Spielberg si appoggia a John Williams"). A Michael andò The Dig. Lui lavorò come un mulo, perché riarrangiò in MIDI e iMUSE le musiche di Williams per Star Wars Dark Forces (1995), occupandosi allo stesso tempo del sound design di tutti e tre i titoli! Proprio durante il lavoro su Full Throttle ebbe un'epifania: lo streaming audio digitale, finalmente disponibile, avvicinava il suo lavoro a quello di Rydstrom della Skywalker Sound. Gary gli aveva raccontato che negli Star Wars, per enfatizzare il suono delle esplosioni delle astronavi, lo mixarono in modo subliminale col rumore del legno che si spezzava. Clint allora, per rendere più significativo l'avviamento della moto di Ben, registrò di persona un chopper, poi lo mixò con il ruggito di un leone! Sentì le potenzialità creative liberarsi, non si fermo più: nel finale, quando Ripburger vuole la testa di Ben, inserì una grattata di marcia per sottolinearne la rabbia e la decisione, senza che nessuno gliel'avesse chiesto. Era nato il vero sound design creativo nei videogiochi.
Michael aveva regolato la sfida musicale ad alti livelli per The Dig, così s'impegnò per incontrarlo col suono: rumore del vento mixato con sussurri, suoni di torce ad acetilene lavorati col riverbero per i jetpack, mix di suoni di repertorio con la sua stessa voce o con effetti sintetizzati ad hoc... una costante comunicazione subconscia con chi giocava. - Outlaws (1997) fu un'esperienza pazzesca. Studiò tutte le colonne sonore di Ennio Morricone, rimanendo affascinato dal suo eclettismo ("Musica orchestrale classica e all'improvviso strumenti folk: cosa c'entra quel banjo? Cosa c'entra quello scacciapensieri?"). Gli comunicarono che la musica sarebbe stata riprodotta da normali tracce audio e presto Bajakian realizzò: "In pratica dovevo fare un album! Ma se l'avessi fatto con i sintetizzatori in MIDI avrebbe fatto schifo". A quel punto la decisione. Esecuzione live, produzione musicale completa, concepimento per un ascolto classico mai sperimentato da lui prima alla LucasArts: pezzi che cominciavano e finivano linearmente. Si prospettò un lavoro mastodontico, che sarebbe stato impossibile senza la collaborazione del produttore musicale Hans Christian Reumschuessel, che organizzò le registrazioni e suonò di persona il violoncello. Clint coprì le chitarre, le fischiettate e i cori, coinvolgendo per le voci Peter e Michael (per risparmiare qualcosa!). Per il resto, era necessario trovare e assumere musicisti di livello. Tuttora Bajakian considera la colonna sonora di Outlaws la migliore che abbia mai fatto e quella che gli è più cara: ricevette il compito poco dopo che suo padre morì in un incidente, ci mise tutto se stesso e sperimentò una libertà creativa senza precedenti. Per la traccia del "Fuorilegge Sanchez" accettò l'ispirazione di uno dei programmatori, Mark Crowley, una melodia che aveva improvvisato con la chitarra. Nella stessa traccia, il flamenco prende vita letteralmente, perché coinvolsero una ballerina apposta per registrarne i passi sul legno, nel finale! Riceve ancora complimenti per quei pezzi, e tutto questo contribuisce a rendere quel lavoro per lui inarrivabile, indipendentemente dalle soddisfazioni incontrate dopo nella sua carriera. Brano preferito? "Anna's Theme".
- The Curse of Monkey Island, oltre a cementare il suo rapporto con il "discepolo" Julian Kwasneski (cogestore poi della mitica Bay Area Sound, ndDiduz) pose un problema peculiare: il sonoro d'ambiente sul quale lavorarono loro andava per forza mixato con le musiche di Land, perché c'era un limite agli streaming audio paralleli che potevano essere riprodotti allo stesso momento. Questo obbligò lui e Julian a lavorare a stretto contatto con Michael per armonizzarli. Per il resto, ci fu la soddisfazione di poter applicare al "vecchio" mondo di Monkey Island tutto ciò che avevano imparato negli ultimi anni, la loro compiuta identità di sound designer.
- Per Grim Fandango, ormai da responsabile del reparto sound design, si assegnò il noioso processing delle voci (echi e affini): un compito meccanico e ripetitivo, però voleva fare in modo da liberare la creatività degli altri, e pensa tuttora che un "capo" debba venire incontro a chi dipende da lui anche da questo punto di vista.
- Hal Barwood gli fece capire chiaramente che non voleva una colonna sonora continua per Indiana Jones e la macchina infernale (1999), solo parentesi brevi. Nessun problema per lui, anzi: ogni breve brano divenne un'istantanea di un momento del gioco, un bell'esercizio. Anche se le musiche furono realizzate con sintetizzatori, a quel punto la qualità dei campionamenti era già migliorata moltissimo.
- La storia delle musiche di Fuga da Monkey Island (2000) è particolare: in origine si sarebbe dovuto riformare il terzetto storico Land-McConnell-Bajakian, con Michael in qualità di compositore supervisore. Clint si rese però conto che continuava pericolosamente a procrastinare l'inizio dei lavori, c'era qualcosa di strano. Peter e Michael un giorno gli comunicarono che: 1) Lasciavano la LucasArts per creare una start-up; 2) Lui sarebbe diventato il capo del dipartimento audio; 3) Lui sarebbe stato il compositore responsabile di Fuga. Non la prese benissimo, non aveva alcuna voglia di diventare un manager. Resistette pochi giorni prima di rassegnare anche lui le dimissioni, decidendo di fondare la C.B. Productions (poi Bay Area Sound) e di gestire Monkey 4 come primo lavoro da autonomo, mettendo sotto contratto Peter e Michael (oltre che il quasi omonimo Michael Lande e Anna Karney, ndDiduz).
