Sia chiaro, so come rischiano di andare queste cose: scrivo queste impressioni per completezza, non per gridare alla truffa. Per 100 dollari ho avuto il gioco (che all'uscita costava 60 euro, di certo non avrei aspettato saldi!), ho contribuito al mastodontico documentario, nel 2018 ricevetti la statuetta di Raz (che onestamente mi sarebbe pure bastata), ho avuto la colonna sonora e avrò accesso all'art book in PDF (che si prospetta come un vero dietro le quinte, con nuove interviste esclusive). Mi ritengo al 95% soddisfatto e al 5% deluso, però mi viene davvero da pensare che ormai nell'ambiente siano finiti i regali, e che per le scatole più imponenti ci sia davvero da sborsare parecchio. Se fossi un collezionista accanito mi preoccuperei dell'andazzo.
Larry Ahern, trent'anni di umorismo cartoon, tra Day of the Tentacle e The Curse of Monkey Island
Larry ha cominciato a disegnare già a scuola, quando con alcuni amici scarabocchiava parodie dei professori (come l'insegnante di algebra in versione supereroistica!). Al liceo, in occasione di una visita al Washington Post, ebbe la possibilità di conoscere il vignettista ufficiale del quotidiano: questo tipo di lettura della realtà, tramite disegni, era proprio nelle sue corde (tanto che convinse una volta gli insegnanti ad accettare una serie di vignette al posto di un elaborato testuale). All'università partì con un corso scientifico, inibendo la propria propensione all'illustrazione, che pure coltivava. Dopo un paio d'anni capì che non ce la poteva fare e ripiegò sull'Accademia di Belle Arti, comunque concettualmente lontana dalla sua vocazione di cartoonist, ma già più vicina al suo estro creativo visivo. Meditò, una volta laureato, di andare al CalArts, ma nessuno a metà degli Ottanta voleva lavorare per la Disney: prima della Sirenetta, nell'ambiente la si dava come spacciata. Alla fine cominciò a conciliare gli studi con un lavoro di graphic design, focalizzato per il periodo (ancora essenzialmente analogico) su merchandising come tazze e magliette.
In questi anni divenne un grande amico del grafico Anson Jew: furono anche coinquilini, fomentando la propria creatività a vicenda, frequentando la Illustrators' Guild (ora Graphic Artist Guild), un modo per orientarsi nell'ambiente e firmare contratti "senza essere fregati". Lì incontrarono Martin Cameron, già alla Lucasfilm Games: loro due erano in adorazione all'idea di qualcuno che lavorava per George Lucas, però Martin li smorzò, sottolineando come fosse difficile disegnare con i soli 16 colori dell'epoca ("E noi: ma chi se ne frega, questo lavora per la Lucasfilm, ti rendi conto che figata?"). Solo qualche tempo dopo, quando si passò alla VGA e ai 256 colori, alla Lucas furono necessari più artisti per gestire l'aumentata mole di lavoro, così fu proprio Larry a rispondere alla chiamata di Martin per Anson, per un colloquio. Si presentarono tutti e due. Gary Winnick li esaminò, presentando loro The Secret of Monkey Island su un monitor e cercando di spiegare loro quello che cercavano ("Cercava di venderci l'impiego, noi eravamo già in estasi solo per essere entrati nello Skywalker Ranch!"). Il panico subentrò quando Gary iniziò a esaminare i portfolio alla velocità della luce. Loro ci stavano rimanendo male, lui lo intuì e ci tenne a rassicurarli: "Tranquilli, volevo solo essere sicuro che sapeste disegnare. Siete grandi, ci state a fare una prova lunedì?"
