25-2-2023
Mentre un febbraio un po' ambiguo e primaverile ci ha costretto a qualche scambio di giacca di troppo, mi sono dedicato al recupero di un titolo recente che dovevo prima o poi per forza coprire, per ripristinare una continuità di discorso, in previsione di uscite imminenti, da contestualizzare correttamente. Mi riferisco al genere delle avventure narrative, diverse dai punta & clicca a enigmi, in procinto di ripartire proprio quest'anno, a oltre quattro anni dalla chiusura della prima originale Telltale Games.
New Tales From the Borderlands, ripartenza a freddo per la tradizione Telltale
Avevo ormai capito che New Tales From the Borderlands, prosieguo della serie di avventure narrative episodiche Tales From the Borderlands (2014-2015) dei fu-Telltale, non sarebbe mai stato all'altezza del suo predecessore. Era uscito l'ottobre scorso e avevo lasciato momentaneamente correre: costava tanto (troppo) e non avevo alcuna urgenza di affrontarlo, ma al tempo stesso sapevo che, pur realizzato direttamente dalla Gearbox (patria di Borderlands), aveva avuto la collaborazione di alcuni ex-Telltale, coordinati dal loro originale confondatore Kevin Bruner tramite la sua Bruner House. Complice uno sconto deciso sotto Natale, ho colmato la lacuna e questo mese ho creato la per me comunque necessaria scheda. No, non è andata bene, concordo coi giudizi negativi, però valeva la pena di capire dove esattamente fossero i problemi, perché la natura molto leggera del sottogenere delle avventure narrative richiede una cura particolare in un reparto qui carente. Il mio giudizio sul lavoro di Bruner post-Telltale in realtà è però ancora sospeso, perché il suo team indipendente di sviluppo, i Dramatic Labs, non ha ancora debuttato col vero e proprio primo lavoro, cioè quel promettente Star Trek Resurgence (di autori diversi) previsto per aprile.
Onde evitare confusioni, perché dopo la chiusura nel 2018 della Telltale originale sono MOLTO facili, New Tales From the Borderlands NON ha alcun legame con la nuova Telltale: è realizzato come scrivevo dalla Gearbox ed è pubblicato dalla 2K Games, che ha anche acquisito dal primo fallimento Telltale la stagione precedente e ora la vende sugli store.
La nuova Telltale posseduta dalla LCG Entertainment è poco più di un editore (con qualche figura artistica di riferimento e supervisione), che lavorerà di volta in volta con studi esterni, per proseguire quella tradizione. L'attesa naturalmente è per The Wolf Among Us 2, in uscita quest'anno e realizzato dagli ex-Telltale AdHoc Studio, ma è bene ricordare che il nuovo corso esordirà in estate, affidato invece ai Deck Nine Games, in The Expanse. Questa serie di avventure episodiche, le cui cinque puntate saranno pubblicate a cadenza quindicinale, è basata sull'universo creato da James S. A. Corey e trasposto nell'omonima serie televisiva di fantascienza (ho visto le prime due stagioni e l'ho trovata molto avvincente). A questo proposito, la Telltale e i Deck Nine hanno confezionato un nuovo gameplay trailer.
E finalmente... Double Fine Psychodyssey!
La Double Fine di Tim Schafer ha caricato sul suo canale YouTube le ben 32 (!!!) puntate della Double Fine Psychodyssey, cioè il promesso documentario sulla lavorazione di Psychonauts 2 (e dello spin-off Rhombus of Ruin), creato dai 2 Player Productions. Finora ho guardato i primi otto episodi e posso solo dirvi che si preannuncia come un'opera ciclopica, che fa impallidire persino la mia adorata Double Fine Adventure per la quale partorii i sottotitoli italiani, quando nella vita avevo evidentemente meno priorità! :-D
Naturalmente ne riparleremo come si deve a visione ultimata (non so quando!), ma per ora vi segnalo una cosa: tre puntate (#1,#12 e #26) sono in realtà versioni rimontate e/o arricchite di materiale già presentato in altra forma negli anni scorsi. La prima è una versione unica e completa del documentario a sé stante The Color of the Sky in Your World, sulla nascita della Double Fine e la creazione del primo Psychonauts (fu pubblicato in tre tronconi durante la campagna di crowdfunding per Psychonauts 2). Le altre due sono i riassunti delle due "Amnesia Fortnight" svoltesi nell'azienda nei sei anni raccontati: ricordo che queste "due settimane di oblìo" sono quelle in cui Schafer sospende i lavori sui giochi in cantiere e spinge tutti a creare prototipi per le opere future.
