30-3-2024
Feroci intemperie fanno saltare i piani pasquali, causando intralcianti frane su percorsi ferroviari già non troppo efficienti di per loro. Mi appresto perciò a pianificare evasioni alternative, non prima di avervi fatto gli auguri con un aggiornamento... casual, non troppo impegnativo!
Indiana Jones, Luke Skywalker e il casual gaming di Hal Barwood
Era da tempo che volevo dedicare una scheda sul sito a Indiana Jones and His Desktop Adventures (1996) e Yoda Stories (1997), esperimenti di casual gaming del nostro Hal Barwood. Concepite come applicazioni in finestra, alternative più carismatiche al Campo Minato di Windows, sono action-adventure che tuttora faticano a trovare una loro dimensione (oggi per ragioni diverse da allora). Ciò non toglie che per me sia stato interessante attraversarli un po' di volte ed elaborare qualche considerazione. L'emulatore DREAMM di Aaron Giles le supporta, il che mi ha spronato a chiudere la pratica in sospeso, altrimenti mi sarebbe toccato l'esasperante allestimento di una macchina virtuale...
Il mio videosbraco su Hook
A metà mese ho pubblicato il terzo video della storia di Lucasdelirium, un'analisi dell'avventura grafica Hook, per affinità di contenuti e impostazione molto spesso paragonata ai classici Lucasfilm Games / LucasArts, e da molti della mia generazione (ma non da me) giocata negli stessi anni Novanta. Io infatti l'ho vissuta per la prima volta solo adesso, dopo un'opportuna revisione del film di Steven Spielberg del quale è il tie-in. Queste suggestioni mi hanno spinto a creare un percorso multimediale, con i primi dieci minuti dedicati al lungometraggio, e i successivi venti all'analisi del videogioco della Ocean Software. L'ultima ventina di minuti è uno sfizio geek che mi sono voluto levare: amo curiosare nelle tecniche di programmazione, però sono anche consapevole che gli approfondimenti tecnici non sono graditi a tutti, così li ho relegati in una sezione finale separata, facoltativa per chi si voglia fermare dopo una mezz'oretta. Ho clamorosamente disatteso il mio proposito di tornare a video di durata più umana, sui 20-30 minuti. Così non va: se voglio proseguire in questa "espansione multimediale" del sito, dovrò trovare una strada più percorribile e meno stancante.
Se non avete ancora visto il video, perché non siete su Facebook e non vi è arrivato l'avviso... buona visione!
Limited Run Games consegna Return e fa ammenda per Loom
Alfine è arrivato a me e molti altri lo scatolato PC di Return to Monkey Island da Limited Run Games (qui sotto embeddo un video non mio). Devo dire che il risultato mi piace e ha rispettato i contenuti del preordine. Ho apprezzato tutti i gadget, al di fuori della furbesca chiave colorata, che nelle intenzioni andava affiancata alle altre di diverso colore, nelle confezioni delle altre versioni: lascio queste forme di sadomasochistiche perversioni ai collezionisti hardcore. Apprezzabile la presenza di dvd-rom dedicati per Linux e Mac. L'irresistibile pesce palla viene dato per morto in capo a un paio d'anni, per disidratazione sicura del suo materiale. Fino ad allora, ammirerò la sua lotta con l'aria sul mio scaffale, anche perché lui e i troppi cartoni rendono difficile la chiusura della scatola, che per fortuna è piena.
Il resto dei gadget (album, lettera, depliant, spilla) dà vita perfettamente ai temi principali della storia e dell'esperienza, però a maggior ragione pesa l'assenza dell'usuale estratto delle "Memorie di Guybrush Threepwood" sul retro della confezione. C'erano sempre state, anche per l'edizione speciale di Tales (non sullo scatolo-scrigno, lì erano sul dvd-case). L'azione del raccontare è più importante in Return che negli altri capitoli, ci sarebbe stato materiale abbondante persino per un semplice copia & incolla: potrei pure immaginare che proprio per questa rottura spudorata della quarta parete non si sia voluto essere ridondanti... ma anche concedendo un'attenuante, il testo sul retro rimane troppo generico e senza ironia.
Alcuni utenti si sono lamentati di scatole danneggiate: la mia ha in effetti un paio di raschi bianchi sui bordi, ma sono troppo piccoli per farmeli classificare come "danni". L'etichetta "PC" è attaccata con mira discutibile: più che irritarmi mi fa sorridere, perché mi ricorda l'artigianalità CTO, né escluderei che sia stato fatto apposta. La presenza di un misterioso doppione fallato del gioco nella cartella "Windows(2)", sulla chiavetta USB, è un mistero insondabile: il gioco funzionante è in "Windows", ma allora perché non cancellare quell'altra inutile directory? Ad ogni modo, non posso dirmi deluso se non per quell'assenza delle Memorie sul retro.
A proposito di misteri LRG, il mese scorso vi avevo raccontato della rabbia degli utenti che non hanno trovato nelle loro edizioni di Loom tutte le versioni del gioco. A quanto pare, scrivendo all'assistenza LRG, l'acquirente avrà accesso a un megazip di circa 9Gb con tutto il materiale promesso. Meglio così, ma mi chiedo: possibile che questi 9Gb non entrassero nei drive USB già consegnati? Non sono un acquirente di questi altri prodotti, ma immagino che anche per la LRG di Zak McKracken, in via di consegna, varrà lo stesso discorso. A quanto ho capito, sui supporti di Zak ci sono soltanto le versioni Enhanced EGA e FM-Towns (cioè quelle in vendita su GOG), ma se fossi un cliente chiederei subito lo zippone che mi spetta.
Chissà quando e se questi archivi verranno resi disponibili digitalmente negli store online...