Per il primo mese furono fortunati a lavorare ancora allo Skywalker Ranch, prima del trasloco a San Rafael. Con loro nello stesso periodo iniziò Peter Chan, era l'alba di un nuovo mondo: chi aveva una formazione tradizionale, grazie ai 256 colori, non doveva più avere paura dei limiti dei videogiochi. Loro avevano un'esperienza pressocché nulla con i programmi di grafica, ma si adattarono presto: in particolare Larry e Anson avevano sperimentato da soli con l'animazione, ma l'avevano poi scartata per le tempistiche lentissime. Quando fu chiesto loro di creare personaggi e sprite, realizzò quanto lavorare in digitale, e non con l'animazione analogica, fosse enormemente più comodo! Propose come test una caricatura di Jerry Garcia dei Grateful Dead, panza rimbalzante inclusa. Fece subito colpo sui colleghi. Essere assunto alla Lucasfilm Games fu meglio che frequentare un corso prestigioso: alcuni colleghi di grande talento come Steve Purcell e Mark Ferrari divennero per loro dei mentori.
Il suo primo vero progetto fu una delle prime versioni di The Dig, quella di Noah Falstein, ibrido tra RPG e avventura grafica (che però nell'azienda - è la sua sensazione - veniva ritenuto un po' noioso). Fu assegnato a quel titolo, nonostante preferisse il sequel di Monkey Island in lavorazione, per affinità umoristica. In realtà quei sei mesi trascorsi sulla versione cancellata di The Dig furono preziosi per la sua formazione, sotto il capo-grafico Ken Macklin: gli lasciò progettare elementi scenici, parti di città, vegetazione. Ricorda persino che una volta era in difficoltà nel creare un punto di vista diverso sullo stesso ambiente, e Ken lo aiutò a costruire un modellino rudimentale fisico degli edifici, per guardarlo da un'altra prospettiva! Altri tempi davvero, artigianali. C'erano pochi personaggi in The Dig, il che non gli andava molto a genio, ma si esercitò molto sugli ambienti, che tuttavia non era in grado di dipingere realisticamente (si ritiene un artista passabile sui colori pieni, magari per le caricature, ma non va oltre). Ricorda che, per via della componente RPG, servivano stanze semirandom "componibili" a partire da elementi di scenario sfusi (come nel castello di Indy 3 o nella foresta di Melee in Monkey 1), quindi si cimentò anche su quel tipo di asset. Come accadde però al contrario a Bill Tiller, che preferiva la pittura dei fondali alle animazioni, Larry sognava tuttavia di dedicarsi presto al design e alla recitazione dei personaggi.
Aveva lavorato ogni tanto con Dave Grossman, programmatore sul The Dig cancellato, così quando Dave fu ricondotto su Monkey Island 2, si accodò. Ron Gilbert gli fece fare un primo test: anche se Purcell aveva già creato il cane con la chiave in bocca per la galera di Phatt Island, era necessario farlo muovere per completare l'enigma. Era una cosiddetta "special case animation", un'animazione necessaria in una sola situazione, una di quelle più intriganti per un animatore. Utilizzando come riferimento le celebri sequenze fotografiche di Eadweard Muybridge, Larry portò a casa il risultato, bava imprevista inclusa, che divertì molto Ron. Era nella squadra, ma di fatto ideò graficamente e animò da zero un solo personaggio: il vecchietto del cannone su Booty Island. È il primo personaggio disegnato interamente da lui alla LucasArts. Per il resto, quando Gilbert capì che aveva senso dell'umorismo, cominciò a passargli richieste per varie special case animation di Guybrush. Durante la lavorazione realizzò il problema dell'assenza di una vera direzione artistica: la guardia di Phatt sembrava diversa dagli altri personaggi, Guybrush stesso nel primo piano sul molo pareva differente da quello in totale / campo lungo. Se l'appuntò come una cosa da risolvere. Ricorda con piacere il rapporto complice che si creò con Tim Schafer e Dave Grossman, che gli fecero sostanzialmente da tramite con Ron, il quale gli assegnava invece fredde liste di azioni di Guybrush senza contesto: voleva interagire di più sul piano creativo, e soprattutto voleva spingere più sulla comicità slapstick visiva esagerata, cosa che Gilbert sembrava restìo a fare specialmente in Monkey 2 (accettò la sua esagerata scena del rastrello, comprensiva di denti che volavano via, respinse al mittente la caduta di un'incudine su Guybrush).