Trent'anni di X-Wing e di trionfi dolceamari
Ricordando le mie difficoltà con giochi alla Wing Commander, non mi sono mai azzardato ad affrontare l'a quanto pare più impegnativo Star Wars X-Wing, di Larry Holland & Edward Kilham, pubblicato dalla LucasArts il 15 febbraio di 30 anni or sono. Il gioco è comunque considerato una pietra miliare assoluta dei simulatori di combattimento nello spazio, perciò se qualcuno di voi che ha fiducia nei propri riflessi e nella propria pazienza vuole festeggiare degnamente e avverte la lacuna, segnalo che si può sempre colmare su GOG o su Steam.
Il 1993 fu un anno spartiacque per la storia della LucasArts: il successo stratosferico di X-Wing, bissato a novembre da quello del quasi-laser-game Star Wars Rebel Assault di Vince Lee (titolo apripista per l'era multimediale del cd-rom) cominciò a spostare l'attività dell'azienda su Star Wars, che in capo a pochi anni avrebbe avuto le meglio sulle nostre amate avventure grafiche. Ciò non toglie che in questi primi anni i titoli dedicati alla galassia lontana lontana erano assolutamente all'altezza del nome LucasArts.
Due progetti in crowdfunding all'insegna del punta & clicca
Vorrei segnalare due progetti su Kickstarter, riguardanti avventure punta & clicca di sviluppatori italiani.
La prima segnalazione, non richiesta, è il sequel di The Hand of Glory di Stefano Rossitto, Roots in the Sky - The Hand of Glory, dove c'è anche lo zampino della Daring Touch e quindi di Cristiano "Gnupick" Caliendo (che saluto). In realtà è già finanziato, ma siamo alla stretta finale per gli stretch goal. C'è ancora qualche ora per contribuire.
Mi ha invece contattato Fabio "Guga" Guggeri perché la sua avventura punta & clicca in lowres The Will of Arthur Flabbington è su Kickstarter per raccogliere soldi necessari al doppiaggio inglese, un necessario passo per una diffusione più sostenuta e professionale.
In bocca al lupo a tutti!
Limited Run Games e le parole al vento
Mentre vi ricordo che c'è tempo ancora fino al 5 marzo per preordinare una copia fisica di Return of Monkey Island, vi segnalo pure che il gioco è stato aggiornato con 70 nuove carte-quiz sulla saga, scritte nientepopodimeno che da quell'adorabile matto di Marius "Majus" Winter: sembra che mettano a dura prova il monkeyislandiano che è in tutti i noi, non mi ci sono ancora cimentato.
Ma parliamo di cose serie, ahimé. Lo scorso mese avevo discusso delle polemiche inerenti Limited Run Games e vi avevo detto che avevo pregato Craig Derrick della Lucasfilm Games via Twitter affinché almeno dilazionassero queste costose edizioni speciali, per chi magari non fosse collezionista con migliaia di euro/dollari da spendere, ma volesse scatole simili alle originali che gli/le mancano, senza soffrire ancora di più nell'usato. Tutto inutile: nemmeno il tempo di una settimana, ed ecco che LRG ha lanciato i preordini per le scatole di Maniac Mansion fino al 2 aprile! E dire che nello scorso aggiornamento avevo ipotizzato che coprissero Maniac e Zak McKracken "l'anno prossimo". A questo punto direi che SICURAMENTE entro l'anno non solo vedremo Zak (che peraltro va incontro al 35° anniversario, è pronta pure la scusa), ma a ridosso di Indiana Jones 5 al cinema (ammesso che riescano a resistere fino alla fine di giugno!) scommetto che salteranno fuori le Edizioni da Collezione di Last Crusade e Fate of Atlantis. Non so che dire, per me doveva andare diversamente. E non solo su quel fronte.
Il team di Limited Run Games è stato ospitato addirittura sul sito ufficiale della Lucasfilm per parlare di questa riedizione di Maniac. Se ricordate quello che ho scritto il mese scorso, immaginerete come abbia inchiodato con un'imprecazione, quando mi sono imbattuto in questo passaggio che ci tengo a tradurre, digrignando un po' i denti.