Curiosità su Psychonauts 2
Nonostante il documentario Double Fine Psychodyssey sia uno spietato capolavoro sul piano umano, il dietro le quinte sulle effettive scelte creative per l'ottimo Psychonauts 2 della Double Fine di Tim Schafer era rimasto un po' sguarnito. Quando a febbraio ho ottenuto finalmente il pdf del monumentale art book, mi sono reso conto che al suo interno c'era un discreto numero di curiosità che potevano essere inserite in un'apposita sezione nella scheda. Certo, sono un po' limitate all'aspetto grafico, però le scelte estetiche di un gioco così sono per forza di cose legate ad altri ragionamenti di sceneggiatura e gameplay, quindi possono comunque far capire qualcosa della poetica dietro al percorso intrapreso.
Se avete già giocato o non temete gli spoiler, ne ho riassunte alcune.
Rapide varie & eventuali
- Nell'ultimo mese ha fatto discutere la pubblicazione di Star Wars: Dark Forces - Remaster, una versione riveduta e corretta di un classico FPS del 1995, per inciso uno dei più bei videogiochi di Star Wars che abbia mai giocato, fiore all'occhiello della LucasArts dell'epoca d'oro. Dovrebbe avere una scheda su questo sito: da quanti anni me lo riprometto? Le polemiche non sono tanto indirizzate al lavoro di restauro dei Night Dive Studios, quanto all'alto prezzo per avere accesso a diverse migliorie che già offre gratuitamente il non ufficiale The Force Engine. A dirla tutta, i Night Dive hanno però anche aumentato il frame rate delle sequenze precalcolate (ridisegnandole), nonché aggiunto una galleria di extra sulla lavorazione (incluso un livello demo poi cestinato), grazie all'accesso esclusivo agli archivi Lucasfilm. Qualcosa in più insomma c'è, ma sono d'accordo: se si possiede già l'originale, non sembra sufficiente per giustificare il biglietto d'entrata di 30 euro. Tuttavia, se non lo si fosse mai acquistato, potrebbe avere senso, anche perché su GOG e Steam l'originale è incluso nel prezzo.
- Ron Gilbert è affezionatissimo ai punta & clicca per bambini prodotti in dieci anni dalla sua Humongous Entertainment: se leggendo il mio speciale vi incuriosiscono e li volete comprare in blocco per pochi euro, per completezza, questo Humble Bundle è la vostra occasione!
- Pare che l'Adult Swim Games stia per rimuovere dalla vendita Headlander di Lee Petty, per via dei tagli fiscali operati dalla casa madre Warner Bros (avrete sentito dei film cestinati come Batgirl e Coyote vs. Acme, probabilmente). Nel caso non l'abbiate e la mia scheda vi abbia incuriosito, lo potete recuperare ancora per poco tempo su GOG o Steam.
- Ogni tanto la Lucasfilm celebra qualche vecchia gloria videoludica della LucasArts sul blog del sito ufficiale: questa volta è toccato a Indiana Jones and the Fate of Atlantis. Niente di che, ma il pensiero conta, conta eccome.
- La bella rivista Retro Computer, dopo il numero 0 di qualche mese fa, è definitivamente partita, a cadenza bimestrale. Hanno accolto un mio errata corrige su una modalità grafica dell'Amiga, spero che accoglieranno il prossimo, perché nel numero in edicola The Curse of Monkey Island viene erroneamente attribuito a Tim Schafer. A dirla tutta comunque Retro Computer non esiste in funzione degli articoli sul software: rimane veramente molto comodo, pratico e stimolante per riflettere sull'hardware del passato, con firme competenti come Carlo Santagostino, Luciano Costarelli, Fabio Massa e Francesco Sblendorio.
Fine dell'aggiornamento pasquale, cosa ci attenderà nel cuore della primavera?
Sapremo qualcosa in più della remaster di Sam & Max: The Devil's Playhouse (che ha fatto capolino alla GDC)... o magari avremo una data d'uscita per Indiana Jones e l'Antico Cerchio?
Ciao,
Dom
27-2-2024
Mentre la "cattiva" stagione ci disorienta e ci costringe ad alternare vestiari d'ogni tipo, sperando di pianificare bene il modo in cui usciamo di casa al mattino, Lucasdelirium compensa garantendo fenomeni regolari: questo mese piovono documentari, libri e un'intervista colossale davvero ricca di curiosità. Cominciamo subito, chiudendo con i preamboli!
Ritornare a Monkey Island, un documentario di NoClip
Una ventina di giorni fa è stato pubblicato "Returning to Monkey Island", il documentario di un'ora e mezza che il canale Noclip ha dedicato alla creazione di Return to Monkey Island di Ron Gilbert e Dave Grossman, a un anno e mezzo di distanza dalla pubblicazione dell'epocale punta & clicca. Chiariamo subito che non se ne ricava alcuna nuova informazione, ma che è un buon modo per avere in 90 minuti un "Bignami" di tutto ciò che è stato detto dagli autori del gioco in questo periodo, raccolto in un solo luogo, il che non è disprezzabile. Fa inoltre una grossa differenza vedere e ascoltare interviste allestite professionalmente in casa di Ron e Dave, al posto delle solite compresse e sgranate chiamate su Zoom. Il film racchiude sia le informazioni sulla sua particolare e segretissima lavorazione, sia sullo spirito col quale è stato realizzato e sul messaggio (interattivo!) che voleva lanciare a chi gioca. Confermerà le idee di chi in questo gioco ha creduto, non farà cambiare idea a chi lo giudica deludente se non insultante. Ho apprezzato il punto di vista amighista di alcuni passaggi: comprensibile per il direttore artistico Rex Crowle, inglese, ma più sorprendente per l'autore del documentario Danny O'Dwyer, americano, che ha usato persino musiche e gameplay della versione Amiga di The Secret of Monkey Island e Monkey Island 2: LeChuck's Revenge [ERRATA CORRIGE: Joe Slap mi fa notare che Danny è irlandese, anche se ormai vive negli USA da tempo: avrei dovuto notare l'accento!]. Da commodoriano ho apprezzato molto, anche se proprio per questo sono rimasto un po' stupito dell'errore sui "256 colori della versione Commodore", perché furono solo 32 per schermata (la LucasArts non ha mai supportato la linea AGA degli Amiga 1200 e 4000, purtroppo).