Non ha mai lavorato sul serio su un gioco di Star Wars, a parte la grafica per le scene in Mode 7 in Super Star Wars per il SNES e una pulizia di rotoscoping per Star Wars: Rebel Assault, tra un progetto e l'altro. Il che è piuttosto ironico: da progettista per i parchi a tema Disney, tutti hanno in seguito dato per scontato che un ex della LucasArts ci avesse avuto a che fare a tempo pieno. Ma è un grandissimo fan della saga: ricorda quando a dodici anni vide Guerre stellari con un amico e passò un agosto di incontrollabile entusiasmo (anche usando vecchie e pericolose luci al neon come spade laser!). Semplicemente da autore preferisce lo stile cartoon.
Una delle cose che preoccupavano di più lui e Peter Chan, nella definizione della direzione artistica di Day of the Tentacle, era assicurarsi che i personaggi rimanessero leggibili su ogni fondale, per evitare quello che lui chiama "pixel noise". L'omogeneità di stile fu cercata pure in modi molto pragmatici: per esempio si occupò lui stesso di progettare graficamente tutti i personaggi, lasciandone solo alcuni secondari (come il gatto) a un'animatrice di talento come Lela Dowling. Aiutava pure che ci fossero pochi primi piani, dove mantenere la continuità grafica di un personaggio, rispettandone il modello, diventa più difficile. Non si preoccupò nemmeno di impostare uno stile grafico che tradiva Maniac Mansion, così come più avanti non si fece problemi per The Curse of Monkey Island: si respirava un'aria di evoluzione costante, senza guardarsi mai indietro, c'era ingenuità, e "nessuno ti diceva mai di no, se facevi una cosa figa".
Per aiutarsi a creare i personaggi secondari, si riciclavano i design anche con ironia: quanti si sono accorti che il ladro d'auto nel presente è George Washington senza parrucca, ipotizzando che un suo discendente sia caduto così in basso? O che il discendente di Benjamin Franklin sia ora un rappresentante che ama le burle? Nel team ridevano molto di questi ammiccamenti.
Non ritiene di potersi considerare tecnicamente "coautore" di Day of the Tentacle, almeno nel senso tradizionale, parlando di sceneggiatura e design. Diverse gag visive sono tuttavia farina del suo sacco, come la reazione del dr. Fred ai caffè o l'incredibile scena dello scambio del dr. Fred col cugino Ted, per la quale aveva avuto solo una descrizione essenziale da Tim & Dave. Quelle scenette non erano state effettivamente "scritte" da nessuno, gli lasciarono carta bianca per scatenarsi. La prima volta che abbia in modo attivo collaborato alla struttura e alla narrazione è stata con Full Throttle: Grossman non c'era più e Schafer debuttava nell'assolo, quindi impostò un metodo di lavoro collegiale che gli fu preziosissimo poi per guadagnare coraggio e affrontare Curse.
Ricorda che a pranzo, per una decina di volte, fantasticarono con Dave e Tim su un sequel per Day of the Tentacle, dove sarebbe stato il criceto a mutare, costruendo un complesso sistema di tunnel sotto la casa del dr. Fred, dove si sarebbe svolta l'avventura! Tra le idee per possibili altre avventure originali, Larry cita due tutte sue: il fantasma di un gangster che voleva vendicarsi del resto della banda (dopo un colpo andato a finire molto male) e un defunto cantante stile Elvis resuscitato da una sorta di dr.Frankenstein (ma comunque desideroso di tornare a esibirsi sul palco!).
