30-4-2023
Salve a tutti. Prima di cominciare, vorrei concedermi una brevissima autopromozione sfacciata: io ed Elisa siamo riusciti a pubblicare il secondo volume dei nostri libri-gioco per bambini, Brico Bear: Su e giù al Luna Park, seguito di Brico Bear: Missione Blackout! del 2021. Magari vi interessa se state meditando un acquisto del genere per bambini o bambine sui 6 anni.
Okay, la pianto. Ora Lucasdelirium!
L'epocale Double Fine Psychodyssey
32 puntate, alcune di oltre un'ora: mi ci è voluto del tempo per terminare la visione della Double Fine Psychodyssey, il colossale documentario col quale i 2 Player Productions hanno raccontato non solo la lavorazione di Psychonauts 2 e del suo spin-off Psychonauts in the Rhombus of Ruin, ma soprattutto oltre sei anni di vita professionale ed emotiva di un gruppo di persone nella Double Fine di Tim Schafer. Da più parti si lo si sta considerando come il documentario definitivo sulla realizzazione di un videogioco: per quanto rimanga affezionato alla precedente Double Fine Adventure, che raccontò il celebre Kickstarter del 2012 e Broken Age, questo lavoro rappresenta qualcosa di diverso... e per certi versi è potente, senza gli sconti che pure erano stati fatti nell'occasione precedente.
Per la mia analisi / riflessione su quanto ho visto, non sono riuscito a trovare un titolo migliore se non "La spietata odissea psichica della Double Fine": chiunque pensi ancora che questi documentari patrocinati da Tim esistano come assoluzione o ruffiana autopromozione, probabilmente non sarà mai arrivato fino alla fine di questa bomba.
Gary Winnick si racconta
L'ormai indefesso canale Conversations With Curtis ha intervistato il buon vecchio Gary Winnick, con Ron Gilbert iniziatore della tradizione lucasiana, con la creazione di Maniac Mansion. Toccando anche la rimpatriata del 2017 con Thimbleweed Park, Gary ha detto quanto segue.
- A 12-13 anni decise che voleva disegnare fumetti. Al liceo disegnò per alcune fanzine, poi nel 1972, dopo il diploma, decise di partire alla volta di New York per sfondare nel mondo dei comics. Fece apprendistato con Neil Adams, poi però tornò in California, dove scoprii il mondo dei computer, comprando un Atari 800 (ma non riuscendo a programmarci!).
- Proprio nei primi Ottanta l'Atari andava in cerca di veri grafici, quando si capì che i programmatori non potevano fare più tutto da soli, com'era successo fino a quel momento. Tramite un amico presentò il suo curriculum e iniziò a lavorare nell'industria, per esempio sulla conversione casalinga di Dig Dug. Rimase all'Atari solo per otto mesi, poi tramite l'amicizia con Charlie Kellner fece un colloquio alla neonata Lucasfilm Games. Primo impegno: creare gli alieni Jaggy per Rescue on Fractalus! di David Fox.
- In seguito Gary lavorò sulla grafica statica di The Eidolon e Labyrinth, primo titolo su una licenza cinematografica Lucasfilm (ricordo che non potevano paradossalmente realizzare giochi di Star Wars e Indiana Jones in quel momento, perché le licenze videoludiche erano affittate a terze parti!).
- L'amicizia con Ron Gilbert sbocciò immediatamente, quando quest'ultimo arrivò alla Lucasfilm Games per convertire Koronis Rift sul Commodore 64. Scoprirono di avere molto in comune e si divertivano soprattutto a guardare b-movie, in un'atmosfera di goliardìa quasi da dormitorio universitario. Fu allora che pensarono alla storia e all'ambientazione di Maniac Mansion, anche perché in quegli anni andava di moda l'horror umoristico (Gary ricorda la versione musical di La piccola bottega degli orrori con Rick Moranis). Qui Winnick ricostruisce tutta la genesi di Maniac, raccontata da me anche nella scheda del gioco.
- Era davvero un'altra epoca: Gary ricorda Ron che andò fisicamente, in macchina, a portare i master dei floppy nel luogo in cui sarebbe avvenuta la duplicazione (della quale per la prima volta la Lucasfilm Games si occupò direttamente, Maniac fu il loro primo titolo autopubblicato negli Usa). Riflette pure sulla lentezza con la quale in quegli anni avevi un qualche feedback dai giocatori o dalla stampa, in assenza di internet.
- Una delle cose più difficili da gestire in Maniac fu la possibilità di scegliere personaggi diversi con cui giocare, dalle capacità differenti, rapportandosi alla soluzione degli enigmi in modo diverso. Per quanto riguarda la grafica, ringrazia ancora Ron per aver creato un'utility che gli permetteva di disegnare i fondali sul C64 come preferisse, per poi automaticamente proporgli una compressione in un massimo di 256 caratteri di 8x8 pixel (disegnare direttamente tenendola presente sarebbe stato più difficile e... inibente!). I personaggi invece avevano teste enormi semplicemente perché pensò che, con la risoluzione così bassa (160x200 nel multicolor mode del C64, ndDiduz), fosse l'unica maniera di distinguerli correttamente e di leggere delle espressioni sui loro visi.
- Per Loom fu lui a decidere per un look che ricordasse il lavoro di Eyvind Earle sulla Bella addormentata nel bosco della Disney, anche se poi fu Mark Ferrari (assunto da lui!) a dargli vita nei fondali, grazie alle sue capacità col dithering. Gary si occupò delle animazioni, ma alcune sequenze particolari, le cosiddette "special case animations", furono realizzate da Steve Purcell.
- Intorno al timecode 40:00 Gary mostra le sue illustrazioni originali preparatorie per i personaggi e le location di Maniac!
- Quando i Monkey vennero realizzati, a quel punto Winnick era diventato il direttore artistico dell'azienda, e non ci lavorò direttamente quasi per nulla. Tra l'altro era impegnato nella grafica e nel design dell'action per NES Defenders of Dynatron City (1992), che andò male, nonostante fosse stato pensato con una strategia promozionale "crossmediale" (si direbbe ora): un pilot animato per Fox Kids prodotto dalla JVC, un fumetto con la Marvel. Gli sarebbe piaciuto se fosse diventato una serie, come invece accadde in malo modo a Maniac Mansion, adattato in una goffa sitcom che col gioco aveva in comune solo il nome (nessuno si consultò con lui o Gilbert, né era scontato che lo facessero, perché la Lucasfilm gestiva i marchi come riteneva giusto e loro erano di fatto solo impiegati).
- Curiosità: durante la post-produzione del film Indiana Jones e l'ultima crociata, il sound designer Ben Burtt aveva bisogno di registrare nuovamente il suono chiaro della frusta, ma lo specialista che la maneggiava non era disponibile. Steve Purcell salvò la situazione, perché per curiosità aveva imparato a usarla mentre realizzava le animazioni per l'avventura grafica!
- Lasciò la LucasArts dopo il 1992, perché a quel punto "non era più divertente com'era un tempo" e il marketing aveva iniziato a dettare legge, mentre prima in sostanza gli autori dei giochi creavano quello che preferivano. Gli fu offerto un lavoro da direttore artistico presso la Spectrum Holobyte, per una cifra ben più alta di quella che gli davano alla Lucas, così accettò. L'ultima cosa che fece alla LucasArts fu il brainstorming per il soggetto di Day of the Tentacle, un gioco che trova bellissimo, anche se non ha molto a che vedere con lo spirito originale di Maniac.
