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Star Wars - Il Potere della Forza

ovvero: prove tecniche di dignità

by Diduz

Quattro anni fa Jim Ward, all'epoca vicepresidente ad interim della Lucasfilm sezione marketing, prese in consegna la LucasArts in uno dei periodi più difficili della sua storia, subito dopo il collasso post-cancellazione di Sam & Max Freelance Police. Ragionando su un'inevitabile sinergia tra le divisioni del colosso di George Lucas, Ward decise che il dipartimento interno dovesse non solo tornare ad occuparsi dei franchise multimediali della compagnia, cioè Star Wars ed Indiana Jones, ma che dovesse farlo ai massimi livelli, cioè puntando a creare videogiochi che avessero una dignità di capitoli ufficiali delle storie cinematografiche da tutti conosciute. Niente di nuovo sotto il sole, per chi nel 1992 scoprì un quarto Indiana Jones che non era Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo, bensì Indiana Jones and the Fate of Atlantis. La novità consisteva in un impegno produttivo e promozionale senza precedenti: un enorme budget di una ventina di milioni di dollari, campagna pubblicitaria multipla con premiere in stile blockbuster hollywoodiano, pubblicità combinata con fumetti e novelization (i romanzi basati sulla trama del gioco), uscita a tappeto multipiattaforma.Complice di questa strategia fu il vicepresidente Peter Hirschmann, più esperto nel campo strettamente videoludico, che premette per farla viaggiare parallelamente ad un'innovazione di gameplay.

Per questo la LucasArts acquisì le licenze di due innovative routine: 1) l'Euphoria, che gestiva un'intelligenza artificiale avanzata per i personaggi non giocanti, muovendone gli scheletri in modo adattivo, limitando il ricorso ad animazioni predefinite; 2) il Digital Molecular Matter (DMM), atto a creare superfici e materiali che risentissero in modo credibile dell'interazione, piegandosi e rompendosi come i loro corrispettivi nella realtà. I nuovi giochi avrebbero combinato poi queste due routine con la terza, già utilizzata abbondantemente da anni, dell'Havok, motore fisico che gestisce i movimenti degli oggetti facendoli cascare, volare e spostare in modo fisicamente credibile. L'insieme di questi tre motori venne battezzato Ronin Engine. Dulcis in fundo, i team dei nuovi titoli avrebbero smosso George Lucas in persona per una consultazione attiva sulle trame e sui personaggi delle nuove avventure delle sue stesse "creature". Dei due titoli messi in cantiere, il nuovo Indiana Jones è inspiegabilmente slittato a data da destinarsi dopo due anni di un travagliato sviluppo, lasciando quindi a Star Wars - Il Potere della Forza (Star Wars - The Force Unleashed) il compito di inaugurare questo ambiziosissimo nuovo corso della casa californiana, nella speranza di recuperare il prestigio perduto dopo una gestione disastrata nei primi anni duemila.

Starkiller & Skywalker

Il protagonista della storia, che fa da trait d'union tra l'Episodio III e l'Episodio IV della saga cinematografica, è soprannominato Starkiller. Trovato bambino da Darth Vader in persona durante un raid sul pianeta Kashyyyk, il piccolo dimostra già di avere la Forza nelle vene, tanto che Vader pensa bene di farne il suo apprendista segreto. "Segreto" perché Vader, in puro stile Sith, medita di rovesciare l'Imperatore mandando Starkiller in incognito a compiere missioni terroristiche. Il giovane, totalmente succube di Darth, va quindi in giro per la galassia compiendo stragi, accompagnato dalla pilota Juno Eclipse e dal suo fido droide d'addestramento Proxy. La trama del gioco, meno banale del solito e retta da una sceneggiatura generalmente all'altezza, sceglie una strada diversa sia dalla creazione delle mitologie parallele del passato (vedi la saga di Dark Forces e Jedi Knight con il personaggio di Kyle Katarn), sia dall'appiattimento sulle situazioni straviste dei tie-in meno ispirati. In particolare sono rimasto ammirato da una svolta chiave nella trama, che sostanzialmente ci spiega la nascita di un elemento fondante della mitologia starwarsiana, di cui non parlo per evitare spoiler.