La sua partecipazione alla grafica di Sam & Max Hit the Road durò solo qualche settimana, mentre aspettava che Schafer finisse il primo trattamento per Full Throttle. Si occupò in corso d'opera di animazioni special case su richiesta proprio di Steve Purcell. Sono animate da Larry per esempio la caduta di Sam & Max dalla Palla di Spago e il giro sul Cono della Tragedia, questo ispirato da una vetrina dove vide una sorta di animatronica ingrandita di un coltellino svizzero, che si apriva e chiudeva: assurda! Purcell gli chiese inoltre di progettare al volo tutti i secondari umani che si incontravano nelle attrazioni che Sam & Max visitivano. Da ospite nel team di Clark & Stemmle, Larry non sentiva di avere particolari responsabilità, si lasciò andare e si divertì un sacco.
La prospettiva di rendere Full Throttle "più cinematografico" grazie allo spazio del cd-rom gasò tutto il team forse più del necessario: non c'erano in realtà abbastanza animatori da poter realizzare il cartoon che avevano in mente, quindi lui stesso trovò soluzioni di montaggio e inquadratura per suggerire dinamismo, anche dove i personaggi erano statici. Ma non importa: quell'avventura fu una scarica di adrenalina creativa per tutti, c'era la voglia di fare qualcosa di completamente diverso dal classico "teatrino" inquadrato lateralmente nelle avventure grafiche tradizionali. Anche se l'implementazione delle sequenze action col senno di poi lascia a desiderare, Ahern non ne rinnega la necessità concettuale.
Ebbe sulle prime molte difficoltà nel progettare graficamente i protagonisti di Full Throttle: lui tende alla caricatura comica, ma Schafer non voleva qualcosa di interamente demenziale come per Day of the Tentacle. Larry era fuori dalla sua comfort zone, però non voleva sventolare bandiera bianca: guardare Hellboy di Mike Mignola aiutò, così come lo stile di Aeon Flux su MTV. La vera svolta arrivò quando decise che la maggior parte dei personaggi avrebbe avuto uno sguardo corrucciato alla Clint Eastwood, senza orbite! A quel punto fu centrato l'equilibrio tra il suo approccio e quello di Tim.
Fu Tim Schafer a raccomandare lui e Jonathan Ackley come possibili futuri e affidabili capi-progetto, e ringrazia ancora Tim per questo e per una sessione di brainstorming su The Curse of Monkey Island, in alcuni cottage nello Skywalker Ranch. A dirla tutta, Schafer sembrò loro un po' mentalmente distante, troppo preso da Grim Fandango, probabilmente mandato lì dai capi solo per garantire che non stessero dando i numeri. In ogni caso, il terzo Monkey fu proposto loro dalla dirigenza, e tra l'altro Larry e Jonathan non avevano nemmeno un rapporto particolarmente stretto: Ahern ricorda che Jonathan entrò da programmatore per Day of the Tentacle in corso d'opera, e che l'unica volta in cui interagirono davvero fu quando Jonathan gli chiese un parere per una gag verbale prolungata su Shakespeare, realizzata senza chiederne conto a Tim e Dave (e mai implementata nel gioco). Ackley fu programmatore anche su Full Throttle, ma Larry lo conobbe sul serio solo quando cominciarono a progettare Curse: ironicamente, sperava che il partner tirasse fuori idee migliori delle gag su Shakespeare, eppure in Curse c'è sul serio un'evoluzione di quella gag! Bastarono pochi giorni per capire comunque che erano in perfetta sintonia.
All'inizio per Curse si sforzarono di trovare soluzioni di trama super-assurde, anche più connesse alla contemporaneità suggerita dal finale di Monkey 2, insieme ad arzigogoli assortiti (tipo la necessità di restituire regali di nozze voodoo per annullare una maledizione). Impantanati, scelsero un'altra strada: cos'è che la gente vuole vedere in una storia di pirati? Cosa non è stato ancora fatto? Cosa possiamo riprendere dei primi due e aggiungere di nuovo? Avrebbero forse potuto pensarci prima, ma secondo Larry, quando lavori con una saga preesistente, è meglio almeno sforzarsi di allontanarsi dal seminato.