Mi ha colpito il fulcro del ragionamento, il trascorrere del tempo ma soprattutto il ricordare le cose in modo diverso da com'erano, sostituite dall'idea che ce ne siamo fatti, un concetto tema della storia e contemporaneamente fondamento del rapporto degli autori e dei fan con la saga. Chiave perfetta. Gilbert spiega che la Disney gli ha lasciato tutta la libertà creativa di cui avevano bisogno: gli unici interventi che siano andati oltre i suggerimenti hanno riguardato il rischio di infrangere copyright altrui (com'era successo per il Cotton Fioc gigante, la macchina del grog in stile Coca-Cola e il "Charles Atlas emaciato" nel primo Monkey, i primi problemi legali che Ron ricorda di avere affrontato).
È ironico conoscere la ragione per la quale Crowle aveva creato il "suo" Guybrush nel 2009, mandato sponte sua a Ron Gilbert, non immaginando certo che una dozzina d'anni dopo sarebbe stato il direttore artistico di Return. Non gli era piaciuto lo stile della Special Edition (2009) e rielaborò in chiave surrealista i suoi ricordi della pixel art (e torna quindi l'idea dei ricordi filtrati). Proprio lui si è trovato a subire gli strali di chi ha detestato le sue scelte per Return: Crowle ammette che, se non avesse avuto la sicurezza di essere approvato e spalleggiato da due dei padri storici della serie, lui e il resto del team grafico avrebbero pensato di aver sbagliato tutto, sotto il peso delle critiche feroci che ci sono state.
Nel video (timecode 52:22), Gilbert ricorda un'altra idea che aveva avuto per un possibile nuovo Monkey nei primi anni Duemila: si ambientava 3.000 anni nel futuro, su una Terra in piena glaciazione, dove alcuni pirati conoscevano il mito di Guybrush, rimasto congelato da allora, e andavano a cercarlo per liberarlo. Un progetto che non decollò mai, però gli piaceva l'idea di collocare i pirati nei mari del nord, così è nata l'isola di Brrr Muda in Return.
I segreti di Monkey Island secondo Nicolas Deneschau
Periodicamente qualcuno mi suggerisce di realizzare una versione lineare di Lucasdelirium sotto forma di libro, ma io nicchio sempre, per varie ragioni. Nel frattempo, il francese Nicolas Deneschau ha finalmente pubblicato la versione inglese del suo libro "The Secrets of Monkey Island", originariamente uscito solo nel natìo francese nel 2019. Ho acquistato e letto la versione Kindle (nettamente più economica di quella fisica) e devo dire che è un bel lavoro. È ciò che più si avvicina all'ipotetico "libro di Lucasdelirium", ma naturalmente focalizzato su Monkey Island, con le altre avventure trattate da Nicolas in modo non esaustivo in appendice. Nicolas però non disdegna di intrecciare la storia della saga con quella della Lucasfilm Games / LucasArts, quindi il discorso è piuttosto organico, in crescendo e piacevole. Gli ho inviato la segnalazione di una dozzina di imprecisioni che ho notato nel testo, ma non sono così nerd da distruggere un lavoro per una ragione del genere, quindi non ve le cito nemmeno. Anzi, sul fronte delle curiosità, ho inserito già in varie schede sei-sette minime cose che non avevo notato e non conoscevo. Mi è piaciuto che abbia creato un capitolo aggiuntivo per Return to Monkey Island (sembra involontariamente una sorta di riassunto del documentario di NoClip), senza però modificare più di tanto la vecchia edizione del libro pubblicata nel 2019. Voleva che il libro testimoniasse anche lo stato d'animo pre-Return. Giusto.
Mi è dispiaciuto che mancasse ogni riferimento a Tami Borowick e Bret Barrett parlando di Monkey Island 2. Se la vostra reazione è stata ancora quella di "E chi sarebbero?", vuol dire che Nicolas è sintonizzato sui fan più di me, ma non demordo: la narrazione del "puro trio" Gilbert-Schafer-Grossman, vera per il primo Monkey ma non per il secondo, è molto diffusa. Anche per Tales of Monkey Island il ruolo di Mark Darin è stato un po' sminuito, attribuendo la direzione del progetto a Grossman e Mike Stemmle: Dave selezionò Mark e Mike come capi-progetto, cercando di fare da "supervisore / garante" generale, perché lo imbarazzava lavorare su un Monkey senza Gilbert. Deneschau, da indomito fan lucasiano, tende ogni tanto a ridimensionare la Sierra su alcune svolte epocali (supporto estensivo delle schede sonore, puntatore multifunzione), incarnando un punto di vista più europeo che universale: siccome la Sierra da noi è sempre stata meno popolare della LucasArts, capita che alcune tempistiche vengano invertite.
"I segreti di Monkey Island" non dice nulla di sostanziale che non troviate qui su Lucasdelirium, però lo dice in modo diverso. Consente lo sgancio dalla lettura digitale, per immergersi in una lettura classica e lineare, più divulgativa. Come tale, da un lato rischia di legarsi per troppo tempo a versioni dei fatti che vengono ogni tanto ritrattate dai giustamente smemorati autori (sono trascorsi trent'anni, dopotutto): correggere al volo alcune cose è più semplice con un sito internet. Dall'altro un sito è giocoforza più dispersivo e dà solo gli strumenti per la definizione di un percorso, mentre un volume propone un percorso mentale ed emotivo netto. Questo ha un valore... e il percorso di Nicolas ha una sua identità.