- La macchina infernale, lo realizzò dopo, era stato un primo passo propedeutico per affrontare il maggiore impegno di Indiana Jones e la tomba dell'imperatore (2003), che fu assegnato alla sua azienda: voleva assolutamente che un'orchestra completa eseguisse la colonna sonora, per sposare finalmente in toto l'anima vera di John Williams, ma in teoria non ci sarebbe stato budget sufficiente per consentirlo. Pagò le esecuzioni con una buona parte della sua paga per il progetto: fu un sacrificio pericoloso sul piano economico, perché ormai era indipendente e aveva bisogno dei soldi, ma voleva scommettere sul farsi un nome al di là dell'atmosfera protettiva della LucasArts. Funzionò, perché quell'anno le musiche della Tomba dell'imperatore vinsero diversi riconoscimenti. Fu però pragmatico: per non rimanere del tutto al verde, assegnò all'orchestra solo i pezzi delle sequenze d'azione (oltre che una manciata di scene fondamentali). Si era infatti reso conto che i brani più lenti e d'atmosfera erano gestibili coi sintetizzatori, ma quelli più veloci suonavano troppo meccanici senza l'esecuzione di veri strumentisti.
- Che lavoro ha svolto esattamente nel 2015 sul Grim Fandango Remastered della Double Fine? Per ragioni di budget, McConnell aveva intenzione di far eseguire a un'orchestra solo alcuni brani selezionati ai quali teneva di più, ma gli dispiaceva lasciare tutto il resto della musica con la qualità dei campionamenti dei sintetizzatori del 1998. Chiese allora a Clint di aiutarlo a "ripassare" i MIDI originali in sintetizzatori contemporanei, scegliendo i sample migliori, per migliorarne la resa. Il lavoro è stato svolto nei nuovi studi di Bajakian, i Pyramind, dove insegna anche come docente.
- Riguardo alle due ultime rimpatriate del terzetto, col livello dello Psicoré di Psychonauts 2 e Return to Monkey Island. La prima è stato un omaggio di Peter alla loro comune passione per il rock psichedelico di fine anni Sessanta: la divertentissima sessione allo Skywalker Ranch ha visto anche una dose di improvvisazione totale. Era invece in macchina quando ha ricevuto, ancora da Peter, l'assurda notizia che Ron Gilbert e Dave Grossman stavano per avviare un nuovo Monkey Island e volevano "rimettere insieme la banda", volevano loro tre alle musiche: era uno scherzo? Per Return hanno lasciato la direzione artistica a Michael, come sembrava loro giusto, ma la produzione musicale è stata tutta a cura di McConnell, e non è stata facile: volevano registrare strumentazione live nel periodo a cavallo del Covid, con un budget limitato. Tenevano in particolar modo a legni e percussioni dal vivo, per il resto si sono affidati ai sintetizzatori (anche se Clint non ha resistito a sostituire la chitarra sintetizzata con la sua, almeno nei brani di sua competenza!). Gli piacerebbe moltissimo comporre per un altro Monkey Island.
- Colonna sonora del passato che gli piacerebbe registrare dal vero? Quella di Day of the Tentacle: metterebbe su un'orchestra di massimo quindici elementi, come quelle che lavoravano per i cartoon storici degli anni Quaranta, tipo Disney, Warner e simili. Sarebbe divertente.
- Cos'è cambiato nel mondo dei videogiochi dagli anni Novanta a oggi, riguardo al suo ruolo di compositore e sound designer? Il riconoscimento del loro lavoro. Gli capitava all'epoca di leggere recensioni e di non trovare riferimenti all'aspetto sonoro dei titoli sui quali lavoravano: "Secondo me ai redattori glielo proibivano proprio, dev'essere così!" Ora è tutto cambiato in meglio, i giocatori per primi riconoscono l'importanza della musica, conoscono i nomi dei compositori, come Austin Wintory per Journey, un titolo spartiacque per Bajakian, perché ha messo in primo piano l'importanza della colonna sonora nell'esperienza generale.
- Per lui è stata epocale la colonna sonora di Medal of Honor (1999), a cura di Michael Giacchino: l'Electronic Arts capì che spendere soldi sull'esecuzione di una vera orchestra aumentava il valore del gioco e la sua qualità percepita. Oggi non è così difficile che per l'audio di un tripla-A ci sia un budget sui 2 milioni di dollari. E le importantissime transizioni sono gestite da middleware come FMOD e Wwise. La tecnologia si è stabilizzata, però si è alzata la posta sulla sua implementazione, che diventa atto creativo più che mai: se davvero in Overwatch ascoltassi allo stesso tempo TUTTO l'audio che può essere generato dalle situazioni di gameplay, sarebbe un caos cacofonico. Musica ed effetti vengono ora armonizzati seguendo una logica strutturale, artistica, che la moderna figura del "tech sound designer" garantisce.
- Cosa sta facendo in questo periodo? Sta componendo per un gioco indie umoristico gestionale, intitolato Ale Abbey, dove bisogna gestire la produzione di birra in un'abazzia medioevale: sta cercando di creare musica che plausibilmente si sarebbe potuta suonare in quell'epoca (le musiche sono sintetizzate, con piccoli inserti live). Allo stesso tempo crea l'audio per le applicazioni di Penumbra, destinate alla riabilitazione di diverse patologie. Oggigiorno trascorre metà dell'anno in Turchia, dove con sua moglie ha una casa, e l'altra metà a San Francisco. Non disdegna nemmeno l'Europa (colpo di scena: parte della colonna sonora di Return è stata composta da lui a Roma, dalle parti della Fontana di Trevi!).
Gran finale con questi bellissimi dietro le quinte di Clint, vero?
Alla prossima gente!
Ciao,
Dom
28-1-2024
Anno nuovo vita nuova? Dopo le illusioni natalizie vi siete già scontrati con l'attuazione dei buoni propositi, tipo chiamare l'idraulico per aggiustare un rubinetto mezzo rotto? Gennaio è sempre in salita, però negli ultimi dieci giorni l'aggiornamento di Lucasdelirium ha ricevuto un notevole incentivo emotivo grazie a una presentazione ufficiale che attendevamo da tre anni ormai. Signore e signori, il prof. Jones sta finalmente tornando sui nostri monitor!