Maniac Mansion era disponibile per Commodore 64, Amiga e DOS, tra gli altri. Se mettete gli screenshot uno accanto all'altro, magari non sembrano tanto diversi, ma ci sono piccole sfumature da versione a versione, e i giocatori hanno emozioni legate a versioni specifiche, a seconda di quella che hanno giocato da ragazzini. Includiamo i backup di ogni possibile versione, in modo che si possa viverle tutte. Queste scatole diventano una sorta di archivio per ciascun gioco, con ogni versione contenuta sull'USB drive.
Tutto condivisibile fino all'ultima frase. Dare per scontato che la preservazione ufficiale e legale della storia videoludica, di TUTTE le versioni dei grandi classici, COINCIDA con un esborso di minimo 100 euro e soprattutto edizioni limitate (quale contraddizione in termini!) è una cosa che non accetterò mai come ovvia, logica e ragionevole. Perché non è nessuna delle tre cose, e la naturalezza con la quale ormai viene proposto e accolto il ragionamento m'immalinconisce non poco.
ScummVM raccontato dal di dentro
Il canale "Conversations With Curtis" ha intervistato il programmatore Eugene Sandulenko, il responsabile da tempo immemorabile dell'interprete ScummVM, l'app più amata dai giocatori di avventure grafiche. Ne è venuta fuori una conversazione molto interessante, dalla quale si evince proprio sia la crescente importanza di questo programma, sia la dedizione pazzesca alla causa ultima: rendere giochi antichi nativamente compatibili con le piattaforme contemporanee. Il discorso si fa a volte piuttosto tecnico, nel riassunto ho cercato di mantenere nei limiti del possibile (e della mia competenza!) una certa comprensibilità divulgativa.
- Non ha avuto un PC suo prima dei 21 anni, prima aveva accesso a un sistema non suo e lì giocava essenzialmente avventure grafiche. Il resto del suo mondo videoludico, quand'era ragazzino, era rappresentato da un clone sovietico del Nintendo Game 'n' Watch di Topolino (con personaggi diversi!)... e degli occasionali arcade che vedeva giocare, ma ai quali lui stesso non giocava per mancanza di soldi.
- Cominciò a sognare di programmare nel 1987, prima ancora di possede un PC suo, leggendo gli schemi di un chip su una rivista e facendo reverse engineering a mano su carta! Fortunatamente un amico di famiglia gli concesse di usare il sistema che avevano all'università, un clone del PDP. Aveva 13 anni. Partì col BASIC, poi seguì l'Assembly per i processori 8080 e infine il C, già sei mesi dopo. Il suo primo impegno fu in Russia come programmatore UNIX: era ancora minorenne, ma fu raccomandato da un insegnante che ne notò le capacità. Nei primi anni Novanta lì furono tra i primi a conoscere internet. Rimpiange di aver perso tutti i citati appunti a mano, dopo aver lasciato la Russia.
- Il suo incontro con ScummVM avvenne nel 2003: aveva comprato Full Throttle e voleva giocarci su un sistema UNIX, così scoprì l'utility. Il gioco crashava per un problema con i font. Non resistette e propose una patch. Riprese a giocare e scoprì che le sequenze d'azione non erano implementate, perché nessuno aveva avuto tempo e forze per fare il reverse-engineering del motore INSANE per i filmati in streaming da disco. Si offrì di provarci, impiegò un mese e mezzo di lughe nottate. Aveva lavorato nella sua vita anche come esperto di sicurezza informatica e white hacker, aveva già una lunga esperienza di reverse engineering.
- Eugene spiega la differenza tra un emulatore e un interprete come ScummVM, che lui definisce anche "re-implementazione" del codice originale. Nel mio articolo di due anni fa ho anticipato già quello che dice Sandulenko in questa parte dell'intervista.
- L'implementazione di una nuova avventura nell'app può avvenire in tre maniere:
1) Il proprietario del titolo concede al team il codice sorgente, chiaro e facile da adattare alla macchina virtuale di ScummVM;
2) Avvii il gioco con un emulatore e studi cosa fa l'eseguibile (il file ".exe") con un disassemblatore: studi il codice macchina e il codice Assembly, e cerchi di ricrearlo in C, ma può essere un processo lentissimo, a seconda della complessità del gioco (disassemblare Blade Runner ha richiesto per esempio otto anni);
3) Ignori l'eseguibile e studi i file contenenti i dati e gli script di gameplay (lo stanno facendo per esempio per le avventure realizzate in Macromedia Director, in passato fu seguito quel processo per l'AGI e l'SCI della Sierra). - Implementare un gioco in ScummVM richiede un'enorme dedizione: capita spesso che uno degli sviluppatori si tiri indietro per stanchezza, prima di tagliare il traguardo. È sempre contento quando appare qualche volontario per raccogliere un progetto abbandonato: sta succedendo per esempio adesso con l'engine della Core Design per Curse of Enchantia.
