Keeper
(2025, Double Fine Productions - Lee Petty)
In un futuro remotissimo, dove la Terra si è evoluta a prescindere dagli estinti esseri umani, un uccello ferito (Ramoscello) trova un inaspettato aiuto per raggiungere una distante montagna: diventa inseparabile amico di un Faro, reso senziente e semovente da una forza inesplicabile. Insieme si metteranno in cammino, liberando via via un pianeta sofferente da un'infestante presenza, Sterpomarcio.
Analisi
DESIGN / SCENEGGIATURA
Si può dire che nel DNA della Double Fine ci siano anche i geni del "videogioco come esperienza", una definizione usata (a volte anche con sarcasmo) per identificare dei titoli che si basano su una sfida molto leggera o assente, sbilanciandosi su un puro apprezzamento estetico. Non che nel corso dei decenni siano mancate nella storia dei videogiochi proposte in tal senso, ma il mondo del digital-delivery e il moderno indie hanno cesellato questo approccio proprio come sottogenere, in particolare dal seminale Journey (2012). E almeno in apparenza questa nuova fatica Double Fine, Keeper, riecheggia proprio l'opera di Jenova Chen e relativi epigoni: astrattismo dell'ambientazione, l'idea di un cammino simbolico attraverso intemperie e imprevisti, l'assenza di testi e dialoghi (i nomi della sinossi che ho scritto qui sopra sono segnalati solo negli achievement o nell'interfaccia). Va però anche ricordato che la breve attività di publishing del team di Tim Schafer, la Double Fine Presents (2014-2019), perseguì questo tipo di proposte in modo più netto della Double Fine vera e propria, con follie come GNOG dei KO_OP o con la "videoarte interattiva" di Mountain e Everything firmata da David O'Reilly. Insomma, per simpatia e per vocazione, la Double Fine doveva dare un proprio contributo alla tendenza. E l'ha fatto con la sua persona più adatta.

Il grafico Lee Petty, sin da quando ha debuttato da designer e capo-progetto col fantastico Stacking (2011), ha per vocazione sempre puntato su una forte caratterizzazione estetica delle sue opere. Ciò non toglie che Headlander (2016) e RAD (2019) siano stati pur sempre un metroidvania e un roguelike, quindi ben identificabili come generi ludici precisi. Il fatto stesso che Lee qui per la prima volta ricopra però allo stesso tempo il ruolo di capo-progetto e direttore artistico è una spia di quello che ci troveremo davanti: prima di tutto un viaggio nell'immagine, un racconto visivo. In seconda battuta Keeper è anche un leggero puzzle-adventure in terza persona, ma quel che basta a rendere interattivo un tuffo in una visionaria videoarte. È un volo pindarico di libera associazione mentale, concepito da artisti di valore, a partire da una suggestione avuta da Petty, mentre durante la pandemia si sfogava passeggiando nei boschi: come potrebbe evolversi la Terra senza di noi?

Se prestate attenzione ai credits, a nessuno è attribuita la mansione del soggetto e sceneggiatura: a mio parere perché il dipanarsi delle situazioni dipende direttamente dalla concept art con poche redini di Lee stesso e di Ryken, Balmet, Gaser, McQue, Rodriguez, Sanchez, Ying. La semplice fiaba si regge sul concetto della luce di Faro come ripristino della speranza in tutte le sue forme: rinasce la vita organica, il tempo confuso torna a scorrere correttamente, comunità divise si riassemblano. Aree facoltative semisegrete attivano degli achievement "spiegoni", ma non sarebbero necessari. I colpi di scena ci sono, ma sono di natura puramente fisica, in grado di esaltare se ci si entusiasma di fronte a spiazzanti soluzioni visive. Non sono sicuro che l'empatia di Faro con l'uccello Ramoscello funzioni così bene, forse a causa delle poche interazioni tra i due che vadano oltre il gameplay. Ho però apprezzato molto che il duetto, dolce, ingenuo e positivo anche nelle avversità, abbia scremato questo sottogenere dai suoi risvolti più cupi, avvolgendolo nell'inconfondibile sorriso della Double Fine. L'empatia vera mi è scattata piuttosto con l'anima intera del gioco, con il suo immaginario e le sue situazioni che sembrano fondere Hayao Miyazaki e Tim Burton, più un ammiccamento alle mutazioni del David Cronenberg che Petty adora e sa canalizzare in modo non horror ma cartoon. Non escluderei nemmeno Stanley Kubrick, ma spiegarvi perché sarebbe uno spoiler.

