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1954 Alcatraz

(2014, Daedalic Entertainment, Gene Mocsy)

Nel 1954 a San Francisco, Joe ha simulato la distruzione di molte banconote, d'accordo col delinquente Mickey, per frodare l'assicurazione. Prima dell'arresto, Joe ha però nascosto i veri soldi. Sua moglie Christine, ex-artista nella scena beat della città, è guardata a vista da Mickey, che spera di essere condotto al bottino. Joe, ad Alcatraz dopo una fallita evasione da un'altra struttura, organizza il perfetto piano di fuga. Christine nel frattempo deve trovare il nascondiglio dei soldi, mentre le sono alle calcagna Mickey, la mafia e il detective Grassi. Fuggiranno lontano col malloppo, oppure la coppia non reggerà alla difficile prova?

Analisi

DESIGN / SCENEGGIATURA

Non è la prima volta che San Francisco fa da location per avventure grafiche: in ambito lucasdelirante non c'è bisogno che citi Zak McKracken, ma anche la concorrenza ha partorito excursus da ricordare, tra cui l'immarcescibile saga di Tex Murphy (recentemente ripartita grazie a Kickstarter), nonché il distopico-grottesco Manhunter 2 : San Francisco della Evryware / Sierra. Per gli autori che tratto in queste pagine, la città californiana è stata teatro e fermento culturale della loro attività: la LucasFilm Games / LucasArts era da quelle parti, la Double Fine e i Telltale hanno in zona le proprie sedi. Ciò valeva anche per la Autumn Moon Entertainment di Bill Tiller, che ha annoverato tra i suoi collaboratori più stretti Gene Mocsy.

Distaccatosi da Bill, Gene ha deciso di seguire la strada (a dir il vero accidentata) di Noah Falstein e Hal Barwood, quando scrissero Mata Hari, poi prodotto dalla DTP. Mocsy ha portato la sua idea di 1954 Alcatraz addirittura alla Daedalic Entertainment. L'azienda tedesca viene spesso giudicata l'erede dell'avventura grafica classica LucasArts; per impegno e diversi buoni titoli l'etichetta non è peregrina, anche se a mio parere la LucasArts migliore era nello spiazzamento e negli esperimenti, non nelle formule. Ad ogni modo, Mocsy voleva realizzare un prodotto tradizionale e non poteva rivolgersi a una ditta più adatta alla bisogna. Ma com'è andata?
1954 Alcatraz a detta del suo autore è pulp, il che si tradurrebbe in: storia di genere a tinte forti (sesso, violenza, comportamento antisociale), personaggi stereotipati, dialoghi a effetto. In sceneggiatura secondo me tutto ciò funziona a corrente alternata. Joe e Christine sono piuttosto riusciti, perché servono l'aura maledetta della vicenda ma hanno un residuo di moralità, diventando così uno specchio di un'epoca a cavallo tra la vecchia America e l'esplosione vera e propria dell'era beat. Si sono sposati appartenendo a etnìe diverse, ma la loro conquista di libertà non li mette al sicuro dalla prova dell'affetto: Joe non ha detto a Christine del piano, Christine ha seminato fidanzati e potrebbe avere ancora un occhio di riguardo per loro. Joe è meno cesellato di Christine, ossessionato com'è dalla fuga, ma si può dire che i protagonisti siano interessanti.

I problemi nascono con il resto del cast, perché l'uso voluto degli stereotipi, se non è in mano a Tarantino, rischia di afflosciarsi nella piattezza. I comprimari che spiccano si contano sulla dita di una mano (forse meno): il prete è uno di quelli, perché espande il discorso della moralità allargata di cui sopra, come pure è impagabile e davvero allucinato l'autore beat asserragliato in casa. Gli altri assolvono solo alla loro funzione di game design, e dispiace che la meccanicità e la povertà di interazione compromettano personaggi come la coppia gay amica di Christine, condannata come il viscido Dale a dialoghi sempre uguali, in un rigido stazionare nelle location. Credo comunque che la precisione dell'ambientazione e l'atmosfera generale siano sufficienti a portare il giocatore verso il climax, in cui è chiamato a tirare le somme, decidendo per diversi finali di gradazione emotiva differente. Non scommetterei però sulla soddisfazione che il percorso con Joe e Christine possa lasciare, perché i problemi di sceneggiatura non sono gli unici ad affliggere il gioco.
Gene Mocsy ha puntato su una flessibilità di game design che però non si è concretizzata. L'interfaccia punta & clicca e gli enigmi basati sull'inventario seguono le regole non scritte dell'avventura grafica classica, cercando di recuperare la possibilità di risolvere alcuni enigmi in modo differente, come accadeva in Indy 3. Come successe però invece con Back to the Future, i compiti sono piuttosto telefonati, cosicché le soluzioni multiple agli stessi problemi non arricchiscono l'esperienza, essendo quasi tutte banali. Più che il ragionamento, in 1954 Alcatraz conta la ricerca di trigger, cioè azioni che sblocchino location, trama e altre azioni disponibili. Questo "unire i puntini", quando s'intreccia alle scene scritte peggio, lascia imbarazzati (si vedano le goffe sezioni su Bernadette e Vivian).