- Includere in ScummVM interpreti esterni diventa anche una sfida "politica": gli sviluppatori di Free SCI, che serviva a giocare i punta & clicca della Sierra, inizialmente non volevano confluire in ScummVM, almeno finché non li hanno convinti con una prova. In compenso è stato proprio uno di quei programmatori, quando fu il momento di adattare l'SCI32, a trovare un modo di gestire tutti i giochi più moderni con istruzioni a 32bit. Da queste fusioni di solito ci guadagnano tutti.
- Una delle sfide per un interprete come ScummVM è supportare tutte le versioni uscite di un gioco (anche sulla stessa piattaforma: la Sierra era specialista nel mettere in circolazione versioni sempre diverse di un'avventura, accumulando bugfix).
- Blade Runner è stato complesso perché non si basa su un codice unico che governa la logica di gioco, ma ci sono sostanzialmente dll separate per gestire ogni situazione e ogni personaggio (quasi un centinaio!). L'impresa di reverse engineering non poteva che durare tantissimo. Eugene non si stupisce della cattiva resa dell'Enhanced Edition criticata da tanti: gli sviluppatori di quella sono stati messi in condizione di rispettare una data di consegna precisa, il quarantennale del film, lavorando troppo di fretta. Purtroppo il publisher della Enhanced, i Night Dive Studios, aveva cercato di coinvolgere il team di ScummVM nell'impresa, c'era buona volontà da entrambe le parti, ma non si è riusciti a trovare un accordo commerciale che soddisfacesse tutti. I rapporti non sono certo migliorati dopo che i Night Dive hanno pubblicato la loro Enhanced usando i file dei sottotitoli creati per ScummVM, sostenendo di averli ricavati dal gioco stesso (ma non esistevano!). L'impegno su Blade Runner per ScummVM non è peraltro nemmeno terminato, perché stanno lavorando sullo sblocco di situazioni e asset presenti nei dati ma rimossi dal gioco pubblicato (una loro personale "Enhanced").
- L'engine NGI per l'avventura grafica russa Full Pipe è stato un suo pallino personale: complesso come quello di Blade Runner, è stato il primo engine da decifrare sviluppato in C++, la cui virtualizzazione della memoria crea notevoli problemi in fase di reverse engineering. Ama quella misconosciuta avventura, basata sullo stile fuori di testa di un artista russo di nome Ivan Maximov: per Eugene è un po' come la saga di Goblins ("quelli però si facevano di LSD, lui ci dava giù con la vodka").
- Per dichiarare completo il supporto di giochi in SCUMM manca solo l'implementazione del multiplayer nell'ultimo titolo sperimentale mai creato con il mitico engine di Ron Gilbert: lo strategico Moonbase Commander (2002) della Humongous. La campagna single player in realtà già funziona, ma il succo del gioco è nel multiplayer, così Eugene non ha intenzione di supportarlo ufficialmente finché il lavoro non sarà finito al 100%.
- Una delle citate sfide future di ScummVM è il supporto ai titoli creati con il Macromedia Director. Su otto versioni dell'engine e dell'ambiente di sviluppo, al momento è pienamente operativo il supporto del MD fino alla versione 4, con un lavoro preliminare già compiuto sulle versioni 5-6. Grazie alla disponibilità di un ampio materiale di testing di ogni funzione, gentilmente offerta dallo sviluppatore originale del motore (John Henry Thompson), si procede a passo deciso, non troppo rapidamente ma senza intoppi.
- E il supporto dei giochi creati in Flash, dismesso dall'Adobe nel 2021? Per ora non si sono lanciati nell'impresa, si occuperebbero prima dei titoli sviluppati in HyperTalk.
- Stanno per raggiungere il traguardo dei 100 engine implementati in ScummVM! Prossimamente arriverà il supporto dei primi due Syberia (ma solo delle versioni Mac, che usano un motore diverso, quello che è stato implementato da un volontario), Escape From Hell, la saga di Might & Magic e The Immortal.