- Alla Spectrum Holobyte lavorò su Star Trek Final Unity e su un'attrazione di Star Trek per la Paramount, poi con un ex-collega della Lucasfilm Games, A. J. Redmer, fondò gli Orbital Studios, che realizzarono tra il 1995 e il 1997 per la Virgin due giochi per i più giovani, Forced Alliance: The Glarious Mandate e Dinonauts: Animated Adventure in Space, anche progettato da lui (a quest'ultimo lavorò con Lela Dowling, passata pure lei per la LucasArts).
- In seguito ancora ha svolto lavori da freelance con la sua Light Source per Yahoo (contribuendo alla creazione grafica degli avatar che l'azienda voleva per i propri utenti) e ha cercato di avviare, senza successo, un gruppo di sviluppo chiamato Suddenly Social, insieme ai vecchi amici Noah Falstein e Chip Morningstar.
- Thimbleweed Park nacque perché lui e Ron un giorno, mangiando insieme, recriminarono sul fatto che non si divertivano più come ai tempi di Maniac: "Perché allora non torniamo a divertirci?" Lanciarono il Kickstarter e attirò molta più attenzione e fondi del previsto. È contento del risultato e tuttora ne gode i proventi, che gli hanno permesso di dare più spazio alle sue attività preferite, l'illustrazione e i fumetti. Non ha rimpianti su Thimbleweed: siccome è stato un progetto indipendente, sono stati in grado di migliorarlo e di aggiungervi cose con delle patch senza dover dar conto di nulla a nessuno.
- Non gioca molto, all'epoca di Thimblweed provò alcune avventure contemporanee, ma più che altro per capire quale fosse il tipo di proposta medio per un'avventura grafica in quel periodo, per capire la concorrenza.
Return to Monkey Island: Jennifer Sandercock e la sfida della produzione
Già producer, co-programmatrice (e co-dialoghista) di Thimbleweed Park, la prode Jennifer Sandercock si è occupata della più complessa produzione di Return to Monkey Island e ha spiegato in un panel alla GDC le strategie che ha adottato per consentire a tutti di portare a termine l'impresa. Riassumo.
- Cosa rende per lei Return un "successo"? Il gioco è stato acclamato dalla critica, è stato consegnato con uno scarto di appena trenta giorni rispetto alla data pattuita, è costato poco più di quanto preventivato, e ha lasciato il team contento del lavoro svolto. È stato inoltre realizzato con un team di venticinque persone in totale segretezza, durante una pandemia e totalmente in remoto.
- È importante notare che i suoi consigli si riferiscono a un titolo in 2D (il 3D può cambiare molte dinamiche) e a un'assenza di sperimentazione radicale del gameplay nel corso della produzione, perché le modalità di interazione erano state definite e decise prima di partire.
- Dopo i primi tre mesi di pre-produzione, l'avventura era già giocabile interamente, con grafica provvisoria. Ogni elemento grafico ha ricevuto un massimo di tre passaggi per arrivare alla forma pubblicata.
- Come mantenere un segreto tale? I membri potevano dire di lavorare con Ron Gilbert su un'avventura grafica, ma non di lavorare su un gioco di Gilbert e Dave Grossman, perché l'associazione sarebbe stata subito sospetta. Ogni loro consultazione di siti web specializzati doveva avvenire mentre non erano loggati. Ogni postazione di lavoro doveva essere protetta da una porta. È stato redatto da lei un documento per chiarire al team cosa fosse ritenuto segreto e cosa no.
- Con quali mezzi hanno interagito? Zoom, Notion e Slack (qui senza usare thread, creando solo canali ogni volta che ce ne fosse bisogno, compresi canali ultra-provvisori per elementi transitori, tipo lo shader della giacca di Stan).
- A ogni nuovo arrivato nel team veniva dato un template di Notion per capire subito le coordinate del progetto e quello che avrebbe dovuto fare. A un altro membro del team già attivo da almeno due mesi veniva chiesto di "fare gli onori di casa" con la nuova persona, rispondendo alle sue richieste. Fogli appositi contenevano informazioni personali di ciascuno sviluppatore, in maniera tale che tutti sapessero in quali ore gli altri fossero attivi e conoscessero almeno a grandi linee le loro personalità. Hanno organizzato anche incontri opzionali di mezz'ora per parlare di tutto fuorché del gioco, per conoscersi meglio.
- Ogni lunedì successivo alle milestone (programmate per il venerdì) era automaticamente vacanza pagata per tutti: un modo di alleggerire lo stress accumulato negli sprint. Niente crunch: non bisognava domandare alcunché ai collaboratori al di fuori dei loro orari di lavoro, e non erano previsti premi per chi lavorasse al di fuori di quell'orario, onde non incentivare la pratica.
- Il foglio "What-I-Did" ("Cosa-ho-fatto-oggi") doveva essere compilato da ogni membro del team alla fine della propria giornata lavorativa. Questo permetteva a Jennifer di capire a quale velocità procedessero determinate lavorazioni, eventualmente per ridistribuirle, e a tutti per avere in caso di necessità un'idea di come si stesse procedendo.
- Una volta per ogni sprint era prevista 1 ora di gameplay in streaming, aperto a tutto il team. Una volta al mese uno di loro parlava a tutti più a fondo della sua area di specializzazione, per essere sicuro che gli altri capissero il suo metodo di lavoro e le relative tempistiche.
- Le riunioni, questione spinosa. Vanno mantenute brevi, azzerando i tempi morti, selezionando accuratamente chi coinvolgere e quando lasciare andare le persone. Mantenere basso il numero delle riunioni, per non intralciare il ritmo di lavoro, ma non troppo basso da renderle poi troppo lunghe o inutili. Possono essere anche solo limitate all'audio se si parla di aggiornamenti rapidi su qualcosa, altrimenti è meglio un'interazione anche visiva. È fondamentale prendere appunti durante la riunione, per futuro riferimento.
- Come e più delle riunioni, gli sprint vanno pianificati accuratamente, calcolando quante mansioni dare a ciascun membro e pesandone la durata (che varia a seconda della loro area di specializzazione: programmazione, grafica, etc.). Troppi sprint con troppe cose da fare per ciascuno portano solo allo stress: se si è nel dubbio, meglio assegnare poca roba e dare a ciascuno la piacevole sensazione di essere rimasto con del tempo libero per fare qualcosa dalla lista degli "extra" (anche quella già pronta). "In realtà, lo sviluppo di un videogioco è più una maratona".
- Lo sviluppo era suddiviso in: sprint di 2 settimane - stage (composto da 2 sprint in 1 mese) - milestone (3 stage, cioè 6 sprint in 3 mesi).
- Da producer, ascoltava le problematiche sollevate da qualcuno, però non cercava mai di reagire al momento: è necessario del tempo per pensare a come risolvere un problema, specialmente per verificare che la possibile soluzione non diventi una fregatura per qualcun altro.
- I playtester registravano le proprie partite su Zoom, con pochissimi membri attivi, per non intimidirli. I video con i risultati dei playtest venivano poi discussi.