Il doveroso ritorno dell'Indiana Jones videoludico
nell'Antico Cerchio
Sì, dannazione, finalmente! Tre anni fa ci fu annunciato con un teaser, ma il 18 gennaio è stato ufficialmente presentato Indiana Jones e l'Antico Cerchio (Indiana Jones and the Great Circle), il videogioco ideato da Todd Howard, sviluppato dagli svedesi MachineGames e pubblicato dalla Bethesda, naturalmente su licenza della Lucasfilm Games. Ci sono di mezzo i soldi della Microsoft, ergo la prima doccia fredda ha riguardato il numero ristretto di piattaforme sulle quali uscirà, più avanti già nel 2024: Windows e Xbox Series X/S, naturalmente anche per gli abbonati al Game Pass. Più che agli utenti Linux, che sono sicuro troveranno acrobatiche maniere per ovviare all'assenza di una versione nativa, pesa a tutti come un macigno (rotolante) l'assenza di un'incarnazione Playstation 5, o di un'altra magari per la prossima Switch. Peccato: da fan del personaggio, da fan che reputa questo un momento importante, avrei preferito un abbraccio e non un'esclusiva. Indy e la Playstation non si sono mai capiti: La macchina infernale fu cancellato su PSOne, La tomba dell'imperatore nacque sulla prima Xbox e aveva problemi su PS2, mentre proprio a quest'ultima console fu riservata la versione depotenziata del (già depotenziato) Bastone dei re, concentrato sull'interazione della Wii. Si vede che è proprio destino.
Ci siamo tolti il dente, vediamo cosa ci aspetta, perché dopo tre anni la nebbia finalmente si è alzata!
- Che tipo di gioco è L'antico cerchio? I social e i motori di ricerca si sono impennati con una polemica ruotante sul dilemma: un titolo in prima persona per Indiana Jones? Come hanno osato? In effetti il prof. Jones è un personaggio così iconico da attirare tutti i riflettori, un mattatore che a chi gioca piace ammirare in azione. Ricordo che Hal Barwood, per me il papà videoludico di Indy, quando fu il momento di passare al 3D con La macchina infernale, escluse l'uso del Jedi Engine dell'FPS Star Wars Jedi Knight così com'era senza modifiche, proprio perché riteneva giusto che il protagonista si vedesse. Capisco il ragionamento di Hal e di tutti quelli che hanno storto il naso di fronte alla scelta, però... vi è mai capitato di avere bisogno di un ricambio d'aria dalla consuetudine, per respirare curiosità?
La prima cosa che ho pensato alla conferma del (già trapelato) gameplay in prima persona è stata: andiamo incontro a un gioco diverso dalla norma jonesiana degli ultimi vent'anni. So bene che nella descrizione alla quale abbiamo assistito si è parlato di elementi comuni anche a Macchina infernale e Tomba dell'imperatore (anzi, la scena delle mitragliate aeree sembra la versione moderna tripla A di un livello di quest'ultimo), però rimane il fatto che una prima persona deve per forza di cose influenzare l'interazione: in questo caso, per la prima volta in due decenni, prevedo una componente platform assai ridotta se non azzerata. E non è poco.
Una volta che mi si promettono enigmi (anche facoltativi), esplorazione e scontri ragionati anche stealth e addirittura foto da scattare... sento che il DNA del personaggio rimane. E per quanto riguarda il carisma iconico, i Machinegames hanno fatto in modo di staccare sulla terza persona cinematograficamente, quando vedere Indiana ha più senso e ha più impatto. Potrebbe bastare. Non credo che la soggettiva sia l'unico modo di "farci essere Indiana Jones", come ci viene venduta quest'esperienza, perché La macchina infernale mi dava comunque quella sensazione, lì dove Fate of Atlantis ci faceva più invece vivere una storia. Però in un sol colpo questa prima persona dà un'identità ludica particolare al Cerchio, e lo distanzia dagli Uncharted che hanno ereditato l'atmosfera del marchio: non so se questa mossa funzionerà, però di certo campata in aria non è. Non credo all'idea che sia in prima solo perché i Machinegames hanno un'esperienza su fps, focalizzata tecnicamente su quella visuale: certo conta anche questo, però l'idea non è partita da loro, per cui da Howard vedo più un pensare fuori dagli schemi che una forzatura. Con il massimo rispetto per Barwood, sono curioso. - Di cosa parla L'antico cerchio? Ecco, qui sarei più disposto ad ascoltare le lamentele di Hal su un franchise che si è incantato come un disco: per Barwood bisognava liberarsi dei nazisti (come fece lui con La macchina infernale, scegliendo l'Armata Rossa come antagonista), cercare nuove atmosfere, "spostare" il personaggio dai suoi luoghi comuni. Tra l'ultimo film Il quadrante del destino e questo gioco, Indy sta un po' tirando i remi in barca e sembra un po' parlarsi addosso. Queste sono mie pure impressioni, ragiono a partire da una presentazione di un quarto d'ora, non sto giocando, e di certo i risvolti più interessanti della trama non ce li spoilerano adesso. La premessa vede nel 1937 un Indiana post-Predatori un po' irrequieto (rimproverato da Marcus, forse per aver lasciato Marion?), stimolato a risolvere un mistero: un intruso nel museo dell'università ruba un oggetto apparentemente insignificante. Incrociando la sua strada con la giovane italiana Gina Lombardi, che ha un interesse personale verso l'intrigo, Indy attraverserà Stanze Vaticane, Egitto, templi di Sukhothai e vette dell'Himalaya. In un'obbligatoria corsa contro il tempo, impersonato dall'elegante nazista Emmerich Voss. La rarefazione dei videogiochi dedicati a Indiana, e in generale delle opere (cinema e tv compresi), sta portando la saga a essere più autocelebrativa e autoreferenziale. È un po' un peccato secondo me, ma proprio per questo è sempre importante ripartire con un lavoro solido: se lo sarà, nulla vieterà in futuro di recuperare magari un'aura esotica stile Tempio maledetto. Riguardo al tema della vicenda, l' "antico cerchio" del titolo sarebbe il "cerchio massimo", un concetto geometrico che però, applicato alla Terra, ha portato nei secoli a ipotizzare una connessione ideale (e magica) tra monumenti collocati lungo il suo tracciato.