Questo passo rischioso non solo riesce (almeno dal mio punto di vista da semiprofano) a non cozzare con la continuità della serie nell'epico coraggioso finale positivo, ma si permette addirittura il lusso di compromettere la continuity (a titolo di "bonus" facoltativo), nel caso in cui nella scena finale si opti definitivamente per il Lato Oscuro e per un differente epilogo. Giocando, mi sono reso conto di un dato sconvolgente: Star Wars - Il Potere della Forza riesce a rafforzare la mitologia che omaggia, rilanciandola con un entusiasmo genuino, cosa che almeno a mio parere non è riuscita affatto a Lucas con il quarto episodio della saga cinematografica di Indiana Jones. Chissà a questo punto quanto del merito va a lui, che dai documentari sembra essersi solo limitato ad accettare o rifiutare quello che il capo-progetto nonché sceneggiatore Haden Blackman proponeva. Mi sento quindi di fare i complimenti proprio a Blackman, veterano della casa tra i pochi rimasti, che ha potuto debuttare come capo-progetto solo con questo titolo, dopo aver fatto da consulente esperto di Star Wars per gran parte dei giochi precedenti. A quanto sembra, era un compito perfettamente adatto a lui! Unica minima lamentela va al sentimento che unisce Starkiller a Juno Eclipse, che forse avrebbe beneficiato di qualche scena in più per essere trasmesso con più plausibilità, ma globalmente l'atmosfera epica che si respira funziona sul serio: nel contesto di un marchio così abusato, è già un miracolo in sé.

Dalla tecnologia l'idea

È sorprendente che la storia funzioni così bene, considerando che il team di Blackman ha forzatamente fatto scaturire l'intero progetto dalle routine speciali alle quali ho accennato nell'introduzione. Dovendo creare un gioco di Star Wars ed avendo a che fare con una tecnologia che permetteva di riprodurre al meglio il comportamento fisico degli oggetti, i poteri della forza, specialmente quelli oscuri, dovevano essere la chiave dell'interazione. Il resto è venuto da sé, compreso l'innalzamento all'ennesima potenza di tali poteri: una forza "a briglia sciolta", appunto "unleashed". Il Potere della Forza è l'ennesima versione di un picchiaduro a scorrimento che vede il suo embrione nei trionfi di Double Dragon. I livelli, assolutamente lineari e con un margine di esplorazione tendente allo zero, sono corridoi nei quali ci si imbatte in avversari più o meno numerosi intenzionati a fermarci e pronti a subire il nostro Lato Oscuro sotto forma di spinte, saette, lanci di spade laser, fendenti e sbatacchiamenti vari: dei nemici stessi, di suppellettili e persino di interi Tie-Fighter. Le capacità telecinetiche della Forza sono infatti quelle che generano il maggior divertimento primario ed infantile, specialmente quando, proseguendo nel gioco, diventano di una potenza tale da creare piccoli uragani dai danni coreografici, devastanti e megalomani. Gli scontri avvengono con le popolazioni dei vari ambienti nei quali la trama ci porta, di volta in volta classici Stormtrooper e truppe imperiali, indigeni o droidi fuori controllo, come nell'evocativo stage nel pianeta-discarica di Raxus Prime.