- Ogni tanto organizzavano delle riunioni su "rischi & paure", per discutere tutti insieme di alcune preoccupazioni sul progetto, facili da perdere di vista quando ti concentri giorno dopo giorno sul particolare e non sul generale.
- Tagliare contenuti? Fa sempre male prospettarlo, ma prima di farlo bisogna capire cosa comporterebbe evitare il taglio: quanto costerebbe? Quest'informazione concreta va passata al finanziatore, che eventualmente deciderà se l'esborso aggiuntivo valga la candela (a loro è successo: sono andati di poco oltre il budget perché volevano assumere un altro animatore per arricchire l'esperienza: la Devolver e la Lucasfilm Games hanno accettato). Non bisogna avere paura di tagliare, ma nemmeno di aggiungere. Esempio: inizialmente le tre sfide su Brrr Muda erano in una location unica per il Municipio. Quando è stato deciso di dividere il Municipio in quattro location diverse, i fondali si sono moltiplicati, ma in compenso la rapidità di programmazione ne ha guadagnato, perché il codice delle tre sfide non si intrecciava nella stessa location.
- La gestione dei database è molto complessa (se siete interessati ai consigli pratici, vi consiglio di analizzare bene il video), ma qui posso riassumere che sono divisi in settori: stanze, inventario, skin dei personaggi, cutscene, asset per le animazioni, gruppi di animazioni, animazioni in Spine.
Return to Monkey Island: la rimpatriata musicale di Michael Land, Peter McConnell e Clint Bajakian
Sempre alla GDC, Michael Land, Peter McConnell e Clint Bajakian hanno tenuto un'altra conferenza sulle musiche di Return to Monkey Island. La colonna sonora è stato uno degli elementi meno discussi dell'avventura, per cui trovo particolarmente interessante la spiegazione del loro approccio nella rivisitazione di un passato comune. Riassumo.
- Come si sono conosciuti? Clint e Michael al liceo nel 1976 (!), poi Michael è andato a Harvard nel 1980 ed è diventato amico di Peter. Hanno suonato da sempre tutti insieme, sono rimasti tanto amici e ancora amano andare a mangiare in ristoranti italiani!
- Per lavorare su The Secret of Monkey Island, Michael rispose semplicemente a un annuncio letto su una rivista: sapeva che tipo di musica volevano, il reggae, e per fortuna aveva un minimo di esperienza in merito, avendo suonato con Josiah Kinlock, legato a Bob Marley. Il primo brano che scrisse fu, indovinate un po', proprio il mitico tema musicale, composto con una Roland MT-32.
- Land non era entusiasta della riproduzione delle musiche in semplici loop in Monkey 1, così invitò Peter e Clint alla LucasArts e con il primo creò l'engine iMUSE, tenuto a rodaggio con Monkey Island 2: LeChuck's Revenge. Soprattutto in questo gioco si sbizzarrì a comporre un numero notevole di variazioni di entrata e uscita per i vari brani, in modo tale che il tappeto musicale potesse variare continuamente nel modo più fluido possibile, rispettando le battute.
- Secondo Clint c'è un sottotesto di divertimento stupido nella serie di Monkey Island che dev'essere abbracciato da chi ci lavori: fa l'esempio del puzzle sul tema di LeChuck in Return, dove lui, Michael, Peter e Jared Emerson-Johnson hanno fornito i propri vocalizzi ai teschi canterini. Al di là di questo, l'esagerazione è una chiave per musicare i personaggi della saga, spesso stereotipi di qualcosa: Bajakian fa ascoltare la sua "Customs Ship", che prende in giro la grandeur del giudice Plank durante il controllo doganale in mare.
- Return naturalmente non usa più l'iMUSE ma l'engine esterno FMOD, che permette la stessa gestione dell'audio interattiva. Jared si è occupato di programmarla nel gioco, ma per quanto riguarda la composizione Clint spiega come si siano regolati: assegnavano ogni macroarea a uno di loro tre. Il compositore le dava una caratterizzazione musicale e un brano fondante: tutti i sottobrani delle varie location ("depictions") erano della stessa identica lunghezza del brano principale per consentire di sfumare uno nell'altro agevolmente, e nascevano come variazioni su questo tema, musicalmente compatibili tra loro.
- Peter si è occupato della produzione: le tre ore di musica sono state per la maggior parte registrate live a Nashville, con sfide logistiche causate dal Covid (lui, Michael e Clint non si sono mai incontrati di persona durante la lavorazione!), ma anche creative. Come accade spesso con le avventure grafiche, le richieste musicali si sono via via espanse, con sempre più dettagli da sottolineare narrativamente. Peter mostra i diagrammi che hanno preparato per ciascuna isola, poi un elenco degli strumenti musicali utilizzati (timecode 15:10, per chi se ne intende davvero ed è curioso). Era importante che lui, Clint e Michael componessero con in mente gli stessi strumenti, per rendere più solida l'omogeneità musicale del gioco.
- Secondo Clint, alcuni strumenti trasmettono a prescindere una sensazione: il clavicembalo per esempio proietta chi ascolta automaticamente nel Seicento-Settecento, mentre gli ottoni sono ideali per le sottolineature drammatiche. I legni tendono ad avere il sopravvento sugli altri strumenti, e bisogna tenerne conto.
- Peter spiega che le musiche di Return sono state composte costruendo sui temi di Michael, arricchiti da contaminazioni esterne. Nel suo caso, ha scelto citazioni di canti marinareschi, canzoni popolari e musica classica. Nei suoi brani si ascoltano citazioni o riarrangiamenti di cose come "Hullabaloo Belay" (riconoscete il "Guybrush's Floating Theme"?). Per il Municipio di Brrr Muda ha attinto al canto popolare norvegese Per Spellmann. Per Stan su Brrr Muda si cita Go Tell Aunt Rhody, ma perché? Perché la canzone popolare parla di una "vecchia oca grigia morta": in Monkey 2 Stan vendeva bare, e da allora quest'associazione con lo humor nero è rimasta nel tessuto musicale del personaggio. Quando Guybrush visita il giudice, scatta il Dies Irae. Nel palazzo della regina, sin da quando si sale, ci sono citazioni esplicite di Carl Stalling, il compositore dei Looney Tunes che rivisitò il Tannhäuser di Wagner in chiave comica (per il corto "What's Opera Doc?" di Chuck Jones, con Bugs Bunny e Taddeo).
- Wagner aveva inoltre definito il concetto di "leitmotif", un tema ricorrente che racchiude il senso ultimo di quello che si vuole trasmettere: Peter e Michael hanno deciso che per Return il leitmotif sarebbe stato costituito da cinque note (per le cinque chiavi che ossessionano Guybrush): la sequenza è mi-si-sol-fa diesis-la diesis. Il suo trionfo è su Terror Island (anche al contrario), e domina in chiave apocalittica sul finale sottoterra. Giustapporre la serietà ai momenti ironici potenzia l'umorismo.
