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Lo stato dell'avventura grafica
all'inizio del 2004?

A cura di Gnupick

La disintegrazione di Sam & Max Freelance Police segna forse definitivamente la fine di un'epoca: quella in cui grandi case di produzione investivano nel genere videoludico narrativamente più completo (insieme ai gdr). Cristiano "Gnupick" Caliendo fa il punto della situazione. Ascoltiamolo.

L’inaspettata cancellazione di Sam & Max – Freelance Police ci spinge a riflettere sul futuro del genere delle avventure grafiche. Prima che qualcuno di voi storca il naso di fronte a questa affermazione, mi appresto a dire che sono certo che le avventure grafiche continueranno ad essere prodotte. Su questo non c’è dubbio: il genere non morirà.
Le AG, figlie dirette delle antiche avventure testuali, non hanno mai preteso computer dalla grande potenza di calcolo, schede video dell’ultimo grido o monitor da 19 pollici a cristalli liquidi. Hanno richiesto, invece, alcune fondamentali basi: una buona storia, puzzle stimolanti e poco altro. A ben poco serve quindi la ricerca forsennata dei programmatori all’ultima innovazione tecnologica, che sia Havok, Antialiasing o Pixel Shading. Spesso i creatori odierni di AG, infatti, sono progettisti indipendenti con un budget ridotto alle spalle, come nel caso di Gilbert Goodmate, Mystery of the Druids e Runaway. Questo, però, implica una distribuzione meno ossessiva e, di conseguenza, minore pubblicità e visibilità sia nei negozi che nelle riviste specializzate. La Rete e le spedizioni on-line provvedono quanto possono, correndo in aiuto agli internauti abbastanza esperti che, comunque, rappresentano una minoranza..
Un gioco con minore visibilità vende meno. Ed è questa la situazione attuale: le AG sono poco visibili sul mercato videoludico, e le poche che vedono la luce sono produzioni a budget minimo. Ciò non vuol dire necessariamente che basso budget = minore qualità. Purtroppo, però, in un mercato che continua pericolosamente a somigliare sempre più a quello del cinema, la creazione di un prodotto ambizioso è affidato esclusivamente alle “major”: ad una buona idea spesso non equivale la possibilità di realizzarla. Giochi come il recente In Memoriam, targato dalla potente UbiSoft, rappresentano più che altro l’eccezione che conferma la regola. Tutto ciò è buffo se si pensa che furono proprio le AG, quasi dieci anni orsono, ad esigere ed ottenere un grosso investimento per essere portate a termine: parlo degli ormai rarissimi film interattivi, genere che, a metà degli anni ’90, fu tacciato di essere ‘tutto fumo e niente arrosto’. In futuro le case di distribuzione hanno abbandonato le AG (ma anche i picchiaduro e i platform, per esempio) per dedicarsi a generi che hanno gettato le basi del panorama attuale, come gli sparatutto in prima persona e gli stealth game.
Purtroppo è il prezzo dell’evoluzione: i tempi in cui Eric Chahi (unico grafico, programmatore e designer di Another World) o Jordan Mechner (Prince Of Persia) tiravano fuori dal cilindro dei capolavori con un pugno di amici e una idea originale sono lontani. L’evoluzione impone dei canoni elevati particolari che possono essere soddisfatti solo con una potenza economica alle spalle.
E qui veniamo a mamma Lucas: la casa californiana ha sempre dimostrato di credere ad un’idea di avventura grafica ben precisa e, in un certo senso, tradizionale. Nel ’90 non si lasciò trasportare dal trend dei film interattivi (trappola nella quale cadde l’altra software house di adventure per antonomasia, la Sierra), preferendo scelte intelligenti e sicuramente azzeccate come, per fare un esempio, un grande nome della fantascienza per curare i dialoghi di The Dig. Un Full Throttle non costava quanto un film interattivo con attori in carne ed ossa, prediligendo un impatto grafico spettacolare e uno stile innovativo, rispetto alla recitazione di attori imbolsiti e scenografie da soap opera.
Quel tempo, però, è finito, e le avventure grafiche "di una volta" incassano troppo poco per essere prese seriamente in considerazione dalle major. Si era cercato di arrivare a un compromesso, con la realizzazione di mix che in teoria avrebbero dovuto accontentare sia gli appassionati delle avventure che quelli dell’azione. In realtà il risultato finale era molto più arcade che adventure, e il tutto suonava come un contentino agli avventurieri [è il motivo per cui ho fatto sparire la scheda di Indiana Jones e la Tomba dell'Imperatore, l'esperimento meno convincente in questo senso, ndDiduz]. Un buon passo in avanti in questo senso è stato portato dall’ambizioso e riuscito (a metà) Broken Sword - Il Sonno del Drago. Proprio questo titolo, insieme a Myst – Uru, Syberia e In Memoriam, rappresenta un tentativo coraggioso di portare le avventure grafiche sulla cresta dell’onda.
Tutto, insomma, sembrava mettersi per il meglio anche per la Lucas che, proprio in questo periodo, stava ultimando il seguito di Sam e Max Hit The Road, annunciato in un momento ben più nero per il genere. La pessima notizia della cancellazione del tentativo di portare le AG nel mondo on-line con Uru – Live sembrava solo un "incidente di percorso". E invece: annunciano lo stop per Sam e Max 2. Ma perché? Perché proprio ora? Sembra che la Lucas abbia smesso di credere nella bontà del genere che l’ha portata al successo, sembra che abbia smesso di credere nei suoi game designer e sembra, soprattutto, che abbia smesso di credere in noi, nei giocatori, negli acquirenti. Un atteggiamento che ha dei precedenti: era già successo con Full Throttle 2, titolo che (sulla carta) doveva combinare elegantemente gli arcade con gli adventure. La storia insegna che i rischi, come gli esperimenti, anche nel campo delle avventure, possono essere molto dolorosi, come insegna proprio Mechner e il suo splendido The Last Express. E’ questo un buon motivo di ritirarsi dalle scene? Probabilmente sì, ma sembrava che quelli alla Lucas avessero optato per la via più tortuosa ma che, alla fine, reca più soddisfazioni. Ci sbagliavamo.
Cosa dobbiamo aspettarci, in futuro? L’ingiustificato e patetico comunicato stampa che annunciava la cancellazione di S&M segna l’abbandono, da parte della LucasArts, delle avventure grafiche. E allora vai con gli incassi facili (chi ha detto “Star Wars?”). Ritirata la Lucas, ritirata la Sierra (che però è uscita con stile con Gabriel Knight 3), cosa ci resta? Le speranze di alcuni avventurieri sono riposte nella Microids di Syberia e Post Mortem e nella Adventure Company, che ha anche pubblicato il Broken Sword 3 dei Revolution in America. Non avranno l’esperienza e il background storico della Lucas, ma questo è ciò che ci passa il convento. Resta da chiedersi perché la LucasArts abbia vigliaccamente deciso, due volte su due, di cancellare un progetto prossimo al termine e mandare i programmatori a casa, piuttosto che ‘salvarlo’, magari vendendo i diritti di distribuzione a qualcuno con più spina dorsale.
E arriviamo al quesito finale: siamo quindi destinati a vedere solo due o tre avventure grafiche all’anno (escludendo i prodotti indipendenti), lasciando titoli coraggiosi o meglio finanziati solo nella testa di alcuni game designer? A mio parere la risposta è sì, e così sarà fino a che qualche imponente software house non se la sentirà di esporsi alla berlina e rischiare tutto pur di dare la possibilità ai giocatori di portare in auge quello che è, forse, il genere videoludico più maturo.