- Come ci appare L'antico cerchio? Tecnicamente si tratta del primo videogioco current gen di Indy da 21 anni a questa parte, questo è certo. Il bastone dei re del 2009 fu un avanzo per Wii-PS2-PSP-DS di una cancellata versione "ammiraglia" per Xbox 360 / PS3, con il porting Wii riconfezionato dal marketing come centrale, in extremis e per non buttare via tutto. Di fatto quindi l'ultimo gioco competitivo con la concorrenza ad alto budget, dal punto di vista audiovisivo, è stato La tomba dell'imperatore dei Collective... e uscì nel 2003!!! Mamma mia. Vent'anni per il mondo dei videogiochi pesano di più che negli altri media. Questo nuovo Indy gira con la settima, ultima versione del mitico id Tech della Id Software, ormai di proprietà di Bethesda: chi gioca da più di trent'anni potrebbe trovare commovente l'idea che il prof. Jones torni con l'evoluzione di quel motore che nel 1993 rivoluzionò l'ambiente in Doom. I Machinegames hanno già usato l'id Tech 5 e 6 per i loro Wolfenstein negli ultimi dieci anni, perciò immagino ci sguazzino senza problemi.
Il dettaglio sembra garantito, però devo dire che i modelli dei personaggi mi hanno lasciato un po' freddo: rispetto alla naturalezza della figura umana che ho apprezzato nel remake di The Last of Us e anche nell'ormai non di primo pelo Detroit della Quantic Dream, sento un certo rimasuglio di rigidità. Il fotorealismo poi rischia sempre l'uncanny valley quando usi l'aspetto di attori reali. Questa è la prima volta che Harrison Ford ha acconsentito all'uso delle sue inequivocabili sembianze per tutto il gioco (cicatrice sul mento compresa!): la cosa ha risvolti simbolici non da poco, perché un attore continuerà a vivere sotto forma di videogioco, e credo sia un'incarnazione della tecnologia più romantica dell'AI. Il rovescio della medaglia è che ogni minima differenza con l'Harrison reale mi pesa e mi distrae. Il protagonista gli assomiglia tantissimo, ma per quel poco che non ci riesce mi disturba leggermente. Forse la prima persona mi farà appiedare con più dolcezza? - Sul fronte audio, parliamo di un tripla-A targato Bethesda e Microsoft, quindi ci sono musiche eseguite da una vera orchestra e composte da Gordy Haab, già allenato a canalizzare il suo John Williams interiore con Star Wars Jedi Fallen Order e Star Wars Jedi Survivor. Il doppiaggio originale punta in alto con una vera star: i più conosceranno Troy Baker perché ha doppiato e interpretato in performance capture Joel in The Last of Us, però qui su Lucasdelirium l'abbiamo incontrato con gli assai diversi Rhys di Tales from the Borderlands e Bruce Wayne nei Batman della Telltale. Ora potrà mettere in curriculum anche l'imitazione di Harrison Ford! In italiano pare lo sostituisca Alessandro D'Errico. Gina è invece la nostra Alessandra Mastronardi: non sono sicuro che lo sia anche nella versione italiana, ma lo è proprio in originale, persino graficamente! L'attrice, che si è allontanata già da un po' di tempo dalla Garbatella dei Cesaroni, è apparsa al fianco di Nicolas Cage in Il talento di Mr.C e il suo ingaggio conferma una tendenza recente dell'audiovisivo americano: in ruoli caratterizzati con una precisa nazionalità, si preferisce scritturare attori o attrici davvero del posto, preferendo accenti naturali e un'identità culturale non simulata. Stesso discorso vale infatti per il tedesco Marios Gavrilis (Voss), sostituito qui da noi da Maurizio Merluzzo.
- Un gioco così è la pietra tombale sull'Indiana Jones delle avventure grafiche? Direi di no, più che altro perché la pietra tombale su quella versione di Indy è stata posta un quarto di secolo fa! Al limite per la Lucasfilm Games si sarebbe trattato al contrario di riesumare quella tradizione. Con un marchio così importante è però difficile che si scelga una strada indie, l'unica che possa giustificare il genere del punta & clicca oggi, com'è successo per Return to Monkey Island. Indiana Jones è una proprietà intellettuale assai più corposa del nostro Guybrush, ed è normale che si provi almeno a farlo giocare nell'arena dei grandi numeri, anche se i suoi non saranno mai grandi come quelli del fratello maggiore Star Wars. Detto questo, mi rivolgo a chi come me non smetterà mai di amare Indiana Jones and the Fate of Atlantis: la premessa del Cerchio, dove un oggetto apparentemente insignificante affiora nell'università-museo di Indy, mi ha subito riportato alla mente l'incontro con Klaus Kerner / Mr. Smith all'inizio di Fate. E mi sembra che Marcus mancasse all'appello dei videogiochi proprio da allora. Per quanto riguarda la giocabilità, ho poi pensato che la componente stealth, assente in tutti i giochi in 3D del prof. Jones, era stata introdotta e utilizzata, seppur in modo elementare, proprio in Indiana Jones and the Last Crusade - The Graphic Adventure e Atlantis. Penso ci aiuterà pensare in funzione del personaggio e non del genere videoludico scelto nel corso degli anni per proporcelo: non a caso gli autori di quei punta & clicca "piegarono" per lui la loro forma mentis, introducendo le sequenze action e la possibilità di morire.
E comunque: Indy dei videogiochi sta tornando! Se non vogliamo gioire, almeno sorridiamo!
Michael Land racconta la sua musica a Daniel Albu
Mancava ancora una come sempre corposa conversazione (quasi tre ore!) del fan Daniel Albu con il mitico Michael Land, compositore del leggendario tema di Monkey Island e non solo. Come nacquero quei pezzi storici e l'engine iMUSE? Quale colonna sonora sente più sua? Riassumo la lunga chiacchierata.