L'essenziale gameplay consiste nel puntare la luce di Faro su alcune zone interattive degli scenari: il loro luccichìo ci segnala che possiamo tentare di "focalizzare" il flusso aumentandone l'intensità, ottenendo degli effetti. I meccanismi che richiedono un'interazione fisica sono attivabili da Ramoscello, che Faro può indirizzare sull'obiettivo con un altro comando. Questi enigmi non raggiungono mai una particolare complessità, ma è possibile disattivare i prompt testuali (anche in italiano) per un pizzico di aiuto in meno... e per non spezzare l'immersione. Non esiste un free look e siamo privati del "colpo d'occhio" sulle location, per cui l'unica sezione platform e la ricerca delle aree semisegrete di cui sopra causano qualche lieve disagio, ma nulla di particolarmente grave. C'è piuttosto a mio parere qualcosa nell'impianto generale che impedisce a Keeper di toccare le vette evocate nella storia stessa, se mi si passa l'ironia.

La semplicità degli enigmi e la linearità del gioco collocano Keeper a metà strada tra il puzzle game e il "walking simulator". Voluto. Petty desiderava che "inciampassimo" nell'aspetto ludico di quest'esperienza, senza rimanerne schiavi, abbandonandoci senza punizioni: non si cade, non si muore, non si combatte, i riflessi richiesti sono minimi. C'è però il rischio che Keeper risulti troppo breve e semplicistico se preso come gioco, ma al contrario troppo lungo se preso come walking simulator. Da un lato infatti introduce meccaniche nuove e le sfrutta per tre-quattro sezioni per volta, prima però di cambiare impostazione e resettarsi: si rifiuta di crescere in modo tradizionale nel game design. Dall'altro lato quella stessa insistenza su ogni nuova meccanica può diluire il suo impatto più immediato ed "esperienziale", riducendo un po' il ritmo del suo crescendo, con qualche ripetizione meccanica.

Bisogna però ammettere che la Double Fine ha cercato il senso di un servizio come il Game Pass, essendo stata acquisita dalla Microsoft proprio per contribuirvi a modo suo: la natura ibrida di Keeper e l'assurdità della sua premessa sono azzardi dichiarati e calcolati, divisivi nei canali tradizionali anche a causa di un prezzo piuttosto alto all'uscita (30 euro, per una produzione breve ma tripla-A). Quelle stesse caratteristiche sono però un diversivo curioso per chi è abbonato a un servizio... e come Schafer ha dichiarato, la libertà creativa di dar vita a un gioco così, a un'esperienza "weird but chill" ("stramba ma rilassante"), è la ragion d'essere del suo studio. Da questo punto di vista, i 25 anni della Double Fine non potevano essere festeggiati con manifesto più coerente: andando a spasso in compagnia di Faro e Ramoscello.

GRAFICA
Mentre attraversavo Keeper, ho provato una sensazione che ho ritrovato pari pari in un commento di un utente: sembra di giocare in una concept art. Di solito la consistenza più materica e artigianale di un'intuizione grafica viene "irreggimentata" dalla sua trasposizione digitale, a maggior ragione quando da bozzetti bidimensionali si ricavano modelli 3D per ambienti e personaggi. Ecco, questo in Keeper assolutamente non accade! Petty si era posto come stile guida il sapore grezzo del grattage di Max Ernst e da quello ci troviamo circondati sullo schermo: un traguardo stupefacente dovuto non solo alla precisa implementazione delle forme, ma anche al lavoro sugli effetti visivi e soprattutto sulla programmazione grafica di shader ad hoc, a cura del buon vecchio Oliver Franzke. È uno stile che esplode di dettaglio, richiedendo una certa pazienza per abituare l'occhio ad abitarlo, per apprezzare una carrellata di ambienti e biomi con potenti contrasti di colore, dove ogni parte dello scenario può prender vita e quasi sicuramente lo farà.

Le reazioni alla luce del Faro, da parte di ciò che ci circonda, sono un bellissimo leit motiv caratterizzante di Keeper: non solo le piante sbocciano, ma anche i diversi personaggi non giocanti rispondono a loro modo a questa sollecitazione. Faro cammina grazie ad arti arborei che lo fanno sembrare una sorta di grottesco aracnide, ma la sfida per il veterano modellatore David Russell non si è fermata lì, perché la mutazione è un elemento tematico importante di Keeper: siete avvisati. Zach Baharov, che aveva già diretto le animazioni di Psychonauts 2, ha sposato una delle cause più stimolanti per un animatore: studiare un modo di muoversi per ciò che è fisicamente verosimile ma inesistente nella realtà. È iperrealista la direzione della fotografia, a cura di Petty stesso, Ryken e Russell: luce e colore si alimentano a vicenda, aiutati anche dai movimenti di macchina. Come accennato, c'è una regia precisa: chi gioca non ha il controllo sulla camera, ma solo su piccoli "movimenti di correzione" legati alla direzione della luce del Faro. Se l'impresa di Faro e Ramoscello non si può dimenticare, si deve soprattutto all'evidente sterminato lavoro di presentazione grafica, che potrebbe essere sottovalutato per la leggerezza del gameplay.