- Clint a questo punto si lancia in una spiegazione molto specifica di come funzioni il suddetto sistema delle "depiction" su una struttura armonica comune, partendo dalle sue composizioni per l'Atto 2 sulla LeShip (7 brani che combinano il tema di LeChuck, il tema del cimitero di Monkey 2 - le prime otto battute di entrambi sono compatibili tra loro - più un pezzo originale). Alzo le mani: la mia ignoranza tecnica della musica non mi consente né di capire appieno il discorso né di riassumervelo efficacemente. Chi di voi però ne abbia le capacità, può ascoltare con attenzione il timecode 27:30-41:20 della conferenza. Bajakian si dice generalmente soddisfatto di come ha gestito quell'equilibrio tra tema e varianti, anche se a volte ammette che si sarebbe potuto spingere oltre con quest'ultime.
- Land ha strutturato i 48 minuti di musiche per Melee in 22 variazioni sul vecchio tema della mappa da Monkey 1: 16 battute, la maggior parte in chiave di do. Il primo passaggio per arrivare alla nuova versione è stato liberarsi del la bemolle, per rinforzare l'effetto del si bemolle (spero di aver tradotto e interpretato correttamente!!!). Com'è cambiato il suo modo di comporre i loop in trent'anni? Ha imparato per esempio che è meglio usare un numero di note non sempre uguale per ogni battuta: la varietà che se ne ottiene è più compatibile con la ripetizione, pesa meno. Per questa sezione della conferenza, vale lo stesso discorso fatto per quella di Clint: andate oltre i miei incompetenti riassunti, se siete musicisti, e ascoltate la spiegazione direttamente (fino al timecode 52:00).
- Non c'è stata spesso una netta separazione tra il lavoro di composizione e quello di orchestrazione, gli strumenti nodali per le singole composizioni erano già decisi dagli autori delle stesse.
- I brani erano consegnati completi, con le tracce degli strumenti già mixate e non separate, se non per poche eccezioni, specialmente da parte di Peter (gli strumenti che commentano le apparizioni di Stan in effetti sono giustapposti al brano sottostante, a sua volta asciugato di qualche voce quando la sovrapposizione avviene).
- Con il passaggio dal MIDI degli anni Novanta alle registrazioni dal vivo, si è perso il controllo più raffinato delle transizioni stile iMUSE? Per Michael sicuramente: una dissolvenza tra un brano e l'altro per lui non suona mai come l'inserimento pulito di una nota in tempo reale, proprio mentre un sintetizzatore esegue il pezzo (è una delle ragioni per cui Peter ha sentito il bisogno di articolare alcune sue tracce in più voci, per mitigare il problema). Peter comunque ridimensiona la perdita: un essere umano che suona dal vivo è una conquista, e compensa ampiamente l'assenza del controllo minuzioso sull'esecuzione. Clint immagina anche un approccio che sappia bilanciare strumentazione dal vivo e suoni sintetizzati per un matrimonio tra le due visioni.
Indiana Jones e il Quadrante del Destino in avvicinamento!
Sì, lo so, non bisogna farsi illusioni, ché poi si soffre. Però si vive pure una volta sola, quindi chi.se.ne.frega. Non sono rimasto proprio entusiasta del poster di Indiana Jones e il Quadrante del Destino (più che altro mi disturba il vuoto in alto a sinistra nella composizione), però il nuovo trailer per me tocca tutte le corde giuste. Ero rimasto affascinato nel precedente teaser dall'idea di vedere Indy accostato alla modernità, in chiave meno simbolica-apocalittica dell'atomica nel Teschio di cristallo. Continuo a ricevere soddisfazioni dal regista James Mangold, che azzarda un trailer di un Indiana Jones partendo addirittura da Sympathy for the Devil dei Rolling Stones. Spiazza. Spiazza bene. Il 28 giugno al cinema, per l'ultima volta con Harrison.
Calendario immediato
Non sono sicuro che questi titoli interessino a tutti come a me, ma attendo con molta curiosità l'uscita di alcune avventure narrative che tratterò qui su Lucasdelirium, perché sono tutte legate alla vecchia Telltale, in modi diversi. Ne ho scritto in passati aggiornamenti, ma ora abbiamo date d'uscita precise. Ricapitolando:
- Il 23 maggio i Dramatic Labs di Kevin Bruner esordiranno ufficialmente con Star Trek: Resurgence, per le Xbox, PS4/5 e Windows, per ora solo attraverso l'Epic Games Store (l'Epic è partner del progetto, che gira con l'Unreal Engine). Permane una certa perplessità su un aspetto grafico un po' scarno, tuttavia il mondo di Star Trek si adatta benissimo alle "scelte terribili" di derivazione Telltale, dei quali Bruner fu confondatore e dai quali provengono gli autori. In attesa dello Star Wars Eclipse della Quantic Dream, più direttamente vicino al nostro mondo, ci terremo occupati con la saga spaziale rivale (che pur vanta fan vip come Ron Gilbert!). Si tratta di una storia unica, non episodica.
- Dopo diversi slittamenti, il Night School Studio (da qualche tempo acquisito da Netflix) ha collocato l'uscita di Oxenfree II: Lost Signals il 12 luglio, per Windows, PS4/5 e Switch (curiosamente non per Xbox, forse il porting arriverà dopo). Il primo Oxenfree a inizio 2016 si guadagnò l'attenzione mia e di molti altri, e nel frattempo ulteriori ex-Telltale sono confluiti nel piccolo studio. Dopo il debole Afterparty (2019) bisogna rialzarsi. Mi è sempre piaciuto il loro taglio con visuale laterale, non-cinematografico.
- Dovrebbe essere quasi contemporanea ("estate") la pubblicazione del primo episodio di The Expanse, tratto dall'omonimo universo creato da Daniel James Abraham e Ty Corey Franck, per i loro romanzi e per l'omonima (ricchissima) serie tv. Per me è la proposta che promette di più: da un lato segna il ritorno del marchio Telltale come publisher (sotto nuovi proprietari), dall'altro l'avventura narrativa è realizzata dai Deck Nine, dei quali ho molto apprezzato di recente Life Is Strange: True Colors. Gli episodi saranno già pronti alla pubblicazione del primo, l'uscita a puntate ravvicinate (si vocifera un paio di settimane) ha il solo motivo di mantenere alta l'attenzione sul titolo per più tempo, riscaldando la community. Piattaforme previste: Xbox Series S/X, Playstation 5 e Windows (anche qui tramite Epic Games Store, sempre per ragioni di partnership).
In chiusura, sono consapevole che anche Bill Tiller si è lasciato andare a una chiacchiera monumentale di 3h 45m (!!!) con il canale Conversations With Curtis, ma non ho avuto ancora tempo di affrontarla. Ho cercato però nei sottotitoli la parte relativa al seguito di A Vampyre Story, perché mi sembrava più urgente. Bill dice di avere completato i fondali di un demo di A Vampyre Story 2, ora altri grafici stanno lavorando sulle animazioni, realizzate con un sistema simile a quello dei Telltale: esistono animazioni generiche per diverse parti del corpo, combinabili insieme per far recitare i personaggi tramite uno script. Sta anche semplificando l'interfaccia, per registrare meno dialoghi e velocizzare l'interazione, riducendo la quantità smodata di hotspot che c'erano nel primo gioco. Speriamo che il demo, una volta completato, convinca qualche editore/finanziatore!
Ciao,
Dom
31-3-2023
E anche Lucasdelirium entra nella stagione del glicine, in un aggiornamento / risveglio dei sensi che comprende un'altra scheda nuova di zecca, due approfondimenti in zona emulazione, nonché il ritratto di una delle menti più geniali che abbiano fatto capolino nel mondo LucasArts! Cominciamo immantinente!