Segnali dagli amici
Vorrei segnalare due notizie riguardanti persone che conosco e stimo.
Se amate la musica di Michael Land e cercate un'intervista video più compatta di quella che ha concesso a Daniel Albu il mese scorso (e che ho riassunto nel passato aggiornamento), gli amici del Mangia Avventure lo hanno intervistato per un'oretta di sorridente chiacchierata. Saluto Michele Priami, Mauro Machera e Matteo Garza!
È alle battute finali il Kickstarter per l'opera seconda dei Footprints Games, cioè Pizza Spy, la loro nuova avventura grafica dopo Detective Gallo. Conoscendo i gusti di Maurizio e Francesco De Angelis, nella demo (in alpha) ho visto subito echi del dinamismo di Full Throttle, ma anche una sperimentazione piuttosto moderna negli approcci agli enigmi (con opzione diretta o furtiva). Si prendono in giro gli stereotipi dello spionaggio in chiave culinaria, perché l'eroe Ace Cook agisce per sventare... minacce gastronomiche!
Limited Run Games ci fa incrociare le dita
Se come me avete preordinato quasi un anno fa l'edizione scatolata da collezione di Return to Monkey Island da Limited Run Games, dovreste aver ricevuto la conferma della spedizione. Incrociamo le dita, perché LRG continua a non essere esente da svarioni: qualcuno ha notato che il boxato di Loom, che ha cominciato a raggiungere gli acquirenti nelle ultime settimane, presenta sull'USB drive soltanto una versione dell'avventura di Brian Moriarty, peraltro un accrocchio tra le versioni DOS Cd-Rom e FM-Towns. Qualcosa di molto lontano dalla promessa di tutte le versioni esistenti, in primis quella originale EGA impreziosita dagli originali fondali di Mark Ferrari, quella ritenuta da Moriarty il canone. Oltretutto, il lavoro di restauro del materiale cartaceo ad opera del fan Laserschwert non è stato più utilizzato (anche se non era stato esplicitamente promesso): l'interessato lo ha reso disponibile a tutti.
Ora, intendiamoci, non credo che chi compra uno scatolato del genere lo faccia per giocare: immagino voglia apprezzarne i contenuti fisici, la riproduzione della copertina, il libro miniato con gli incantesimi e via discorrendo. Io per esempio non ho comprato alcuno scatolato dei vecchi titoli da LRG, ritenendo più di valore i miei originali. A conti fatti immagino che per gli acquirenti sarà un danno relativo, però non solo rimane un tradimento del preordine, ma dimostra quanto l'idea del "preservare il passato" fosse uno specchio per le allodole. Ho discusso l'anno scorso di Limited Run Games in questa e quest'altra occasione, non vorrei ripetermi, però sono perplesso quando leggo di utenti delusi perché giudicavano la presenza di tutte le versioni un'attrattiva particolare di un'edizione del genere. No, vi prego, no, in ginocchio. Ancora, per sempre, a gran voce, ribadisco: collezionismo e preservazione non c'entrano un tubo. Per me TUTTE le edizioni di questi classici dovrebbero essere disponibili su store digitali, a basso prezzo, da sole o come extra delle remastered. Punto. Non ritengo accettabile collocare l'asticella per l'accesso legale a queste versioni su 100 dollari e più. La divulgazione e la storia sono di tutti, non dei più danarosi.
Clint Bajakian parla e non lo ferma nessuno
Devo dire che una delle ultime chiacchierate del fan Daniel Albu per il suo canale Tech Talk, quella con Clint Bajakian, parte del leggendario terzetto musicale della LucasArts insieme a Michael Land e Peter McConnell, è stata anche una delle migliori. Clint si è rivelato una straordinaria fonte di aneddoti e riflessioni inedite, diversamente da quanto accade a volte in queste circostanze. Daniel ha faticato a contenerlo, in ben quattro ore e quaranta (!!!) di conversazione. Non è stato semplice nemmeno costruire il riassunto che leggerete qui in basso, perché ho deciso di riorganizzare in ordine quasi cronologico quello che ha detto: Bajakian ha l'entusiastica tendenza a saltare da un argomento all'altro per pura associazione mentale. Godetevela, io me la sono goduta più del solito.
- I suoi genitori avevano uno Steinway degli anni Venti in salotto, del bisnonno. Cominciò così, poi da bambino imparò a suonare il flicorno baritono in una banda locale: erano gli anni Settanta, lo suonava insieme a un altro ragazzino... ed era Steve Carell, suo grande amico: sì, l'attore! Ricorda che, nel bicentenario dell'assedio di Boston del 1775, suonarono insieme per il presidente Gerald Ford in visita. Al liceo credeva di avere ormai la musica alle spalle, finché non la riscoprì suonando sulla chitarra l'immancabile Smoke on the Water dei Deep Purple. Doveva imparare a suonare la chitarra, e un compagno lì presente, tale Michael Land (!), lo spronò. L'università in arti liberali non stava andando da nessuna parte, capiva che la musica era ormai il suo destino, così comunicò ai genitori di voler mollare tutto per il conservatorio del New England. Punto. Era il 1982. Lavorò come un matto per farsi ammettere, poi si laureò dopo cinque anni invece dei canonici quattro, perché era assetato di corsi secondari, era entusiasta di tutto. Poi in Michigan prese un master in composizione. Chiuse tutto nel 1991, quando visitò Michael in California e...