Ogni uccisione, a seconda di come venga effettuata, regala dei punti alla nostra esperienza: distribuendo questi tra i potenziamenti dei singoli poteri, si deciderà se sviluppare Starkiller per gli scontri a distanza ravvicinata o se renderlo più letale a distanza. È una libertà che Blackman voleva dare ai giocatori, anche se cozza con la citata estrema linearità dei capitoli. Spesso nei livelli avvengono incontri con nemici più massicci (vogliamo chiamarli "boss"?): verso la fine di queste sfide, il colpo di grazia viene inflitto tramite i cosiddetti "quicktime events". In altre parole la CPU prende il controllo di Starkiller in una spettacolare sequenza di colpi di grazia, mentre a noi non spetta altro che premere con tempismo i tasti che ci vengono segnalati sullo schermo. Una soluzione limitatamente interattiva che denuncia la ricerca di un feeling cinematografico fruibile da anche da non-giocatori, specialmente se si calcola quindi che l'accessibilità caratterizza TUTTE le edizioni del titolo, sia quelle realizzate direttamente dalla LucasArts (PS3 e Xbox 360), sia gli adattamenti per le macchine minori prodotti dai Krome Studios (PS2,PSP,Wii) e dagli N-Space (Nintendo DS). Il ragionamento mi sembra questo, anche se ovviamente risulterà alquanto indigesto ai giocatori professionisti, che hanno trovato il gioco semplice: ogni morte del protagonista NON rigenera infatti i nemici già soppressi. Su PS3 e Xbox 360 è però disponibile una selezione del livello di difficoltà che influisce su resistenza e dannosità dei nemici, nonché molto lievemente sulla loro IA, rendendo queste due versioni migliori anche nella sostanza rispetto alle altre dei Krome, dove le ricariche di energia abbondano e la difficoltà è unica (ma perché?). Nemmeno chi come me è una schiappa con gli action avrà problemi con queste ultime: su PS2 ho scelto di potenziare il "turbine" e il salto con conficcamento della spada in terra, e queste due mosse da sole sono così efficaci che negli ultimi livelli a volte mi sembrava quasi di usare un cheat-mode. Chi si ritenga uno smanettone - adesso si dice "hardcore gamer" - punti alle edizioni PS3 e Xbox 360 e regoli la difficoltà al massimo.

Ce n'è per tutti

Sinceramente, guardando su YouTube i filmati delle versioni PS3 e Xbox 360, non vedo un'enorme differenza tra il comportamento dei nemici gestiti dall'Euphoria e quello dei nemici "preprogrammati" della mia edizione PS2. Ciò forse avviene perché l'interazione devastante che Starkiller ha con l'ambiente non lascia il tempo agli avversari di mostrare la maggiore reattività garantita dall'Euphoria: probabilmente i corpo a corpo di Indy sarebbero stati più efficaci in merito (non per nulla l'Euphoria con i delinquenti di GTA 4 funziona bene, a quanto pare). I Krome Studios, costretti a lavorare sulle meno potenti PS2, PSP e Wii, hanno fatto comunque un lavoro eccellente: all'Euphoria hanno sostituito un sistema ragdoll "intelligente" che si disattiva quando i nemici su schermo sono troppi, lasciando il posto ad animazioni preprogrammate. Altra vittima nelle versioni minori è il Digital Molecular Matter: su PS2, PSP e Wii scordatevi di vedere legno, vetro e metalli reagire alle vostre sollecitazioni in modo sempre diverso. Più roseo il discorso sulla fisica degli oggetti: la telecinesi era un elemento fondamentale del gameplay e non ci si poteva rinunciare, per questo i Krome hanno rimpiazzato il più pesante Havok con il più leggero Open Dynamics Engine, che svolge egregiamente il suo compito facendo rotolare colonne, bidoni, sedie, armadi, statue e strutture in modo efficace. Indiscutibile comunque, com'era prevedibile, la scarsa resa grafica di queste versioni "lite": l'originale PS3 e Xbox 360, curato dal direttore artistico Matt Omernick, è assolutamente affascinante ed utilizza al meglio le architetture multiprocessore delle console next-gen, grazie anche all'aiuto dell'Industrial Light & Magic per modelli e animazioni.