20 anni di Indiana Jones e la tomba dell'imperatore
Chi ha un'ottima memoria ricorderà che per meno di un anno, tra il 2003 e il 2004, qui su Lucasdelirium ci fu la scheda dell'action-adventure Indiana Jones e la tomba dell'imperatore, realizzato dai The Collective (poi Double Helix) per conto della LucasArts. Dopo la cancellazione di Sam & Max Freelance Police nel marzo 2004, mi offesi così tanto con la Lucas da impuntarmi sulle avventure grafiche e boicottare tutto il resto. Vent'anni fanno miracoli nel creare un equilibrio mentale meno infantile e più storiografico, ma non avevo nemmeno voglia di recuperare quella vecchia scheda, scritta da un altro me stesso. Nell'ultimo mese, pensando anche all'imminente film Indiana Jones e il quadrante del destino (in sala dal 28 giugno), ho rigiocato la Tomba dell'imperatore e ho creato una scheda nuova di zecca, da zero. Non sarà il mio amato Indiana Jones e la Macchina Infernale, e l'assenza della visione autoriale di Hal Barwood la patisco tantissimo, ma in molti trovano divertente questo titolo... e capisco il loro punto di vista. E se si parlasse solo delle sue musiche, meriterebbe un applauso a scena aperta.
Noi fan di Indiana Jones, a differenza di quelli di Star Wars, dobbiamo crearci le nostre ricorrenze: film a parte, sembra che la serie di Indy per Disney+ sia stata stroncata sul nascere. Solo l'insistenza del frustrato scrittore Rob McGregor ha per esempio fatto affiorare online il suo adattamento di Indiana Jones e il Bastone dei Re del 2009, un gioco semicancellato che vide la luce solo nelle sue edizioni "minori".
E se vi state domandando che fine abbia fatto il misterioso gioco di Indiana Jones in lavorazione presso i Machine Games per conto della Bethesda, su licenza Lucasfilm Games, è dal suo annuncio nel gennaio 2021 con un teaser che non se ne sa nulla di concreto. A dicembre però Todd Howard ha giurato che non solo è ancora in lavorazione a porte chiuse, ma che stanno puntando a un'esperienza che non si può ascrivere a un solo genere. Adoro questo tipo di approccio e mi fa tanto piacere, mi fa sperare che abbiano capito il sottile equilibrio della serie, sono un tipo ottimista... però sarebbe bello sentir battere un colpo più netto, con qualcosa da vedere.
Continuiamo a parlare di Return to Monkey Island
Okay, in realtà questa la sa già chi mi segue su Facebook o Twitter, ma Calavera Cafè ha pubblicato su YouTube la seconda parte della nostra videoanalisi di Return to Monkey Island, registrata "in coalizione" con Cristiano "Gnupick" Caliendo e Gianluca (sig.) Santilio. So che questo approfondimento è stato gradito, e in particolare mi è piaciuto leggere che sia risultato interessante anche a chi NON ha gradito il gioco: perfetto così, non è una recensione. Non lo trovate liberatorio? Il bello è anzi forse che le stesse cose che abbiamo apprezzato noi possono essere lette in chiave negativa. È questo il senso di un'analisi, anche se la parola può suonare presuntuosa: sforzarsi di dare gli strumenti per capire qualcosa, e per decidere su quelle basi se cambiare idea oppure rimanere a maggior ragione dello stesso avviso! Registrammo tre puntate, ce n'è ancora una in cantiere, per completare il discorso.
Il sapore dei monitor CRT: umili consigli di sopravvivenza
Vent'anni fa, quando Lucasdelirium era aperto da poco, dedicai un articolo al "Dilemma della visualizzazione", cioè all'abisso tra la resa dell'ormai cosiddetta "pixel art" sui vecchi monitor CRT e sugli attuali schermi (LCD poi LED). Una decina d'anni or sono l'aggiornai, anche se andrebbe rivisto periodicamente e nel frattempo è inevitabilmente invecchiato ancora. Un preambolo per spiegarvi che rifletto sulla questione da una vita, e un recente evento mi spinge adesso a tornare sull'argomento.
La nuova versione 2.7.0 da poco pubblicata di ScummVM si apre al supporto degli shader che sotto OpenGL simulano i tubi catodici CRT, a grande richiesta. Se la prospettiva è allettante per i nostalgici, esiste il rischio di tuffarsi in un vortice che insegue all'infinito l'immagine che fu, senza abbracciarla davvero mai. Potrei dirvi quali shader uso io per quell'effetto nei vari emulatori, ma la verità è che ognuno ha i suoi ricordi (spesso falsati) e le sue preferenze. Penso sia il momento adatto per azzardare consigli retti dal contesto storico: magari possono servirvi come bussola generale. Non mi concentro specificamente su ScummVM, perché non ho avuto tempo di testare a fondo il funzionamento dei suoi shader.
- Prendete in considerazione l'idea di farne a meno. Non vi sto prendendo in giro. Rispetto a trent'anni fa, passiamo molto più tempo a guardare monitor, siano PC o smartphone: i nostri occhi si meritano la nitidezza cristallina dei LED attuali, ne hanno un bisogno disperato. Per me la cosa più importante è invece il rispetto delle proporzioni originali dell'immagine: è ormai diffuso il moderno ridimensionamento pixel-perfect, una vera conquista, che combinato alla vecchia correzione dell'aspect ratio (non sempre sufficiente da sola) restituisce appieno il 4:3 corretto di quei giochi, avendo la meglio dei più ostici pixel rettangolari. Il prezzo da pagare può essere una certa vignettatura nera a tutto schermo, a seconda della risoluzione di partenza del gioco e del vostro monitor, ma è un prezzo che almeno io pago volentieri per la fedeltà.
Specialmente nel caso dei titoli dai 640x480 in su, il banale filtering bilineare è poi più che sufficiente a evitare l'eccesso di fredda nitidezza, e non fa rimpiangere troppo i CRT. Parere tutto mio, s'intende. Non siete convinti? Eh, vi capisco, anche a me a volte non piace accontentarmi. Seguitemi all'inferno!
- Se il vostro scopo è ottenere l'immagine dei monitor CRT VGA, per giochi in 320x200 a 256 colori (l'epoca storica dei primi anni Novanta), tenete presente che le linee di scansione NON SI VEDEVANO!!! Il 320x200 infatti sulla VGA connessa a un monitor veniva visualizzato in double scan, in altre parole la risoluzione verticale era nei fatti di 400 pixel (ogni linea era mostrata due volte), per giunta compatti, mostrati a scansione progressiva e non interlacciata.
Quello che vi serve è "solo" uno shader che simuli nel modo a voi più gradito possibile due cose fondamentali: 1) I "punti di fosforo", cioè quelle piccole unità che NON corrispondono ai pixel e che sui vecchi monitor e TV componevano l'immagine, tramite l'incontro dei raggi catodici con il fosforo dello schermo; 2) Una delle varie maschere ("rgb masks") nel tubo catodico, atte a filtrare i raggi per distriburli a ognuno di tali "puntini". Questa è l'essenza dell'immagine CRT, la sua natura. Lasciate perdere per la VGA l'inseguimento delle linee di scan e altri effetti extra: certo, ci furono alcuni PC che presentavano anche con la VGA un'uscita opzionale analogica per le TV e quel tipo di segnale PAL/NTSC, ma erano pochissimi e i risultati erano scadenti, e in ogni caso era una circostanza davvero rarissima.