La direzione artistica più estrema di Curse arriva da una sua tendenza naturale, che aveva già messo al lavoro su Day of the Tentacle, se lo si paragona a Maniac Mansion. Oltretutto da grafico trovava impossibile ispirarsi a LeChuck's Revenge, perché l'alta risoluzione 640x480 cambiava le regole, e Monkey 2 non aveva uno stile: non esistendo prima come già detto la figura del direttore artistico, era semplicemente il capo-progetto ad assegnare ai grafici gli asset, aspettandosi che dessero il massimo seguendo criteri arbitrari personali. Curse si apriva su una produzione più professionale e Larry voleva un'assoluta coerenza stilistica, tra primi piani, scene in-game e anche materiale promozionale. Chissà come sarebbe andata se fossero esistiti i social allora, magari i giudizi a priori dei fan li avrebbero inibiti. Ma internet era davvero agli albori, loro stessi realizzarono di poterla usare per alcune ricerche solo durante la lavorazione (nemmeno ci pensavano prima, consultavano i libri delle biblioteche!!!).
Curiosamente, Larry rivela che il primo stile pensato da lui per i personaggi di Curse era simile a quello di Return to Monkey Island, "primitivismo" che non teneva volutamente in conto una rotazione dei corpi nelle tre dimensioni. Avevano però assunto animatori canadesi di talento (come Graham Annable), che si aspettavano di lavorare su animazioni tradizionali, ma quei design erano incompatibili con quel tipo di approccio estetico. Si rese conto del problema e pregò gli altri grafici di pensare con lui a una via di mezzo: Kevin Micallef per esempio finalizzò il look di LeChuck, mentre l'animatore Derek Sakai trovò un compromesso per Guybrush. A dirla tutta, Ahern non è contento dell'aspetto di Guybrush in Curse: essendo un po' "l'uomo qualunque" in quel contesto, poteva essere meno esagerato, pur nei binari dello stile scelto. Oggi forse avrebbe puntato su un design tipo quello di Tales of Monkey Island, riferendosi nello specifico alle concept art di quel gioco, più che al rendering 3D finale del personaggio. "Mi scuso con quelli a cui ho ucciso l'infanzia".
Lavorerebbe su una remaster di Curse? A parte che sarebbe bello sapere che qualcuno da qualche parte ha conservato le immagini vettoriali originali per le animazioni (il che renderebbe velocissimo un nuovo esportato in HD), Larry non va proprio matto per queste operazioni: se fatte bene richiedono un tale lavoro che alla fine non gli sembra valga la candela: "Tanto vale fare qualcosa di nuovo" [Larry, fatti abbracciare, ndDiduz]. Oltretutto queste remaster comportano dei problemi: lui stesso ha collaborato a ridisegnare Bernard per la Day of the Tentacle Remastered della Double Fine, ma ancora ha difficoltà ad accettare il suo nuovo naso in HD, giocoforza solo suggerito all'epoca del 320x200. Paragona quello straniamento al nuovo suono in alta qualità per il movimento dei tentacoli: lo stile limitato dalla tecnica del 1993 era parte integrante del sapore che il gioco aveva. Ma non tutti i fan la pensano così, ne è consapevole.
Diversamente dalla sua opinione autocritica sul design finale di Guybrush in Curse, non ha nulla da rimproverarsi per la diversa personalità di Threepwood, più delicata e meno cattiva di quella vista in LeChuck's Revenge. Non lo fecero di proposito, semplicemente forse rifletteva una tendenza sua e di Jonathan a non gradire i personaggi bastardi: lo stesso Murray, nato per caso e caraterizzato sulle prime come cattivo realmente minaccioso tout-court, finì per essere cesellato in modo abbastanza eccessivo da non prenderlo mai sul serio.