- Clint cominciò a lavorare a progetto per la LucasArts nel maggio del 1991. Conosceva già Peter McConnell, perché Land era un comune amico, e si erano già incontrati nel 1980. La LucasArts fu per Bajakian il primo lavoro pagato, da musicista e compositore: la prima riunione che ricorda fu con Hal Barwood per Indiana Jones and the Fate of Atlantis... cominciava già collaborando con una persona che era un regista e conosceva Steven Spielberg! Wow! "Concepiva la narrazione in modo strutturale": per dei compositori era un approccio perfetto, si capivano.
- Divenne un dipendente lucas solo nel gennaio del 1993: fino a quel periodo stava lavorando in remoto dal Michigan (non senza le tempistiche ardue con i modem di allora). Ricorda come tornò in California, perché fu un'esperienza assurda: il tempo era così brutto, nevicava così tanto, che decise di dirigersi a ovest passando in macchina per il sud, per il Texas. Impiegò talmente tanto per arrivare, che bussò sfinito alla porta di McConnell alle 4:30 del mattino. Dello stesso mattino in cui doveva iniziare a lavorare. Si fece un whisky per riscaldarsi, andò a dormire ospite di Peter, dopodiché furono svegliati poche ore dopo da un terremoto micidiale. Immaginate le condizioni di Clint nel suo primo giorno da dipendente alla LucasArts. Era contentissimo di incontrare di nuovo tutti per restare, ma era in condizioni penose! Indimenticabile.
- Land chiamò lui e McConnell quando capì che le schede sonore avevano aperto un vero mondo musicale per i videogiochi su PC (nonostante Land avesse creato una tecnica per spremere il massimo anche dal semplice PC Speaker, che poteva emettere un suono per volta, ma che suonato con sufficiente rapidità poteva dare la sensazione di gestire più canali).
- L'approccio stilistico a Monkey Island 2: LeChuck's Revenge era relativamente semplice, perché Land aveva creato quel particolare originale sottogenere di "reggae piratesco" per il primo capitolo, si trattava di giocare con quelle regole. Nella divisione delle isole, ricorda di aver ricevuto Phatt Island (e gli pare di ricordare che McConnell coprì Booty): per ciascuno gestire la propria isola implicava una responsabilità artistica del "sapore" musicale che l'isola dovesse avere, ed era anche un buon modo per non far pesare i cambi di stile tra loro tre. L'obiettivo non era solo comporre brani come si farebbe per un film: la musica doveva essere letteralmente suonata in funzione delle idee che venivano a chi giocava. Nelle aree "hub", come l'area principale di Woodtick o il molo di Phatt Island, cercavano un suono minimalista, quasi astratto: è importante che i brani più ascoltati dal giocatore non abbiano una melodia troppo riconoscibile, perché verrebbe a noia.
- La comodità dell'iMUSE concepito da Land e McConnell si doveva al fatto che era stato programmato da musicisti per i musicisti: un approccio che Clint trovò subito naturale e che al resto del mondo dei videogiochi si sarebbe esteso solo dopo una quindicina d'anni. Si componeva sul Macintosh con il sequencer Performer della Mark of the Unicorn, interfacciato con uno script interattivo gestito dal vecchio HyperCard, necessario per generare dei "messaggi" che poi sarebbero stati interpretati dal motore del gioco. Una costruzione intelligente ma artigianale, che crashava però almeno venti volte al giorno. Si facevano le ore piccole, ma l'entusiasmo non veniva mai meno. Lui personalmente trovava la gestione morbida delle transizioni, tra una location e un'altra molto diversa, una delle più grandi sfide musicali della sua vita: lo è rimasta nei dieci anni poi trascorsi alla Sony, perché è sempre stato uno degli elementi sottovalutati. "Tutti, ma proprio tutti, ci chiedevamo sempre come si facesse un videogioco, per ogni videogioco, perché non volevi mai ripeterti".
- Si domandarono se convenisse comporre le musiche direttamente per il suono AdLib/Soundblaster OPL2/OPL3, in sintesi FM a due o quattro canali, invece che per la Roland MT-32, che era la soluzione qualitativamente migliore ma enormemente meno diffusa nelle case dei giocatori. Alla fine optarono per la massima qualità: la sintesi FM pura suonava alle loro orecchie così brutta da distrarli dalla composizione, così delegarono gli arrangiamenti AdLib/Soundblaster a Robin Goldstein, che fece un ottimo lavoro di "downgrade" e adattamento.
- A volte lui, Land e McConnell collaboravano senza soluzione di continuità, specialmente nel caso del primo progetto, che contrariamente a quanto si pensa fu appunto per due-tre mesi Indiana Jones and the Fate of Atlantis, non Monkey Island 2, anche se alla fine il primo fu posticipato al 1992 e uscì dopo. Per Day of the Tentacle per esempio la melodia principale del tema arriva da Peter, ma la colonna sonora completa dell'introduzione fu scritta da Clint, costruendola su quella melodia. Land prese il futuro, lui il passato e McConnell il presente, però riascoltando la colonna sonora di DOTT l'anno scorso si sono resi conto che i contributi di Clint sono molti di più: non era una sorpresa, perché dopo il 1993 il dipartimento audio della LucasArts era in crescita, l'iMUSE era in corso di perfezionamento, così Peter e Michael erano impegnati più di lui su altri fronti, delegandogli molti dei brani.
- Col senno di poi Clint ringrazia il cielo che il primo confronto con la musica di John Williams avvenne con gli adattamenti MIDI per Star Wars X-Wing (1993) e Star Wars TIE Fighter (1994): se in quel periodo avessero avuto la tecnologia per affrontare l'orchestra di Indiana Jones e la tomba dell'imperatore (2003), non sarebbero stati pronti. Williams è maestro nell'esaltare l'orchestra, una cosa molto sottile e difficile, che puoi gestire solo con un'esperienza più solida.