- Se invece volete visualizzare in stile CRT le risoluzioni 320x200 o giù/su di lì per giochi PC EGA o CGA, Amiga, Atari ST o C64, allora potrebbe avere senso usare gli shader più violenti e più pesanti per le schede video, cioè quelli che includono anche la simulazione delle linee di scansione, la curvatura degli schermi, i riflessi, i bagliori esagerati, i disturbi PAL/NTSC, la persistenza dei fosfori, gli schizzi di Coca Cola volata sullo schermo dopo un sorpasso a Lotus Esprit Turbo Challenge (scherzo)... e via discorrendo. Si rischia tuttavia uno sforzo visivo non indifferente, siete avvisati. Ricordate che usavamo quelle macchine più antiche con schermi 4:3 piccoli sui 14", oppure con televisori grandi ma a notevole distanza, per esempio in salotto o in soggiorno: una distanza almeno doppia rispetto a quella che manteniamo oggi seduti a una scrivania. Qualsiasi shader "estremo" scegliate, ricreate la stessa situazione allontanandovi dal monitor o riducendo le dimensioni della finestra di gioco!!! Non guardate a meno di un metro un'immagine in stile monitor EGA antico ingigantita a 20" e più! Fa schifo, danneggia la vista ed è pure un falso storico!
- Mettetevi l'animo in pace: la resa di ogni CRT shader dipende dalla risoluzione di partenza del gioco, dalla risoluzione del vostro sistema reale, dalla grandezza del vostro monitor e dalla modalità di funzionamento dell'emulatore che usate. Uno shader che funziona bene su un monitor 1440p o 4K potrebbe dare problemi sul 1080p, e viceversa. Una combinazione ottimale per un gioco in 320x200 potrebbe rivelarsi inadatta a un altro in SVGA a 640x480 o 800x600. Lo stesso shader su ScummVM, Retroarch o DOSBox può dare risultati diversi in ciascuno dei tre! Sappiate che non troverete mai un unico shader che faccia al caso vostro in ogni situazione. I mezzi per ottenere l'esperienza ci sono tutti, ma sperare di saperli usare in un paio di click è utopia, l'idea che esista uno shader universale è illusione: per darvi un'idea, guardate questa monumentale eccellente guida, che dice in modo molto più approfondito alcune cose che vi ho già scritto, ma va molto oltre. Ebbene, quel trattato chilometrico copre SOLO l'emulazione del monitor Commodore 1084s connesso a un Amiga!!! Non ho altro da aggiungere.
Il DREAMM raggiunge la v.2.0
L'anno scorso vi avevo già parlato del DREAMM creato dall'ex-programmatore lucasiano Aaron Giles, che per ben sei anni è stato peraltro responsabile dell'emulatore di arcade MAME. Anche DREAMM è un emulatore, inizialmente finalizzato ad avviare le versioni PC di tutte le avventure LucasArts scritte in SCUMM, ma ora con la sua neonata versione 2.0 si allarga ai titoli 3D come Grim Fandango e Fuga da Monkey Island, e persino a non-avventure: Star Wars X-Wing, Star Wars Tie Fighter, Star Wars Rebel Assault 1 & 2, Star Wars Dark Forces e Afterlife.
Aaron è stato così gentile da accreditarmi tra i ringraziamenti della versione 2.0, anche se per ora non ha potuto accontentarmi: gli ho passato per testing le iso delle versioni italiane CTO di Grim e Fuga, che purtroppo DREAMM ancora non supporta, per colpa di un DRM extra molto cattivo sui dischi. Aaron non l'ha ancora preso di petto, mi ha detto che lo farà in una versione successiva del programma, ma nel frattempo vi comunico che DREAMM è già un'ottima maniera per far girare senza problemi di compatibilità sulle macchine moderne la versione italiana su GOG di Monkey Island 4! Direi non male, visto che la sua implementazione in ScummVM non procede spedita.
Ad ogni modo, è arrivato il momento di far posto su Lucasdelirium a questo simpatico "terzo incomodo" tra ScummVM e DOSBox: in ogni scheda del sito relativa ai giochi supportati, nella sezione "Consigli tecnici", troverete adesso anche DREAMM, con un'eventuale breve considerazione finale sulle versioni di quello specifico titolo che è in grado di avviare.
Graham Annable, dalla LucasArts a Puzzle Agent, passando per la stop-motion
Graham Annable è uno dei miei miti personali, e so che anche qualcuno di voi lo ammira, per Puzzle Agent e Puzzle Agent 2. Al di là della sua carriera di grafico alla LucasArts e nel primo nucleo dei Telltale, Annable ha creato l'universo di Grickle (The Book of Grickle è uno dei miei libri a fumetti preferiti: amaro, surreale, geniale) ed è un artista di storyboard cinematografici ai massimi livelli, per la Laika: Coraline e la porta magica, Paranorman, Kubo e la spada magica, Mr. Link. Per loro ha anche codiretto un film in stop-motion, Boxtrolls, e continua a realizzare da solo cortometraggi incredibili. Incidentalmente, è il marito di Malena Annable, producer storica della Double Fine. L'ormai mitico canale Conversation With Curtis lo ha intervistato e non posso esimermi dal riassumere quello che ha avuto da dire.
- Qual è stata la sua formazione? Ha frequentato lo Sheridan College nell'Ontario: dopo tre anni cominciò a lavorare al Phoenix Animation Studio su una serie tv. In realtà pensava di iscriversi a una facoltà di scienze, e d'altra parte in Canada, nella cittadina in cui era cresciuto, "o lavoravi nel campo dell'acciaio o giocavi a hockey", non era nemmeno sicuro che l'arte potesse essere un lavoro. Realizzò presto però che tutti i suoi libri, anche quelli di scienze che pure lo appassionavano, erano pieni di suoi disegni, gli era sempre venuto naturale disegnare sin da piccolo, amava soprattutto i Peanuts. Perché si è specializzato nell'animazione? Amava il cinema, amava disegnare, 1+1=2...
- Il primo importante impegno cinematografico fu per In viaggio con Pippo: il Phoenix Animation Studio doveva occuparsi dell'intercalatura (cioè dei disegni aggiuntivi intermedi per la fluidità dell'animazione) e del clean-up delle animazioni realizzate in Francia. Un'esperienza formativa per la difficoltà della missione: "Non puoi bluffare con Pippo, tutti sanno com'è disegnato Pippo!"
- In questo periodo visse un momento che solo a posteriori ha giudicato epocale, perché era troppo giovane per capirne la portata: fu selezionato per realizzare insieme ad altri colleghi lo storyboard di un cortometraggio inedito con Daffy Duck e Porky Pig, diretto da Chuck Jones in persona! Il corto non fu mai realizzato, ma lì capì comunque quanto amasse il settore che si era scelto.