Il combattimento tra navi venne proprio dal brainstorming con Tim Schafer, che l'aveva quasi implementato nel primo Monkey, prima che Gilbert lo segasse. Siccome lo SCUMM aveva fatto molti passi avanti con le sequenze d'azione, specialmente dopo lo stress test di Full Throttle, pensarono fosse il caso di riprovarci. Lo programmarono Jonathan e Chris Purvis. Generò quella sezione diversa dal resto del gioco, dove confinarono anche il recupero dei combattimenti a insulti, pur sempre divertenti e in fondo assenti dal secondo capitolo: forse le rime potevano essere sufficienti a rinfrescare la proposta?
Perché pensa che, col passare degli anni, Curse sia diventato un classico, nonostante sia così diverso dai primi due Monkey? In poche parole, per Ahern è un gioco alla fine molto divertente e fatto veramente bene, dal livello produttivo elevato, tanto che ricevettero persino un Annie Award nel 1998 per le migliori animazioni in un videogioco, una cosa di cui va enormemente fiero ancora oggi. Non si attribuisce il merito del successo, semplicemente le professionalità alla LucasArts erano di tale valore da far sembrare anche le cose più difficili relativamente fattibili. Come avrebbe capito anni dopo, lasciata la Lucas, il mondo là fuori era diverso.
Di solito alla LucasArts, quando ti proponevano gente nuova per il team, nella stragrande maggioranza dei casi la reazione non era "Mi sa che non ci siamo!", ma "Mamma mia, ma questo è bravissimo!" Di conseguenza dirigere il team era abbastanza semplice, si trattava di assecondare in modo giusto uno straordinario spirito d'iniziativa, assicurandosi che l'impegno individuale rispettasse la direzione generale della storia, dei puzzle e del registro scelto. Oltretutto aiutò che Chris Purvis, Chuck Jordan e lo stesso Jonathan fossero in grado di scrivere dialoghi e programmare allo stesso tempo: snellì il processo, già reso più chiaro dall'esteso lavoro di preproduzione che Ahern e Ackley avevano fatto con Bill Tiller, prima ancora di partire. Ricorda solo un piccolo momento di panico verso la chiusura dei lavori, quando da grafico non aveva quasi più nulla da fare, quindi cominciò a rigiocare tutto Curse, appuntandosi 10 pagine (!) di ritocchi per rifinire al meglio il gioco. Jonathan sulle prime rimase sconvolto dal malloppo, poi realizzarono che nella maggior parte dei casi si trattava di correzioni ottenibili intervenendo sul codice. Per quanto riguarda il finale affrettato, ebbero semplicemente paura di chiedere al management un altro mese o due solo per realizzare una sequenza non interattiva più lunga. Fu un errore, ma era il loro primo gioco, era costato parecchio e non volevano far arrabbiare nessuno. "Tim per esempio è rilassato, lo sgridano e lui fa spallucce, fa bene, ma noi non avevamo ancora tutta questa fiducia in noi stessi".
Decisi a rendere Curse più lungo e difficile di un Full Throttle, erano però preoccupati di far arenare troppo il giocatore: considerarono la possibilità di un sistema d'aiuti integrato nel gioco (magari tramite dialoghi con la Voodoo Lady), ma realizzarono che sarebbe stato complesso da implementare. Allora ebbero l'idea del livello di difficoltà alternativo, con enigmi pre-risolti: lo affidarono al programmatore Chris Purvis, che sostanzialmente "spense" alcune catene di enigmi.
Per scegliere il cast vocale, una cosa che fino a quel momento per la saga non era stata mai fatta, ascoltarono moltissimi provini. Descrissero Guybrush come "un tipo alla Michael J. Fox" e la voce di LeChuck come "minacciosa ma in modo buffo". Per quest'ultimo trovarono quasi subito il compianto Earl Boen, ma per Threepwood la cosa fu più complicata: ascoltarono voci troppo banali, troppo "normali", oppure all'opposto troppo cariche e ridicole. Non appena sentirono Dominic Armato, non riuscirono più ad ascoltare gli altri: era proprio la mezza via che cercavano, credibile sia da tonto sia da sarcastico. "Se hanno mantenuto lo stesso attore nei giochi successivi, vuol dire che scegliemmo bene".