Per fare un confronto, le prime tre schermate di questa pagina, dall'alto, si riferiscono alle versioni next-gen, mentre le altre due a quella Wii. I Krome hanno deciso di "compensare" la minore resa coreografica creando contenuti "ad hoc": PS2, PSP e Wii offrono infatti tre capitoli aggiuntivi della storia, ambientati in un tempio Jedi (che però potevano essere integrati in modo meno meccanico nella sceneggiatura principale), la versione PSP ha delle "missioni storiche" che riproducono i duelli epocali delle due trilogie cinematografiche, mentre la versione Wii, permettendo il controllo della spada laser col WiiMote e dei poteri con il nunchuk, regala anche una modalità deathmatch. Per esigenze di snellezza produttiva le versioni Wii e PSP sono rispettivamente un leggero upgrade ed un leggero downgrade di quella PS2: un peccato, perché la macchina Nintendo ne risulta così sottoutilizzata. A quanto sembra, la versione peggiore, a dispetto del motore 3D, rimane la DS dei N-Space.
Il design dei livelli è nettamente diverso tra le edizioni PS3/Xbox 360 e PS2/PSP/Wii/DS: pur presentando le stesse ambientazioni, la stessa sceneggiatura e le stesse sequenze realizzate in tempo reale con i motori di gioco (con alcuni tagli, sostituzioni, aggiunte o varianti di regia non fondamentali), la collocazione dei nemici, le strutture e i compiti più specifici sono stati modificati per adattarsi alle capacità delle differenti macchine, cercando di restituire in tutti i casi la sensazione principale da trasmettere: spaccare tutto con la Forza.
Una curiosità: sapete chi è il capo-progetto per i Krome? Steve Stamatiadis, che qualcuno ricorderà come co-creatore del platform della Apogee Halloween Harry e soprattutto dell'adventure Flight of the Amazon Queen. È un mondo piccolo...

Uno sforzo encomiabile

Dalla storia coinvolgente al gameplay interessante (seppur debole sulla lunga distanza), passando per le belle musiche di Mark Griskey e Jesse Harlin (memori di Gladius) e le interpretazioni in motion-capture di attori convinti come Sam Witwer nella parte del protagonista, Star Wars - Il Potere della Forza è un titolo storico per la LucasArts attuale non solo in virtù dell'impressionante milione e mezzo di copie venduto in soli cinque giorni su tutte le piattaforme. È un titolo concepito per far soldi, questo è chiaro, ma non a scapito di un'evidente sincerità di intenti da parte del team che è stato stipendiato per lavorarci. La LucasArts ha dimostrato convinzione sia nella creazione del titolo, sia nella gestione delle sue edizioni minori lavorando in tandem con i Krome senza lasciarli a se stessi, al punto che i livelli bonus nel Tempio Jedi appariranno on-line anche su PS3 e Xbox 360. Adesso si tratterebbe di tornare a supportare il PC (grande assente di quest'uscita a tappeto, per evidente paura di un mercato in calo), di pensare meglio e in anticipo le edizioni Wii, che non meritano di accodarsi a macchine elementari come PS2 e PSP, e di calibrare meglio la giocabilità, arricchendola di livelli meno lineari e più esplorabili.

La scommessa meno eclatante rispetto allo sbandieramento di Euphoria e Digital Molecular Matter, la sfida narrativa, è stata vinta. Non è una cosa nuova per chi seguiva la vecchia LucasArts, ma è un bene prezioso che fa piacere vedere recuperato dalla LucasArts odierna, anche se Ward e Hirschmann hanno abbandonato la nave prima di ammirarne i frutti. È questo il vero lato oscuro del progetto: una LucasArts fresca, creativa e attiva sotto il profilo narrativo pare essere nuovamente in turbolenza, mentre alcuni programmatori del gioco, già licenziati, sono stati agganciati prontamente da Bill Tiller per la sua Autumn Moon Entertainment. È lecito avere un'altra "nuova speranza" per il fantomatico prossimo gioco di Indy?
AVVERTENZA: Questo articolo, basato sulla prova della versione PS2 del gioco, è stato arricchito dalla consulenza di Gianluca Verri di Playerinside sulle edizioni PS3 e Xbox 360. I miei ringraziamenti!