- Poco dopo questi eventi, un "amico di un amico" gli fece sapere che alla LucasArts cercavano animatori capaci: era difficile trovarne in quella zona della California, perché gli artisti non volevano lasciare Los Angeles, mentre per dei Canadesi poteva essere un'occasione per cambiare vita. Lo fece. Arrivò alla LucasArts nel 1994, sul finire della produzione di Full Throttle: il più era stato fatto, ma gli affidarono delle animazioni particolari e ostiche, come la vite che si allenta e fa saltare la ruota di Ben, o il fertilizzante che si rovescia sulla strada.
- Il The Dig finalmente pubblicato fu però il suo primo vero impegno lucasiano: ricorda che animò tutte le scene della "tartaruga spaziale" (che fa una brutta fine) e alcune delle sequenze, come quella in cui nell'intro un giornalista si alza in silhouette e pone una domanda agli astronauti in partenza. Amava le cutscene, perché era il momento in cui potevano animare a mano libera e scannerizzare i disegni, mentre le animazioni in-game erano realizzate alla vecchia maniera col mouse, direttamente nei programmi di grafica (con la formazione che aveva avuto, non gli veniva molto naturale).
- The Curse of Monkey Island, da lui e dai colleghi abituati all'animazione tradizionale, fu vissuto come una liberazione, perché a quel punto il processo era tutto gestito tramite scannerizzazione di disegni a mano, sprite inclusi. Come plus, alla LucasArts pochi si rendevano conto che quella tecnica necessita di una pianificazione accurata dei costi: quando capirono che il management non ne aveva idea, ne approfittarono per animare alcune sequenze come se stessero realizzando un vero cartoon per il cinema, non lesinando sulla quantità di disegni e la massima fludità!
- Quando ci fu la transizione al 3D, meditò seriamente di tornare alle sue mire iniziali, quelle di lavorare nell'animazione a Vancouver. La LucasArts però capiva lo spaesamento degli artisti come lui, e fece di tutto per aiutarli a imparare software come Autocad, LightWave e qualsiasi altro programma ritenessero interessante. Alla fine capì che anche animare in 3D gli piaceva, però il passaggio contribuì a fargli venire la voglia, per compensazione, di avviare seriamente una carriera parallela di fumettista (non voleva perdere quella sua anima).
- Fece di tutto per evitare di lavorare su giochi di Star Wars (non che odiasse quel mondo, però era un'atmosfera saturante nel contesto della LucasArts), così diede una mano per Outlaws e Afterlife, e rimpiange di non aver capito in tempo quanto fosse promettente Grim Fandango, altrimenti avrebbe insistito per entrare in squadra.
- La vicenda di Sam & Max Freelance Police, la cui cancellazione segnò nel marzo 2004 la fine della LucasArts come sviluppatore di avventure, è per lui davvero dolceamara. Fu scelto come capo-animatore, e lo considera il progetto migliore al quale abbia mai lavorato lì, per la concordia del team, per i risultati, per il divertimento. Fu chiaro dall'inizio che rischiasse di essere segato, in sé non sarebbe stata una sorpresa vista la crescente insofferenza del management per quei giochi costosi ma meno remunerativi di Star Wars. Furono le tempistiche della tragedia a fare malissimo: a suo parere erano arrivati all'85% del completamento, a ogni milestone i boss si dimostravano ammirati per come stava venendo, avevano davvero quasi tagliato il traguardo e pensavano di "averla fatta franca". Quando però il management cambiò del tutto, bastò un'umiliante riunione di cinque minuti per spazzar via il lavoro di almeno due anni: ricorda la difficoltà di concepire l'idea che nessuno avrebbe mai visto quello che avevano realizzato.
- La struttura episodica del cancellato Sam & Max Freelance Police ricordava l'approccio poi dei Telltale con la Sam & Max Season One (2006-2007), realizzata effettivamente da una buona parte dello stesso team. Secondo Annable aveva però due funzioni filosoficamente diverse: per Mike Stemmle alla Lucas l'episodico serviva per rendere più "pulp" e compatta la narrazione, mentre per i Telltale era proprio una scelta commerciale, dettata anche dalla volontà di implementare in corso d'opera il feedback dei giocatori. Di certo comunque, nonostante abbia poi lasciato i Telltale prima di vedere completata la stagione di Sam & Max, una differenza sostanziale per lui era la presenza creativamente più importante di Steve Purcell nel progetto Telltale: essendo una compagnia indie, ascoltare il suo parere esterno su ogni cosa era un gesto naturale, che non doveva passare per le forche caudine del legalese di una major come la LucasArts (anche se Stemmle, per come la vede lui, capiva benissimo Sam & Max ed era in grado di render loro giustizia perfettamente).
- L'ultimo anno alla Lucas, tra il 2004 e il 2005, non riuscì a evitare di essere piazzato su un titolo di Star Wars: era Star Wars Episode III - Revenge of the Sith, il tie-in del film. Posizione delicata, perché era responsabile delle animazioni, ma erano tutte di stampo serio (registro che non era molto nelle sue corde) e soprattuto bisognava coordinarsi con i Collective, studio esterno coautore del gioco, evitando che il lavoro alla Lucas pestasse i piedi al loro, e viceversa. "Una roba politica".
- Quando seguì i colleghi alla Telltale, nonostante fosse nominalmente un "direttore artistico", nel contesto indie di fatto si occupò di mille cose, non ultimi i contatti stessi per la licenza del Bone di Jeff Smith, per la produzione di Bone: Out From Boneville e Bone: the Great Cow Race. Smith era un fan dei suoi fumetti, così trovare un accordo fu velocissimo. Purtroppo non rimase molto alla Telltale, perché captò un'offerta che non riuscì a rifiutare: la possibilità di creare lo storyboard di Coraline e la porta magica per Henry Selick. Ringrazia ancora Kevin Bruner e Dan Connors, i fondatori dei Telltale, per aver capito che in cuor suo il cinema non era stato mai dimenticato ed era giunto il momento di rientrarvi.
- Come nacque Puzzle Agent? Alla Laika, Henry Selick chiese agli artisti dello storyboard di montare e realizzare da sé i propri animatic, cioè il montaggio dei loro disegni per la pianificazione delle scene. Graham imparò a usare semplicemente l'iMovie del Mac, e capì che avrebbe potuto creare dei corti da solo in poco tempo. YouTube stava esplodendo e cominciò a piazzarli direttamente lì, senza passare per la trafila dei festival. Guadagnarono una popolarità inaspettata e i vecchi amici della Telltale tornarono alla carica: sin dai tempi di Dank il cavernicolo sulle prime versioni del sito Telltale, si era pensato di creare un gioco sul suo stile. Graham vide sua moglie giocare al Professor Layton sul DS ed ebbe l'idea di costruire su quella struttura semplice e diretta un mix molto libero dei fratelli Coen e di David Lynch, con un pizzico del noir alla Dashiell Hammett. Mise su un breve corto di presentazione e si partì.
- Lavorò sulle animazioni del primo Puzzle Agent praticamente di notte, lontano dal suo lavoro alla Laika, consultandosi costantemente col team alla Telltale per i contenuti. È molto contento del risultato. Sembra un po' meno affezionato al secondo atto: fu realizzato ancora più in fretta, infilato tra un progetto e l'altro di una Telltale in crescita continua, e aveva il fardello di dover concludere una storia che era diventata sempre più complessa.