Si era intuito che alla LucasArts Curse avrebbe chiuso l'era dello SCUMM e del 2D, quindi Larry e Jonathan cercarono di venire incontro successivamente alla richiesta del management: mantenere le buone sceneggiature e i puzzle, ma avvantaggiarsi del 3D per aggiungervi un tipo di interazione e movimento più action. Vanishing Act doveva avere un'ambientazione vagamente steampunk, europea ottocentesca: il protagonista era un mago alla Houdini, che creava numeri per sviare l'attenzione ed eseguire rapine elaborate. Questo almeno finché non rinveniva un vero oggetto magico che gli donava sul serio poteri per mutare di forma. Putroppo non riuscivano molto a far funzionare questi poteri col resto del game design da classica avventura grafica: sarebbe servito più lavoro per convincere il management a finanziare il progetto, ma Jonathan comunicò a Larry di voler lasciare la compagnia, per fondare con sua moglie Casey Donahue un'altra azienda. Rimasto solo, Ahern gettò la spugna su Vanishing Act.
La situazione per lui alla LucasArts precipitò col primo tentativo di sequel per Full Throttle, quello su cui lavorò per un periodo con Tiller, da quest'ultimo erroneamente chiamato "Payback". Per sei mesi elaborarono concept art e un trattamento, senza però costruire un prototipo, anche se si sentiva più sicuro sull'implementazione dell'azione in un contesto 3D. C'era un nuovo direttore di sviluppo [credo Randy Breen, ndDiduz] che - come poi dolorosamente capì - lo stava ignorando apposta. Quando accettò di discutere con lui il progetto, disse che non gli piaceva affatto. "Ma per quale motivo?" - "Se me lo devi anche chiedere, stiamo messi peggio di quanto pensassi." - "Ma come sarebbe a dire? Sei il mio capo, perché non dovresti dirmelo?" Purtroppo il CEO Simon Jeffery non si azzardò a contraddire la valutazione, così Ahern si sentì abbandonato a se stesso, capendo finalmente perché tanta gente stesse fuggendo dalla LucasArts. Levò le tende nel 2000, proprio quando nasceva il suo primo figlio, un momento terribile: intercettò fortunatamente la crescita della divisione giochi della Microsoft, che stava per lanciare la prima Xbox. Serviva un direttore artistico a Seattle e si precipitò lì con la sua famiglia.
Alla Microsoft non si trovò bene, sballottolato in gruppi e sottogruppi alla ricerca di un'identità, con molti progetti cancellati in pochi anni, e un improbabile contributo a un simulatore di volo (una delle cose più lontane dalla sua sensibilità). Fu allora che con altri ex della LucasArts avviò Insecticide. Altro titolo sfortunato, perché loro avevano previsto due versioni: Windows e PSP, contando col poco budget a disposizione di eseguire un downgrade della versione PC per la console. Il publisher che trovarono impose loro di cambiare la PSP col Nintendo DS, una macchina però così diversa e peculiare da richiedere una lavorazione parallela ad hoc, separata. L'editore in questione peraltro fallì dopo aver pubblicato una prima parte per PC e la storia completa su DS, seppur in versione ridotta. Chi ereditò i diritti non era interessato a completare il titolo. Larry non ha più lavorato a tempo pieno su un gioco da allora.