La sempre lodevole non-linearità, che consente di controllare parallelamente Joe e Christine, si scontra col budget ristretto: sulle prime avevo persino la sensazione che le due vicende si svolgessero nell'arco di una sola giornata, ma è evidente che non può essere così, per diverse ragioni che non posso svelare. Posto però che assistiamo quindi a giornate/serate diverse nella vita di Joe e Christine, la messa in scena risulta allora ancora più finta. Possibile che alcuni personaggi compiano le stesse azioni ogni giorno? Vogliamo credere che sia solo una forzatura volontaria per favorire la libertà del giocatore? Si tratta però di chiudere un occhio... e mezzo.
Lascia il segno qualche riuscito momento in cui Christine o Joe devono prendere decisioni su comportamenti da tenere, tanto da far pensare che forse, con i limiti di budget del progetto, una storia interattiva alla Telltale avrebbe salvato il salvabile, mostrando meno il fianco di ambizioni rimaste sulla carta. Per garantire l'approccio semiruolistico di vecchie avventure Lucas o Sierra, non può bastare riempire le tasche di Christine con graffette da scasso.

GRAFICA

I Daedalic non sono esattamente noti per la grafica tridimensionale, anzi: la loro nomea si deve molto all'uso di asset bidimensionali disegnati a mano, elemento che nei Deponia ha sedotto molti dei nostalgici dell'avventura alla Curse of Monkey Island. Questa volta invece abbracciano il più contemporaneo taglio "2.5D", cioè fondali 2D e personaggi in 3D realtime. Lo stile ipergrottesco di alcune parti anatomiche (si vedano le mani enormi e gommose) mi ha ricordato il tocco dei Pendulo Studios, al quale 1954 Alcatraz sembra rifarsi parecchio: d'altronde è un'ispirazione naturale, essendo il gruppo spagnolo un fan sperticato del pulp. La resa è accettabile, ma le animazioni sono ampiamente migliorabili: c'è una bassissima varietà e spesso si usa l'espediente della dissolvenza al nero con effetti sonori, per evitare l'animazione specifica. I personaggi a volte sembrano slittare sul pavimento, e c'è poca attenzione al dettaglio: se alza le braccia una persona che ha in mano una borsa con maniglia, la borsa dovrebbe ricadere lungo il braccio, non rimanere rigida e sollevata come se fosse di cartone! Peccato, perché il design dei protagonisti è apprezzabile, specialmente quello di Christine. Limitati ma abbastanza significativi i cambi d'inquadratura.

MUSICHE E SONORO

Mocsy non è l'unico superstite dell'Autumn Moon. Le composizioni di Pedro Macedo Camacho sono l'aspetto più riuscito di 1954 Alcatraz: Pedro ha puntato deciso a un'orchestra dal vivo (suonando di persona alcuni strumenti), fornendo un tessuto molto piacevole alle musiche del gioco. Il tema della mappa di San Francisco è noir allo stato puro, uno dei pezzi migliori che mi sia capitato di ascoltare ultimamente nell'ambito del genere (fermo restando che il Peter McConnell di Broken Age è inarrivabile), ma anche alcuni momenti jazz sono centrati. Diverso il discorso sulla canzone "Try and Forget Me", cantata da Maria José Leal e suonata da Machado, per la location del nightclub: sarà anche riuscita, ma è davvero stremante ascoltarla all'infinito per tutta la partita, per giunta riavviata ogni volta che si rimette piede nella stanza. Come se non bastasse, gli autori hanno anche deciso di usarla nella sequenza dei titoli!
Julian Kwasneski della Bay Area Sound non si smentisce e, come fa per i giochi dei Telltale, assembla un ottimo cast, che pare pescare da un parco attori diverso dal solito: tra le voci dei personaggi non ho notato i soliti nomi, cosa che sottolinea ancora un particolare impegno di questa produzione sul fronte dell'audio.

Revisione: 4/2014

NOTE TECNICHE SULLA PRIMA EDIZIONE (Windows/Mac)

Per anni la Daedalic ha fatto uso dell'engine Visionaire, ma il motore è stato sostituito qui dal sempre più gettonato e versatile Unity, indispensabile per aprire le porte del 3D. Il funzionamento del titolo mi è parso molto snello a 1680x1050 sul mio PC del 2009, anche se i caricamenti tra una location e l'altra si sono rivelati un po' troppo prolungati. I requisiti hardware Windows parlano di XP, CPU Dual Core 2Ghz, 3Gb RAM, scheda grafica GeForce 200 / Radeon 300 o superiori. Su Mac si richiedono invece OS 10.7, CPU Core Duo, 4Gb RAM (sostanzialmente il gioco gira su ogni sistema Apple prodotto dal 2010 in poi). Pubblicato nel marzo 2014, 1954 Alcatraz è ancora disponibile su Steam e DRM-free su Good Old Games, con sottotitoli in italiano.

Credits (Windows/Mac)

Soggetto: Gene Mocsy
Design e sceneggiatura: Gene Mocsy, Patrick Bay, Marcus Tsong
Design aggiuntivo: Matt Kempke
Grafica dei personaggi: Jean-Louis Sirois, Christine U'Ren, Grischa Nowak
Grafica, animazioni e programmazione: Daedalic Entertainment
Musiche: Pedro Macedo Camacho
Canzone "Try and Forget Me": Pedro Macedo Camacho (pianoforte e composizione), Maria Jose' Leal (voce)
Direzione e produzione del doppiaggio: Julian Kwasneski (BA Sound)
Voci principali: Heidi Kobara (Christine), Reg Clay (Joe), Butch Engle (detective Grassi), Tom Orr (Mickey)