- Clint ricorda la svolta della Sound Blaster, che poteva gestire sonoro digitalizzato in hardware: il primo effetto digitale mai registrato da loro fu l'urlo di Largo LaGrande quando viene colpito dall'ago della bambola voodoo in Monkey Island 2: LeChuck's Revenge. Per la cronaca, l'urlo è di Peter, così come di Peter era il verso del Tentacolo Viola che beveva la mistura nell'intro di Day of the Tentacle. In realtà, prima di Full Throttle che lo responsabilizzò in quel senso, avevano un approccio amatoriale agli effetti sonori: la maggior parte dei rumori veniva da archivi professionali di effetti preregistrati, spesso scelti in autonomia dai programmatori come Ron Baldwin.
- Fu autore della maggior parte della colonna sonora di Sam & Max Hit the Road e la ricorda come uno degli impegni più divertenti: l'idea era amplificare il gusto kitsch di un certo jazz usato in tv tra gli anni Settanta e Ottanta, per esempio in "Le strade di San Francisco". L'assurdità del gioco poi lo autorizzò a estendere alla musica l'autoironia, l'enfasi del pacchiano, l'esagerazione che erano gli elementi fondamentali dello humor lucasiano nelle avventure, quella stessa atmosfera che si respirava alla LucasArts ogni giorno, con i colleghi e amici. La goliardìa la faceva da padrone, portandoli persino una volta a trasformare un open space provvisorio in un campo da hockey! Certo c'erano scadenze da rispettare, ma secondo Clint a volte i responsabili di produzione mettevano loro una fretta ingiustificata, millantando date d'uscita che nessun altro reparto al lavoro su un titolo avrebbe potuto rispettare. Questa cultura allegra era così importante che, a mano a mano che il dipartimento audio cresceva, la personalità degli assunti era giudicata da loro tre più importante della massima competenza sonora o musicale.
- Il passaggio dalla sintesi all'audio digitale registrato, sempre più gettonato dopo l'arrivo dello spazio garantito dal cd-rom, per lui fu epocale prima che per i colleghi: gli venne affidato il ruolo di sound designer del terzetto, dovendo di fatto impararlo da zero. Fortunatamente, la LucasArts era una costola della Lucasfilm, quindi leggende come Ben Burtt e Gary Rydstrom erano a portata di mano. Imitare il loro talento, traducendolo nei giochi di Star Wars, costruendo su quei rumori così iconici e creativi, fu una sfida. Per lui il sound design è un' "arte concettuale" non meno della musica, bisogna pensare per struttura, studiare: ricorda quando Rydstrom fece portare diversi rettili allo Skywalker Ranch, per registrarne i versi, lavorando su Jurassic Park. Solo pranzare con Rydstrom era per loro una masterclass, sentendolo parlare del suo lavoro. Si poteva applicare quella forma mentis così raffinata al mondo dei videogiochi, ancora in fasce se paragonato al cinema?
- Il momento in cui capirono davvero come funzionava lo stile di Williams alla LucasArts fu lavorando su Star Wars Rebel Assault (1993): c'era lo streaming di audio digitale dal cd-rom, ma non avevano sintetizzatori all'altezza del compito, così presero direttamente in licenza le musiche vere e proprie dei film. Rimontandole, separando tracce e strumenti, impararono nei minimi dettagli come la musica di Williams fosse "gestuale", seguisse ogni azione, anche la più breve. Oltretutto, lavorando sull'audio di Rebel Assault, capì una grande verità: c'è il momento in cui devi ammettere che il caso può aiutare. Vince Lee, il capo-progetto, aveva registrato il tema di Star Wars nel modo più rozzo, inserendo un'uscita per le cuffie nella LINE IN di una scheda audio: i livelli audio erano distorti, così Clint, dopo che il prototipo del gioco fu approvato dalla dirigenza, si offrì di ri-registrarlo in modo più professionale e decente. In poche parole, non riuscì a replicare la particolare "esplosione" di suono ottenuta con quella registrazione sulla carta "fatta male". Sventolò bandiera bianca: "Vince, sai che c'è? Teniamo la tua!"
- Chicca ulteriore: la voce di Darth Vader nella versione originale di Rebel Assault è proprio di Clint, lavorata con le dritte avute da Rydstrom! Clint la sa imitare benissimo, andate al timecode 2:21:00! Fu così bravo che Howard Roffman del dipartimento marketing della Lucasfilm gli chiese poi di registrare un monologo di Vader per un evento. Howard gli raccontò che George Lucas, dopo averlo ascoltato, ignorando che si trattasse di Bajakian, si lamentò: "Ma quanto abbiamo pagato James Earl Jones per questa cosa?!?" Clint ci prese gusto e nei giochi di Star Wars si spinse a interpretare Jabba e anche ruoli secondari: siccome la LucasArts doveva lavorare solo con attori e attrici iscritti al sindacato SAG-Aftra, in quanto parte della Lucasfilm, la direttrice del doppiaggio Tamlynn Barra lo spinse a iscriversi al sindacato. Non se n'è mai pentito, perché ottenne una paga extra seguendo regole ferree!
- Perché Michael, Peter e Clint andavano così d'accordo? Perché conoscevano l'uno lo stile dell'altro così bene, che l'assegnazione dei brani era sempre a colpo sicuro, seguendo le sensibilità e le preferenze dei singoli. Accadde anche quando cominciarono a dividersi i progetti: bastarono pochi minuti per capire che il jazz/swing di Grim Fandango era materia di Peter, che l'imitazione di Ennio Morricone in Outlaws era terreno di caccia di Clint, e che la sperimentazione visionaria di The Dig calzava per esempio come un guanto al gusto e alla ricerca di Michael.