Negli ultimi quindici anni ha essenzialmente progettato per i parchi a tema, anche nella divisione Research & Engineering della Disney, grazie alla raccomandazione proprio del vecchio amico Jonathan, col quale è tornato a fare squadra per esperienze interattive costruite sulle attrazioni. Stimolante e divertente, un buon periodo che continua tuttora, non necessariamente per la Disney ma nello stesso settore: è come progettare avventure grafiche, ma nella realtà. Sta anche costruendo a tempo perso il pitch per una serie animata, insieme a Charlie Ramos, altro ex della LucasArts.
Jennifer Sandercock e Return to Monkey Island
Jennifer Sandercock, producer di Return to Monkey Island, nonché coprogrammatrice, coproducer e collaboratrice ai testi per Thimbleweed Park, si è unita al plotone di sviluppatori intervistati da Daniel Albu. Estrapolo tre risposte che mi sono sembrate interessanti, specialmente la prima, perché dovrebbe risolvere una delle supposizioni più diffuse sull'ultima avventura di Guybrush, in particolare supposizioni sostenute da chi non ha gradito l'esperienza. Ron Gilbert stesso in realtà ha detto le stesse cose mesi fa, quindi probabilmente dichiarazioni simili non serviranno a rasserenare gli animi, però magari repetita iuvant. Sottolineo preventivamente che Jennifer non è entrata in argomento sponte sua, ma sollecitata dalle domande specifiche di Albu.
"Siamo stati felici di aver rimosso dal gioco ogni cosa che abbiamo rimosso. So di persone che si lamentano del finale dicendo che è stato chiaramente tirato via. Non è stato affatto tirato via, ci abbiamo passato su il tempo che volevamo. È stata detta la stessa cosa per Terror Island, perché ci sono stanze in cui non c'è molto da vedere o da fare. È stato fatto di proposito, era lo spazio che volevamo creare, volevamo che Terror Island desse quella sensazione. Non è che abbiamo finito il tempo e non abbiamo voluto rifinire quelle stanze: le abbiamo rifinite fino al punto in cui ritenevamo giusto farlo." Jennifer svela inoltre che il gioco era già completo per il luglio del 2022, è uscito a settembre solo per una strategia di collocazione sul mercato, studiata confrontandosi con Devolver, Disney, Microsoft, Sony e Steam. In due mesi comunque non si sarebbe potuto aggiungere nulla di sostanziale che riguardasse parti dialogate, per tempistiche legate al doppiaggio e alle localizzazioni, ma poco importa: non ne avevano la minima intenzione.
"Le cose negative che le persone hanno detto [allo svelamento dello stile grafico, ndDiduz] hanno lasciato parecchio il segno, so che hanno ferito sia Ron sia Rex [Crowle, il direttore artistico, ndDiduz]. Rex non è molto uno da social media, ma so che ci è rimasto molto male per quei commenti, perché ci aveva messo cuore e anima nel lavoro, così come tutti i grafici. Erano tutti felicissimi di lavorare sul progetto e sono rimasti molto dispiaciuti nel vedere che la gente non coglieva la loro visione."
Per farsi un'idea delle interfacce usate nelle avventure moderne, per conto del team, Jennifer ha preso ad esempio gli approcci di Life Is Strange, dei nuovi Leisure Suit Larry e dei giochi della Wadjet Eye, per sottoporli al team. Gioca molte avventure grafiche (specie sulla Switch, per staccare dal monitor del PC) e preferisce l'approccio classico con gli enigmi a quello delle "avventure narrative" stile visual novel, ma non disprezza quest'ultime. Il punto è che dovrebbero esserci però giochi per tutti i gusti.
Prima di chiudere questo aggiornamento, vi ricordo che si avvicinano i 30 anni di Sam & Max Hit the Road (nell'attesa pure della remaster di Sam & Max The Devil's Playhouse dalla Skunkape), così Steve Purcell ha deciso di concedere una bella licenza per la "plushie doll" di Sam, da affiancare a quella di Max uscita tempo addietro. Riparleremo del lagomorfo ipercinetico e del cane bogartiano a strettissimo giro, ça va sans dire. Ciao, Dom