- Il suo primo impatto con la musica risale al regalo di una pianola elettronica quando non aveva nemmeno cinque anni. I suoi primi ricordi musicali sono legati a sua madre che col pianoforte eseguiva una Marcia Funebre di Chopin. Frequentò lezioni di piano anche lui, dai 5 ai 12 anni, ma paradossalmente iniziò a suonarlo con convinzione solo quando smise di seguirle.
- Durante un campo estivo però fu folgorato da una band di ragazzi più grandi, e in particolare dal suono del basso elettrico. A 13-14 anni decise che sarebbe stato il suo strumento d'elezione e vi si dedicò anima e corpo, fan dei Grateful Dead. Poi fu la volta della musica elettronica, all'epoca ancora analogica, passione per lui sbocciata durante la frequentazione del Mills College, mecca per gli interessati. Non ritiene però che lì si facesse propriamente "musica": "Più era difficile da ascoltare, più era d'avanguardia!", scherza. Voleva qualcosa di più controllabile, quindi imparò anche l'informatica costruendo un sintetizzatore. Da lì arrivò il lavoro alla Lexicon in Massachusetts, però presto sentì la nostalgia della California.
- Lavorare a distanza da consulente con la Lexicon non era proponibile, così spronato da sua madre cercò sul giornale annunci di lavoro: alla Lucasfilm Games avevano bisogno di qualcuno che s'intendesse di musica, suono e programmazione su processori x86. "Sono io questo!" Si presentò, fece diversi colloqui, tra cui quelli con David Fox e Noah Falstein: siccome fino a quel momento Dave Warhol si era occupato di musiche, sound design basico e codice dei driver audio, ma stava per interrompere la sua collaborazione, cercavano chi lo rimpiazzasse. A disposizione!
- Unico problema era il suo demo tape: conteneva composizioni sperimentali, in linea con la sua ricerca in quegli ultimi anni, però non mostrava una persona in grado di creare accompagnamenti più canonici, in stile musiche "da film". Falstein gli chiese se fosse in grado di creare una sorta di marcia nazista, qualcosa di più tradizionale. Era un test e lo eseguì a grande velocità: divenne il tema di Secret Weapons of the Luftwaffe! Col senno di poi, secondo Land per una marcia c'erano un po' troppi dei suoi adorati cambi di chiave, ma non fa niente: era la primavera del 1990 e Michael entrò in squadra. Il suo primo ufficio era in edificio distante dello Skywalker Ranch, vicino a un ruscello, "Incredibilmente idilliaco".
- Il suo primo lavoro da dipendente fu proprio The Secret of Monkey Island, a partire dal mitico tema musicale! "In pratica partii dalla cima, dopo potevo solo scendere!" [ma non è vero Michael, dai! ndDiduz]. Per quel gioco usò i driver audio scritti da Warhol: si componeva con la Roland MT-32, per poi ricavarne un downgrade per l'AdLib e una difficilissima versione per il PC Speaker, una vera sfida date le sue capacità sonore ridottissime. I contributi della Earwax Productions consistettero nel tema dello SCUMM Bar (di Barney Jones), il pezzo per organo nella chiesa (Andy Newell) e i temi dei Fettuccini e della Voodoo Lady (Jones e Newell insieme). Patrick Mundy, come abbiamo saputo di recente, scrisse i pezzi per le mappe di Melee e Monkey, con un piccolo contributo di Land. Il tema musicale di Monkey nacque a casa di Michael e non alla Lucasfilm, mentre smanettava per diletto con un DX7 e ricordava un'esperienza passata da tastierista per un'esibizione della band di Josiah Teddy Kinlock, ex collaboratore di Bob Marley. Riecheggiandola, si rese conto che la sua improvvisazione in quel momento era "davvero figa", "perfetta per quel gioco di pirati lì". Ne presentò a Ron Gilbert una versione abbozzata, fu approvata, e da lì trascorse due settimane sull'MT-32 per rifinirla e trovare un modo di chiudere il brano. Un mito nato in un quarto d'ora, in poche parole!
- "La creatività alla Lucasfilm Games non dovevi giustificarla, era parte della strategia aziendale. Se l'aspettavano." Questo creava un'atmosfera tanto rilassata, da generare situazioni che oggi lasciano a bocca aperta, come la genesi del tema di LeChuck. Michael era allo Skywalker Ranch, sapeva di dover comporre un tema per l'antagonista di Monkey Island, ma prima di mettersi al lavoro si disse: "Okay, ma prima vado a pisciare". Avete già indovinato: il tema gli arrivò in testa all'improvviso, davanti all'orinale!
- L'iMUSE nacque da una necessità: fino a quel momento la musica nelle avventure lucas era gestita solo tramite quattro comandi, cioè "start", "stop", "dissolvenza", "loop". Decisamente non all'altezza della ricchezza narrativa che Michael percepiva in quei giochi, perciò pensò che nuovi driver e un nuovo engine musicale potessero fornire "orizzontalità" (variazioni continue al cambio di location) e "verticalità" (più strati di sonorità a seconda di ciò che accadeva nel gioco). Nel gennaio 1991 realizzò che non sarebbe mai riuscito a finire l'ambiente iMUSE in tempo per Monkey Island 2, men che mai a comporne da solo anche l'intera colonna sonora, così coinvolse il compagno di college nonché collega alla Lexicon Peter McConnell, come lui programmatore oltre che compositore. Peter creò l'interfaccia per gestire l'iMUSE, battezzata "Cotton fioc" (Q-Tip) in onore della Earwax ("cerume"), mentre lui programmò l'engine vero e proprio. Anche così però la data d'uscita dell'autunno si avvicinava troppo velocemente, così fu necessario recuperare pure il compagno di liceo Clint Bajakian, col quale tutti e due avevano suonato, e coinvolgerlo nel lavoro matto e disperatissimo. L'iMUSE prevedeva che fossero i programmatori del gioco a interfacciarsi con i brani MIDI, che contenevano punti diversi di entrata e uscita (fino a 150 per la sola cittadina di Woodtick!) e l'opzione di disattivare alcune melodie. Il sistema era ancora in rodaggio e basilare, con messaggi diretti da mandare al processo di codifica dei MIDI, così Michael e Peter spesso studiavano le singole scene coi programmatori. Fortunatamente la RAM non era un problema, perché su PC i file midi erano già molto compatti.