- Tra il 1994 e il 1995 i tre compositori decisero appunto di dividersi i progetti nettamente: Peter incontrò Tim Schafer con Full Throttle e scoccò la scintilla creativa ("Tim si appoggia a Peter come Steven Spielberg si appoggia a John Williams"). A Michael andò The Dig. Lui lavorò come un mulo, perché riarrangiò in MIDI e iMUSE le musiche di Williams per Star Wars Dark Forces (1995), occupandosi allo stesso tempo del sound design di tutti e tre i titoli! Proprio durante il lavoro su Full Throttle ebbe un'epifania: lo streaming audio digitale, finalmente disponibile, avvicinava il suo lavoro a quello di Rydstrom della Skywalker Sound. Gary gli aveva raccontato che negli Star Wars, per enfatizzare il suono delle esplosioni delle astronavi, lo mixarono in modo subliminale col rumore del legno che si spezzava. Clint allora, per rendere più significativo l'avviamento della moto di Ben, registrò di persona un chopper, poi lo mixò con il ruggito di un leone! Sentì le potenzialità creative liberarsi, non si fermo più: nel finale, quando Ripburger vuole la testa di Ben, inserì una grattata di marcia per sottolinearne la rabbia e la decisione, senza che nessuno gliel'avesse chiesto. Era nato il vero sound design creativo nei videogiochi.
Michael aveva regolato la sfida musicale ad alti livelli per The Dig, così s'impegnò per incontrarlo col suono: rumore del vento mixato con sussurri, suoni di torce ad acetilene lavorati col riverbero per i jetpack, mix di suoni di repertorio con la sua stessa voce o con effetti sintetizzati ad hoc... una costante comunicazione subconscia con chi giocava. - Outlaws (1997) fu un'esperienza pazzesca. Studiò tutte le colonne sonore di Ennio Morricone, rimanendo affascinato dal suo eclettismo ("Musica orchestrale classica e all'improvviso strumenti folk: cosa c'entra quel banjo? Cosa c'entra quello scacciapensieri?"). Gli comunicarono che la musica sarebbe stata riprodotta da normali tracce audio e presto Bajakian realizzò: "In pratica dovevo fare un album! Ma se l'avessi fatto con i sintetizzatori in MIDI avrebbe fatto schifo". A quel punto la decisione. Esecuzione live, produzione musicale completa, concepimento per un ascolto classico mai sperimentato da lui prima alla LucasArts: pezzi che cominciavano e finivano linearmente. Si prospettò un lavoro mastodontico, che sarebbe stato impossibile senza la collaborazione del produttore musicale Hans Christian Reumschuessel, che organizzò le registrazioni e suonò di persona il violoncello. Clint coprì le chitarre, le fischiettate e i cori, coinvolgendo per le voci Peter e Michael (per risparmiare qualcosa!). Per il resto, era necessario trovare e assumere musicisti di livello. Tuttora Bajakian considera la colonna sonora di Outlaws la migliore che abbia mai fatto e quella che gli è più cara: ricevette il compito poco dopo che suo padre morì in un incidente, ci mise tutto se stesso e sperimentò una libertà creativa senza precedenti. Per la traccia del "Fuorilegge Sanchez" accettò l'ispirazione di uno dei programmatori, Mark Crowley, una melodia che aveva improvvisato con la chitarra. Nella stessa traccia, il flamenco prende vita letteralmente, perché coinvolsero una ballerina apposta per registrarne i passi sul legno, nel finale! Riceve ancora complimenti per quei pezzi, e tutto questo contribuisce a rendere quel lavoro per lui inarrivabile, indipendentemente dalle soddisfazioni incontrate dopo nella sua carriera. Brano preferito? "Anna's Theme".
- The Curse of Monkey Island, oltre a cementare il suo rapporto con il "discepolo" Julian Kwasneski (cogestore poi della mitica Bay Area Sound, ndDiduz) pose un problema peculiare: il sonoro d'ambiente sul quale lavorarono loro andava per forza mixato con le musiche di Land, perché c'era un limite agli streaming audio paralleli che potevano essere riprodotti allo stesso momento. Questo obbligò lui e Julian a lavorare a stretto contatto con Michael per armonizzarli. Per il resto, ci fu la soddisfazione di poter applicare al "vecchio" mondo di Monkey Island tutto ciò che avevano imparato negli ultimi anni, la loro compiuta identità di sound designer.
- Per Grim Fandango, ormai da responsabile del reparto sound design, si assegnò il noioso processing delle voci (echi e affini): un compito meccanico e ripetitivo, però voleva fare in modo da liberare la creatività degli altri, e pensa tuttora che un "capo" debba venire incontro a chi dipende da lui anche da questo punto di vista.
- Hal Barwood gli fece capire chiaramente che non voleva una colonna sonora continua per Indiana Jones e la macchina infernale (1999), solo parentesi brevi. Nessun problema per lui, anzi: ogni breve brano divenne un'istantanea di un momento del gioco, un bell'esercizio. Anche se le musiche furono realizzate con sintetizzatori, a quel punto la qualità dei campionamenti era già migliorata moltissimo.
- La storia delle musiche di Fuga da Monkey Island (2000) è particolare: in origine si sarebbe dovuto riformare il terzetto storico Land-McConnell-Bajakian, con Michael in qualità di compositore supervisore. Clint si rese però conto che continuava pericolosamente a procrastinare l'inizio dei lavori, c'era qualcosa di strano. Peter e Michael un giorno gli comunicarono che: 1) Lasciavano la LucasArts per creare una start-up; 2) Lui sarebbe diventato il capo del dipartimento audio; 3) Lui sarebbe stato il compositore responsabile di Fuga. Non la prese benissimo, non aveva alcuna voglia di diventare un manager. Resistette pochi giorni prima di rassegnare anche lui le dimissioni, decidendo di fondare la C.B. Productions (poi Bay Area Sound) e di gestire Monkey 4 come primo lavoro da autonomo, mettendo sotto contratto Peter e Michael (oltre che il quasi omonimo Michael Lande e Anna Karney, ndDiduz).