MUSICHE E SONORO
Petty ha ritrovato per la terza volta la collaborazione di David Earl alle musiche, anche se rispetto a Headlander e RAD qui l'accompagnamento mi è apparso meno invadente e più sottile, ma forse soltanto perché in Keeper è soprattutto la grafica a occupare la nostra percezione. In alcuni momenti le composizioni mi hanno ricordato quella sospensione mistica firmata da Michael Land per The Dig, ma Keeper fa sicuramente più affidamento sulle percussioni e non mantiene la stessa identica atmosfera per tutta la durata. Non penso di essere stato l'unico a sentire persino un sapore alla Wipeout nella penultima sezione. Decisamente la colonna sonora rispetta la poetica mutaforma del gioco intero, se al contrario pensiamo che serve pure scene epiche con soluzioni più classiche e di sapore orchestrale.

La creazione di un mondo alternativo deve però giocoforza passare da un pilastro: il sound design. Il sensibile Camden Stoddard da audio director ha supervisionato non solo gli effetti sonori, ma anche la loro integrazione con le musiche, lavorando a stretto contatto con Earl, tanto che quest'ultimo ha dichiarato di aver persino usato come strumenti alcuni dei rumori più particolari. Dal momento che Keeper è privo di doppiaggio, situazione rara nella storia Double Fine, la qualità immersiva dell'audio è la giusta eco del monumentale lavoro visivo. Camden ha persino registrato di persona il verso di Ramoscello (un po' ossessivo nel capitolo della caverna sotterranea), non essendo riuscito a lavorare in modo soddisfacente versi di uccelli reali.

NOTE TECNICHE SULLA PRIMA EDIZIONE (Windows, Xbox Series X/S)
La Double Fine ha adottato l'Unreal Engine sin dal 2017, così Keeper gira con la sua versione 5.5, opportunamente arricchita dei citati effetti programmati per l'occasione. L'ultima revisione del motore Epic non ha una gran fama, a causa di una pesantezza lontana dall'ottimizzazione di un idTech (invece assai disinvolto in Indiana Jones e l'Antico Cerchio). Keeper, pubblicato su Game Pass e su Steam il 17 ottobre 2025, non presenta ray tracing hardware e sulla carta si accontenta di GeForce GTX 1070 o di una Radeon RX 5700, a patto che montino 8Gb di RAM video: la performance non è un fuscello, ma per fortuna ci sono cinque livelli di dettaglio da scegliere, dal "molto basso" al "molto alto", per singole voci o per preset generali già bilanciati. Combinando questi con i principali upscaling tipo DLSS, FSR o XeSS, è facile avvicinarsi ai 60fps con diverse configurazioni, però farei una considerazione importante.

Col mio PC del 2019 (i7-9700K a 3.6GHz, Geforce RTX 2070 8Gb e 32Gb di RAM), nonostante il gioco me lo sconsigliasse, ho giocato in "molto alto", a 1440p con DLSS su bilanciato, accontenandomi di un framerate tra i 20 e i 40fps, a seconda delle circostanze. In un paio di casi d'emergenza, quando il framerate è sceso sotto i 20, ho alleggerito di poco il dettaglio o mi sono aiutato con l'implementata generazione di frame FSR (offerta anche per le GeForce più vecchie che non hanno quella nVidia, molto comodo). Il mio non è stato masochismo, ho solo scelto la mia battaglia: il gameplay e il ritmo di gioco sono tendenzialmente compassati, non c'è free look, non c'è da puntare mirini e lo stile grafico richiama le animazioni stop-motion, non fuori posto in un contesto da 24/25fps. A gioco terminato, ho scoperto che su Xbox Series X/S la Double Fine ha lockato Keeper sui 30fps stabili, privilegiando il dettaglio: è la conferma che, nell'esperienza di Keeper, è ciò che conta davvero.

Credits (Windows, Xbox Series X/S)
Direzione del progetto e direzione artistica: Lee Petty
Produzione: Naoko Takamoto
Ideazione grafica: Levi Ryken, Lee Petty, Andre Balmet, Matt Gaser, Ian McQue, Nacho Rodriguez, Carlos Sanchez, Bin Ying
Game-design: Gabe Cinquepalmi (sup.), JP LeBreton, Asif Siddiky, Lee Petty
Programmatori supervisori: Kee Chi (gioco), Oliver Franzke (sistema/grafica)
Grafici supervisori: Nick Macksim (ambienti), David Russell (personaggi), Zach Baharov (animazioni), Jeremy Mitchell e Dan Bruington (effetti visivi)
Illuminazione: Lee Petty, David Russell, Levi Ryken
Musiche: David Earl
Sound design: Camden Stoddard (sup.)
Testing: Tony Lo (sup.)
Contributi esterni: FXVille, Squeeze Animation Studios, Terraform Studios, Volmi - A Virtuos Studio