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- Questo botta e risposta fu così estenuante, per loro e per i programmatori, che per i giochi successivi Michael e Peter idearono un layer intermedio tra l'iMUSE e gli engine dei giochi veri e propri, come lo SCUMM. Questo layer poteva essere più facilmente gestito dai programmatori stessi senza conoscere i dettagli musicali, seguendo una logica basilare di stati (cose che potevano ripetersi all'infinito) e sequenze (cose che avevano una durata definita, emergendo e poi scomparendo nuovamente negli "stati"). Engine come l'odierno FMOD funzionano seguendo gli stessi principi.
- Il paradosso è che, di questa poetica crociata per la soppressione del silenzio nei videogiochi, non tutti i giocatori colsero la portata: già dall'incontro iniziale con Largo si nota che ci sono due brani, uno si colloca sull'altro quando l'aggressione entra nel vivo. Si accorse che molti giocatori non facevano una piega: un lavoraccio e non lo notavano! Ma tutto sommato era un buon segno: se i giocatori non notavano quel complicatissimo sistema musicale, vuol dire che l'integrazione era riuscita in modo così organico da servire al meglio l'esperienza.
- La divisione del lavoro per Monkey 2 fu grossomodo legata alle isole, come hanno sempre fatto con la saga o con altri titoli in generale (ragionando per aree): ciò detto, chi di loro era responsabile di un'isola, "ospitava" il contributo degli altri se una determinata situazione si adattava meglio allo stile compositivo dell'amico. I due brani che compongono la scena di Largo per esempio furono scritti uno da lui e l'altro da Peter, sposandosi bene. Onestamente, dopo trent'anni, a volte non ricorda proprio chi compose cosa: la loro era un'armonia perfetta.
- Perché la Lucasfilm addirittura brevettò l'iMUSE? Perché poco tempo prima, dopo aver creato il morphing, l'Industrial Light & Magic lo vide usato ovunque: da allora fu deciso che ogni innovazione tecnica all'interno dei dipartimenti Lucasfilm sarebbe stata brevettata.
- Come mai alla riedizione in cd di Monkey Island 1 del 1992 non si applicò l'iMUSE di Monkey 2? Sarebbe stato un lavoro improbo, perché il primo capitolo era costruito sui vecchi driver audio elementari, sarebbe stato necessario riprogrammarlo quasi da zero, oltre che comporre un'altra montagna di brani: investimento ingiustificato per quello che era di fatto un porting. Fu deciso allora di puntare sull'audio dalle tracce cd, arricchendo le location senza musica con sonoro d'ambiente. Quale sintetizzatore fu usato per le tracce audio? Ascoltando, Land esclude che si tratti dell'MT-32, ricorda poi che passarono i brani all'Earwax Productions, che li lavorò nei suoi sintetizzatori, aggiungendo anche qualche variante gustosa al tema di LeChuck.
- A partire da Indiana Jones and the Fate of Atlantis, siccome era diventato responsabile del dipartimento audio, i suoi colleghi composero almeno "due volte" più di lui, quindi fece piuttosto poco sui titoli successivi. Per Indy 4 ricorda il pezzo delle Azzorre e la "Lava Room". Comunque non ritiene che imitare John Williams fosse stato particolarmente difficile in quel caso, perché a suo dire circa il 10% della colonna sonora di Fate of Atlantis era debitrice del suo tocco, per il resto si erano dati molta libertà. Diverso fu il caso della difficilissima colonna sonora di Star Wars X-Wing, dove con Bajakian riarrangiarono in MIDI e letteralmente scorporarono le partiture di Williams per adattarle all'iMUSE, studiando decine e decine di varianti per le situazioni possibili nei combattimenti. Faticosissimo e - in quel caso sì - un lavoro concepito per essere mimetico. Stesso discorso valeva per il lavoro di Clint sull'FPS Star Wars Dark Forces. L'aspetto comodo con l'iMUSE applicato ai giochi d'azione era la relativa maggiore facilità con cui si potevano programmare le transizioni nei brani MIDI, perché più alto è il ritmo, più in linea generale era facile trovare il tempo giusto per interromperlo. Con le musiche più contemplative in un'avventura grafica era richiesta più pazienza.
- Per Day of the Tentacle e Sam & Max Hit the Road vale il solito discorso: impegnato a gestire il dipartimento, del primo coprì più che altro la sezione nel futuro - se ricorda bene - e per quanto riguarda il secondo la memoria è tanto offuscata da fargli propendere per un contributo quasi nullo [dal momento che altrove anche McConnell ha minimizzato il suo contributo a Hit the Road, se ne deduce che il grosso di quelle musiche fu a firma Bajakian, ndDiduz].
- È accreditato come "sound advice" per Star Wars Rebel Assault, ma è un gioco di parole: "sound" in quel caso è un aggettivo. Non quindi "assistenza per l'audio", bensì "solido consiglio"! Il programmatore Vince Lee lo voleva infatti ringraziare perché fu Michael, assistendo a un demo dell'engine INSANE per la decodifica dei filmati dai cd-rom, a suggerire che potevano essere interattivi, stile laser-game. Il gioco nacque da questa idea, Lee non pensava di diventare game designer o capo-progetto.
- Full Throttle portò l'iMUSE nell'era della musica digitalizzata, letta in streaming dai file sul cd-rom: siccome controllare brani registrati era ben diverso che controllare i vecchi MIDI... decisero di usare comunque i MIDI! In definitiva in Full Throttle e The Dig i giochi avviavano comunque dei brani MIDI senza musica, contenenti solo le notazioni su "stati" e "sequenze" di cui sopra, in modo da temporizzare correttamente le entrate e le uscite nei brani digitali di uguale durata, basandosi sugli stessi tool dell'epoca MIDI. Funzionò e permise di non perdere la modalità di lavoro che tutti alla LucasArts avevano imparato a gestire bene col MIDI.