- La macchina infernale, lo realizzò dopo, era stato un primo passo propedeutico per affrontare il maggiore impegno di Indiana Jones e la tomba dell'imperatore (2003), che fu assegnato alla sua azienda: voleva assolutamente che un'orchestra completa eseguisse la colonna sonora, per sposare finalmente in toto l'anima vera di John Williams, ma in teoria non ci sarebbe stato budget sufficiente per consentirlo. Pagò le esecuzioni con una buona parte della sua paga per il progetto: fu un sacrificio pericoloso sul piano economico, perché ormai era indipendente e aveva bisogno dei soldi, ma voleva scommettere sul farsi un nome al di là dell'atmosfera protettiva della LucasArts. Funzionò, perché quell'anno le musiche della Tomba dell'imperatore vinsero diversi riconoscimenti. Fu però pragmatico: per non rimanere del tutto al verde, assegnò all'orchestra solo i pezzi delle sequenze d'azione (oltre che una manciata di scene fondamentali). Si era infatti reso conto che i brani più lenti e d'atmosfera erano gestibili coi sintetizzatori, ma quelli più veloci suonavano troppo meccanici senza l'esecuzione di veri strumentisti.
- Che lavoro ha svolto esattamente nel 2015 sul Grim Fandango Remastered della Double Fine? Per ragioni di budget, McConnell aveva intenzione di far eseguire a un'orchestra solo alcuni brani selezionati ai quali teneva di più, ma gli dispiaceva lasciare tutto il resto della musica con la qualità dei campionamenti dei sintetizzatori del 1998. Chiese allora a Clint di aiutarlo a "ripassare" i MIDI originali in sintetizzatori contemporanei, scegliendo i sample migliori, per migliorarne la resa. Il lavoro è stato svolto nei nuovi studi di Bajakian, i Pyramind, dove insegna anche come docente.
- Riguardo alle due ultime rimpatriate del terzetto, col livello dello Psicoré di Psychonauts 2 e Return to Monkey Island. La prima è stato un omaggio di Peter alla loro comune passione per il rock psichedelico di fine anni Sessanta: la divertentissima sessione allo Skywalker Ranch ha visto anche una dose di improvvisazione totale. Era invece in macchina quando ha ricevuto, ancora da Peter, l'assurda notizia che Ron Gilbert e Dave Grossman stavano per avviare un nuovo Monkey Island e volevano "rimettere insieme la banda", volevano loro tre alle musiche: era uno scherzo? Per Return hanno lasciato la direzione artistica a Michael, come sembrava loro giusto, ma la produzione musicale è stata tutta a cura di McConnell, e non è stata facile: volevano registrare strumentazione live nel periodo a cavallo del Covid, con un budget limitato. Tenevano in particolar modo a legni e percussioni dal vivo, per il resto si sono affidati ai sintetizzatori (anche se Clint non ha resistito a sostituire la chitarra sintetizzata con la sua, almeno nei brani di sua competenza!). Gli piacerebbe moltissimo comporre per un altro Monkey Island.
- Colonna sonora del passato che gli piacerebbe registrare dal vero? Quella di Day of the Tentacle: metterebbe su un'orchestra di massimo quindici elementi, come quelle che lavoravano per i cartoon storici degli anni Quaranta, tipo Disney, Warner e simili. Sarebbe divertente.
- Cos'è cambiato nel mondo dei videogiochi dagli anni Novanta a oggi, riguardo al suo ruolo di compositore e sound designer? Il riconoscimento del loro lavoro. Gli capitava all'epoca di leggere recensioni e di non trovare riferimenti all'aspetto sonoro dei titoli sui quali lavoravano: "Secondo me ai redattori glielo proibivano proprio, dev'essere così!" Ora è tutto cambiato in meglio, i giocatori per primi riconoscono l'importanza della musica, conoscono i nomi dei compositori, come Austin Wintory per Journey, un titolo spartiacque per Bajakian, perché ha messo in primo piano l'importanza della colonna sonora nell'esperienza generale.
- Per lui è stata epocale la colonna sonora di Medal of Honor (1999), a cura di Michael Giacchino: l'Electronic Arts capì che spendere soldi sull'esecuzione di una vera orchestra aumentava il valore del gioco e la sua qualità percepita. Oggi non è così difficile che per l'audio di un tripla-A ci sia un budget sui 2 milioni di dollari. E le importantissime transizioni sono gestite da middleware come FMOD e Wwise. La tecnologia si è stabilizzata, però si è alzata la posta sulla sua implementazione, che diventa atto creativo più che mai: se davvero in Overwatch ascoltassi allo stesso tempo TUTTO l'audio che può essere generato dalle situazioni di gameplay, sarebbe un caos cacofonico. Musica ed effetti vengono ora armonizzati seguendo una logica strutturale, artistica, che la moderna figura del "tech sound designer" garantisce.
- Cosa sta facendo in questo periodo? Sta componendo per un gioco indie umoristico gestionale, intitolato Ale Abbey, dove bisogna gestire la produzione di birra in un'abazzia medioevale: sta cercando di creare musica che plausibilmente si sarebbe potuta suonare in quell'epoca (le musiche sono sintetizzate, con piccoli inserti live). Allo stesso tempo crea l'audio per le applicazioni di Penumbra, destinate alla riabilitazione di diverse patologie. Oggigiorno trascorre metà dell'anno in Turchia, dove con sua moglie ha una casa, e l'altra metà a San Francisco. Non disdegna nemmeno l'Europa (colpo di scena: parte della colonna sonora di Return è stata composta da lui a Roma, dalle parti della Fontana di Trevi!).
Gran finale con questi bellissimi dietro le quinte di Clint, vero?
Alla prossima gente!
Ciao,
Dom
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