- Il film Boxtrolls, la sua unica regia cinematografica, ha dato a lui e al coregista Tony Stacchi un sacco di soddisfazioni, non ultima la nomination all'Oscar. È stato surreale trovarsi invitati a tutti i rituali dell'Academy, a due passi da gente come Tom Cruise, Clint Eastwood, Jodie Foster, gente che ti sembra di conoscere da una vita solo perché in realtà li hai visti nei film. Poi però realizzi che in teoria potresti fare davvero conversazione, e lui ammette di aver colto l'occasione per due chiacchiere con Robert Duvall! Ma chi lavora dell'animazione, spiega Graham, non si sente mai davvero parte di quel mondo glamour, anche se lo sfiora in quelle occasioni.
- Di tutte le forme artistiche che ha vissuto, quale preferisce? Non è tanto una questione di tecniche, quanto di dinamiche. A volte hai voglia di creare qualcosa da solo e cerchi il fumetto, l'autosufficienza. Altre volte sai che qualcosa di grande, come un gioco o un film, può essere frutto solo di una grande e speciale magia di gruppo, e adori farne parte.
- Puzzle Agent 3 è possibile? Teoricamente sì, ha raggiunto un accordo legale tranquillo con la nuova Telltale: lui ha mantenuto l'intera proprietà del marchio, loro dei due giochi realizzati, che possono continuare a vendere. A questo punto sarebbe in teoria libero di cercare qualsiasi altro team per realizzarlo, avrebbe anche dei soggetti pronti per nuove avventure di Nelson. Chi vivrà vedrà.
- Prossimi progetti? A luglio uscirà una sua graphic novel horror antologica, "Eerie Tales From the School of Screams", un'opera di ben 370 pagine che gli è costata cinque anni di lavoro e vanta una raccomandazione di Guillermo del Toro (eh sì, Graham ha lavorato anche sullo storyboard del Pinocchio che ha vinto la statuetta poche settimane fa!).
Terrible Toybox: movimenti di Ron Gilbert e Jennifer Sandercock
Cosa dobbiamo pensare del gdr con visuale alla Zelda (16 bit) che Ron Gilbert sta programmando da solo, condividendo su Mastodon i suoi progressi? È una cosa "seria"? Considerando che ha risposto a un fan di pensare a un completamento entro la fine del 2023, lo reputo un divertissement molto leggero, al momento peraltro costruito con una grafica di asset preconfezionati. Ron ha scritto di recente di avere anche chiesto a ChatGPT di proporgli idee per una nuova avventura grafica, trovando stimolanti le risposte (con le pinze), e questo ancora di più spinge a credere che il gdr non sia un importante nuovo capitolo della sua Terrible Toybox, ma soltanto una parentesi per svagarsi e programmare. Ricordo che anni fa, prima di Return to Monkey Island, Gilbert fantasticava su un gdr che si potesse finire scegliendo di non combattere mai: "Diventerebbe un'avventura grafica?" - era la sua domanda di allora. Potrebbe essere questo l'esperimento in cantiere.
Di certo il progetto è così piccolo che non ha bisogno di una producer capace come Jennifer Sandercock, che alla GDC ha presentato le sue strategie produttive per Return e su Twitter ha confermato che è in cerca di lavoro. Mi sembrerebbe strano che, se fosse in cantiere qualcosa di grosso, Ron rinunciasse a membri del team ormai fondamentali (Jennifer fu pure coproducer nonché coprogrammatrice e codialoghista di Thimbleweed Park).
Sembra che alla GDC anche il nostro amato terzetto di compositori, Michael Land-Peter McConnell-Clint Bajakian, abbia tenuto un panel sulla rivisitazione delle musiche monkeyislandiane per Return. Per ora non ci sono tuttavie testimonianze multimediali di questa conferenza.
Tim Schafer: un altro premio alla carriera e le belle parole di Dave Grossman
Tim Schafer deve avere ormai una nutrita collezione di premi alla carriera: nell'ultimo mese è stato inserito nella Hall of Fame dell'Academy of Interactive Arts and Science (e in quale compagnia!), avendo ricevuto un DICE Special Award. Tim ha parlato di presente e futuro con IGN (non c'è bisogno di tradurre, l'articolo è stato pubblicato in italiano da IGN Italia). Nel comunicato mi hanno colpito le parole affettuose di Greg Rice, ex suo vice alla Double Fine, e soprattutto di Dave Grossman, che condivise con lui il debutto di Day of the Tentacle, nonché l'apprendistato sui primi due Monkey Island. Estrapolo e traduco volentieri.
GREG: "Con la Double Fine, l'etichetta Double Fine Presents e la Day of the Devs, ha allontanato l'attenzione da se stesso e ha contribuito a costruire, coltivare e sostenere creatori incredibili, sia nello studio, sia nella più ampia comunità di sviluppatori".
DAVE: "L'umorismo e l'irriverenza nella scrittura e nel design di Tim erano chiari già nei primi giochi che facemmo alla LucasArts, e hanno continuato a impreziosire il suo lavoro nei decenni, a prescindere dall'argomento. È più di una scelta stilistica, è proprio un modo di vedere il mondo. Alimenta i suoi giochi, ma lo vedi anche nel modo in cui gestisce il suo studio e ha costruito la sua carriera. [...] Voglio dire, chiunque sopravviva più di trent'anni come game designer professionale forse merita di essere in una Hall of Fame. Ma Tim non fa solo buoni giochi, fa buoni giochi che sono diversi dai buoni giochi altrui. Innova, esplora. Mentre altri sviluppatori cercano di migliorare a poco a poco successi consolidati, la Double Fine passa due settimane all'anno in una game jam per scovare nuovi tipi di divertimento."
Anche Zak McKracken riceve il trattamento Limited Run Games
Com'era prevedibile, anche Zak McKracken and the Alien Mindbenders, nell'anno che lo vedrà celebrare in autunno i suoi primi 35 anni, riceverà la sua edizione da collezione di Limited Run Games, ordinabile fino al 23 aprile. Non aggiungo altro a quello che ho già detto nei mesi scorsi su queste iniziative. Vi faccio comunque notare che in questo caso si ripropone, più o meno fedelmente nei gadget, una delle migliori scatole mai ideate all'epoca per un'avventura grafica: il finto quotidiano National Inquisitor illustrato da Steve Purcell rimane irresistibile e surreale.
A proposito di Limited Run Games, qualcuno ha avvistato sull'Amazon americano le edizioni in semplici case delle versioni console di Return to Monkey Island. Sono vendute direttamente da LRG, che non ha una filiale europea (e lo sappiamo bene, viste le spese di dogana che toccano ai collezionisti nostrani!): per questa ragione non credo saranno disponibili da noi, ma è solo una sensazione.
Fine di questo primo aggiornamento di primavera! In chiusura vi segnalo al volo il bel trailer di Star Wars Jedi: Survivor. Ho letto diversi pareri positivi sul precedente capitolo della saga dedicata alla sopravvivenza di Cal Kestis, dopo che l'Ordine 66 ha reso assai ardua la vita dei cavalieri Jedi. Come Star Wars Jedi: Fallen Order, anche questo action-adventure, in uscita il 28 aprile, è stato realizzato da Respawn Entertainment per l'Electronic Arts.
Alla prossima,
Dom
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