- Considera la colonna sonora che compose per The Dig (direttamente per la versione finale di Sean Clark, anche se scrisse la musica di un promo per quella di Moriarty) il suo lavoro più personale. "Solitudine e isolamento", i concetti che la musica evoca, gli appartengono. Per alcune registrazioni utilizzò lo studio di un amico attrezzato apposta per esaltare il riverbero dei suoni, ma soprattutto - siccome avevano firmato un accordo con l'Angel Records per la pubblicazione delle colonne sonore - sfruttò l'accesso al loro catalogo per esplorare le ouverture di Wagner. Cercò tutte le sezioni in cui gli archi risuonassero a lungo, scorporò le singole note, usandole come "tappeto" su altri suoni eseguiti da lui stesso col sintetizzatore, mentre sotto c'erano transizioni di archi wagneriani anche appartenenti a composizioni ed esecuzioni diverse. Una delle fonti d'ispirazione fu però il pezzo "Mysterious Mountain" di Alan Hovhaness. Furono necessarie sette settimane per rimontare i brani in funzione del cd della Angel Records, perché l'approccio con la musica interattiva è diverso: entri in una location, parti in grande, scendi e vai di loop più in sordina. Nell'ascolto passivo della colonna sonora, devi crescere a poco a poco, poi devi chiudere il brano. Quasi il contrario!
- La colonna sonora di The Curse of Monkey Island fu liberatoria, perché la saga finalmente usava musica registrata: utilizzò due sintetizzatori E4, selezionò a uno a uno i campionamenti migliori, ma coinvolse anche strumenti dal vivo: la fisarmonica di Peter Soave (per lui un dio dello strumento) o il banjo di Peter McConnell. Quando sai che c'è il doppiaggio, l'approccio alla composizione deve cambiare nelle sezioni che sai già saranno fittamente dialogate: "il parlato occupa una parte dello spazio semantico della musica", spiega Land, quindi è meglio evitare in quei momenti melodie troppo chiare. Non è facile da prevedere, perché il doppiaggio viene registrato quasi all'ultimo momento, perciò devi incrociare le dita e sperare di aver colto l'equilibrio giusto (alla disperata, si può lavorare di mix). La canzone fu un'idea di Jonathan Ackley, però fu Michael a scrivere il ritornello "A pirate I was meant to be, trim the sails and roam the sea!", perché nel "rap piratesco" di Jonathan mancava.
- Dopo la LucasArts, cercò di avviare una startup con McConnell, mai decollata sul serio. Scrisse un unico brano d'ambiente molto lungo per Sim City 4 nel 2003. Per quanto riguarda Tales of Monkey Island (2009) fu assai piacevole tornare su Monkey dopo tanto tempo, anche se, per via dei limiti di spazio del servizio WiiWare, gli chiesero di lavorare di nuovo in puro General Midi sintetizzato! La versione Windows utilizzò versioni registrate di quei brani, non curate da lui ma che comunque apprezzò nella resa. Sulle prime si sentiva un po' arrugginito, ma per il quinto episodio sentì d'essere tornato in piena forma.
- Non ha lavorato sulle riorchestrazioni delle Special Edition, ma ritiene che - per quei giochi che nacquero in MIDI - la coerenza equilibrata di un sintetizzatore faccia parte della loro identità sonora. Indipendentemente dalla bravura di chi esegue quei pezzi dal vivo oggi, ciascun elemento dell'orchestra o della band rischia di imporsi o all'opposto di sparire rispetto agli altri, è normale che possa accadere. Un sintetizzatore suonato da uno spartito MIDI fornisce un'omogeneità che lui lega per sempre a quelle colonne sonore. Detto ciò, il passaggio dal MIDI alla musica registrata è stata la svolta epocale indiscutibile nel suo settore. E adora sentire che la gente "possiede" le sue composizioni rieseguendole in mille maniere, come se avessero vita propria. Lo vive con un senso di gratitudine.
- La rimpatriata con Clint e Peter per il Sensorio dello Psicoré, livello/mente di Psychonauts 2, è stata organizzata da Peter, in nome dei vecchi tempi: una registrazione splendida allo Skywalker Ranch, in relax totale. È stato ancora Peter a organizzare la colonna sonora di Return to Monkey Island, ma lui e Clint non ci hanno pensato due volte: erano trent'anni che non lavoravano con Ron Gilbert e Dave Grossman, come si poteva rifiutare? Si sono divisi le isole come al solito (lui ha preso Mêlée), però mantenendosi aperti a contributi degli altri (per esempio la bottega della Voodoo Lady è stata coperta da Clint). Ci hanno tenuto tuttavia a comporre a sei mani i pezzi nell'intro con Boybrush, per dividersi equamente l'impatto iniziale.
- Il suo metodo di lavoro dipende dalla visione degli elementi di gioco: se non si può giocare almeno una versione preliminare del titolo, chiede almeno di vedere la più alta quantità di materiale visivo disponibile, anche screenshot. Non compone se non vede il mondo di gioco. Inoltre, trova molto importante rigiocare una versione del gioco più vicina alla pubblicazione: solo allora coglie problemi di bilanciamento logico/narrativo, o di intensità dei brani, imperfezioni o contrasti che, lavorando a volte su sezioni separate, non cogli. In ogni caso, per lui la buona musica di accompagnamento non dev'essere manipolatoria, pur evocando emozioni: "La musica può essere molto manipolativa: se segui cliché, che poi sono cliché perché funzionano, la gente può avvertire il luogo comune. Dovresti cercare una voce originale, che però anche sia in grado di veicolare emozioni. È facile fare gli originali, è facile caricare sulle emozioni, ma è difficile essere originali trasmettendo la giusta dose di emozione." E come si mantiene viva l'ispirazione? "Mantenendo la musica sempre viva nella tua testa"... ma le date di consegna aiutano!
- Cosa c'è per lui in futuro? Spera di tornare nella disposizione d'animo per comporre, vorrebbe darsi alla musica pura.
Ron Gilbert riflette su Monkey Island 2
In realtà quest'intervista del canale OneShortEye a Ron Gilbert risale a sei mesi fa, ma ho continuato a dimenticare di vederla fino ad ora, forse a causa del profluvio di interviste a ex-Lucas in quest'ultimo periodo, forse perché l'argomento Monkey Island ha tenuto sin troppo banco nell'ultimo anno... e stanca anche i più duri!
Quest'intervista è legata però a un post di Ron che a caldo vi segnalai, dove aveva pubblicato un pezzo di codice SCUMM di Monkey Island 2: LeChuck's Revenge: nell'intervista si parlava degli speedrunner che avevano affrontato Monkey 2 e avevano trovato difficile accelerare nello scontro finale con LeChuck, a causa delle sue apparizioni randomiche nei tunnel. Gilbert allora per rinfrescarsi la memoria aveva cercato la routine che le gestiva. A prescindere da questo, in soli 26 minuti sono espressi rapidi concetti che mi sembra interessante non perdere.
- Rivedendolo ora, Ron pensa che lo scontro finale con LeChuck di Monkey 2 si potesse progettare meglio. Apprezza ancora molto l'idea di base, cioè la creazione di una bambola voodoo, come la si era fatta per Largo nel primo atto. Con l'esperienza maturata in trent'anni, pensa però che l'implementazione si potesse gestire con più cura, dando un feedback maggiore a chi gioca e rendendo alcune azioni importanti meno casuali. [Considerando che il finale fu relativamente improvvisato, per me ne uscirono molto bene, ndDiduz]
- Come aveva detto Mike Stemmle in un'altra intervista poco tempo fa, anche Gilbert pensa che gli enigmi con elementi randomici (tipo l'individuazione del relitto della Sea Monkey) abbiano uno scopo ben preciso: costringere il giocatore a capire il senso del puzzle e a non staccare dal flusso narrativo, perché non può risolvere il problema solo per dritte meccaniche lette o ascoltate da qualcuno, o per pura esclusione. È uno degli strumenti che hai per impedire all'utenza di risolvere gli enigmi per "brute force", cioè con l'"usa tutto con tutto", la tomba del genere.
- Ispirazioni per lo humor di Monkey Island? Due dei suoi film preferiti, cioè i culti Monty Python e il Sacro Graal (1975) di Terry Jones e Terry Gilliam, e Mezzogiorno e mezzo di fuoco (1974) di Mel Brooks.
- Serie o film che incarni lo spirito di Monkey Island? Secondo lui la recente e adesso chiusa Our Flag Means Death (2022-2023, Dive / HBO), ideata da David Jenkins.
40 anni di Macintosh... con le avventure LucasArts? Breve storia di un amore intermittente
L'avrete letto un po' ovunque: il 24 gennaio il Macintosh ha compiuto 40 anni. La rivoluzione della sua interfaccia grafica via mouse, nonché del suo look sofisticato, iniziò infatti nel 1984, e mi sono sempre chiesto quanti lucasdeliranti abbiano conosciuto o giocato qui in Italia le avventure Lucasfilm su quei sistemi. Immagino pochi, perché la scarsa popolarità del Mac come macchina da gioco qui da noi non ha mai portato versioni localizzate in italiano. Oltretutto, i porting effettivi per il Mac iniziarono solo nell'agosto 1990, con Indiana Jones and the Last Crusade - The Graphic Adventure. La serie di computer era stata ignorata finché non si diffusero i Macintosh II a colori, tanto che Zak McKracken per esempio non ha mai visto una versione Mac, mentre il seminale Maniac Mansion vide la luce solo sul leggendario 8 bit Apple II (ma la versione originale per Commodore 64 surclassava quella).
C'erano inoltre scogli tecnici da superare per i porting: la minima risoluzione del Mac era 512x384, non esisteva il 320x200 standard degli altri sistemi, ergo fu necessario creare routine di scaling e anche scrolling aggiuntivo per compensare le differenze. Gli autori di ScummVM sono riusciti solo di recente a riprodurre le particolari interfacce Mac ad alta risoluzione per Indy 3 e Loom. Gli alfieri di quelle conversioni alla LucasArts furono Eric Johnston prima e Aaron Giles poi: quest'ultimo in particolare, che entrò in tempo per convertire Full Throttle e The Dig, impose sponte sua nel 1995, per principio, i porting Mac "retroattivi" di Day of the Tentacle e Sam & Max Hit the Road, saltati da una dirigenza che non li aveva messi nemmeno in programma. Giles abbracciò il passaggio dai processori Motorola della serie 68000 ai PowerPC, offrendo persino un rudimentale antialiasing all'utenza dotata dei modelli più moderni e performanti. L'assenza di una wavetable hardware per la riproduzione dei brani MIDI fu tamponata con la creazione di sintetizzatori software compatibili General MIDI.
L'impegno di Aaron, che comunque ci delizia ancora oggi con l'emulatore lucasiano DREAMM, purtroppo non fece cambiare idea ai capi: The Curse of Monkey Island e Grim Fandango furono pubblicati solo per Windows (anche se oggi un maccista può benissimo avviarli via ScummVM). Parziale eccezione fu Fuga da Monkey Island: i diritti dell'oggi inavviabile conversione Mac furono venduti alla Aspyr, che ne appaltò la programmazione alla Westlake Interactive. In tutti i casi una localizzazione italiana è sempre mancata, queste edizioni si sono diffuse in Italia solo per importazione parallela, con l'unica eccezione dell'esperimento di Fate of Atlantis su cd-rom a cura della CTO: scatola e manualistica in italiano, gioco sempre e solo in inglese.
Oggigiorno, la stragrande maggioranza dei nuovi titoli che tratto su Lucasdelirium viene pubblicata su "PC" in senso lato, cioè Windows-Mac-Linux (salvo per infauste esclusive, ehm). Alcune cose con gli anni migliorano: ci credereste?
Bene, fine dell'aggiornamento breve ma intenso. Per ultimo, vi segnalo che è possibile votare per un set LEGO a tiratura limitata raffigurante una scena che ricordiamo tutti bene...
Cominciamo a pulire la frusta e a portare in tintoria giacca e fedora!
Ciao,
Dom
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