- Cosa pensa del nuovo emulatore di giochi LucasArts, il DREAMM dell'ex-Lucas Aaron Giles? È appunto un emulatore di PC, una cosa diversa da ScummVM, ma hanno deciso di raccogliere un appello di Aaron: per preservare il più possibile le esperienze com'erano, sarà possibile dalla prossima versione di ScummVM usufruire dei menu originali di salvataggio, caricamento e/o settaggi vari. La versione 2.7 di ScummVM avrà inoltre un sistema opzionale per il riconoscimento automatico dei giochi già in cartella, senza richiedere configurazione.
- Altre novità della prossima versione di ScummVM, già testabile, includono per la prima volta, a grandissima richiesta, la maggior parte degli shader per emulare i monitor CRT su schede video che supportano l'OpenGL. Sono gli stessi shader del multiemulatore Retroarch, quindi ce ne sarà per tutti i gusti!
- Come si può contribuire a ScummVM? Col testing, oppure creando le icone per i singoli giochi (tra poco supportate nei menu), oppure creando contatti tra il team e i proprietari del codice sorgente di qualche titolo, oppure ancora semplicemente donando qualche soldino! Sono anche in cerca di uno sviluppatore a tempo pieno per le versioni iOS/Android di ScummVM, le più popolari dopo quelle Windows, ma sprovviste di un responsabile da dieci anni.
Brad Taylor ancora sullo SCUMM, tra LucasArts e Humongous
Già qualche mese fa il programmatore Brad P. Taylor, fondamentale nel codice dell'engine SCUMM e dei relativi tool nell'epoca d'oro, aveva raccontato qualcosa di se stesso e delle sue esperienze. È tornato a farlo più a fondo, anche lui canale Conversations With Curtis, in una lunghissima chiacchierata di due ore. Non ve la riassumo tutta, perché salto ciò che già disse in quell'altra circostanza, quindi se siete incuriositi potete integrare quello che c'è qui in basso col precedente riassunto.
- Iniziò da ragazzino a programmare in BASIC, solo per un anno, prima di buttarsi direttamente sull'Assembly per la famiglia di processori 6502, come accadde a molti.
- D'istinto tendeva già a preferire la programmazione dei tool per sviluppare i giochi alla creazione dei giochi stessi, ma ne creò lo stesso un paio e li piazzò sulle BBS. Sono ancora rintracciabili su archive.org: Beyond Columns e Fallout.
- Il suo colloquio alla Lucasfilm Games, nel maggio 1990, lo rese molto teso. Era il suo primo vero colloquio, aveva 20 anni secchi e, anche se lo staff della Lucas aveva poco più della sua età, avevano molta più esperienza di lui e lo intimorivano. Aveva anche preparato una piccola demo con lo sprite di Indy che si arrampicava sul logo Lucasfilm Games, rippato dall'intro di Last Crusade, ma non vollero nemmeno vederlo e ci rimase un po' male.
- Brad cita il tool DK, abbreviazione per "Decay", che serviva a ridurre i colori di schermate VGA per le macchine che ne gestivano meno di 256, per arrivare per esempio alla modalità a 32 colori di alcune versioni Amiga. Il tool è stato recentemente reso disponibile da Brad stesso su Github, se volete spiare dietro le quinte.
- In materia di colori, gli fu assegnato anche il compito opposto, cioè quello di aggiornare tutti i tool SCUMM ai 256 colori della VGA, perché fino a quel momento erano legati alle specifiche dei 16 colori EGA.
- Per Monkey Island 2 lo SCUMM necessitò di un possente ampliamento, quando vi venne integrato l'iMUSE per la gestione delle musiche interattive. C'era bisogno di una serie di comandi che sincronizzassero le animazioni alla musica, una comunicazione reciproca tra immagine e suono, mai provata prima alla Lucas (e quasi da nessuna parte altrove, se non alla Origin per Wing Commander). La scena della danza degli scheletri è un ottimo esempio di questi comandi a pieno regime.
- L'accordo tra Ron e la LucasArts, alla fondazione della Humongous Entertainment, prevedeva come sapevamo che lui continuasse a sviluppare lo SCUMM anche per la LucasArts, in cambio della possibilità di usarlo nelle imminenti avventure per bambini che avevano in mente. Brad però confessa che, mentre loro passavano sempre alla Lucas ogni upgrade, la comunicazione inversa purtroppo non c'era...
- L'inserimento di minigiochi nei titoli Humongous o in avventure LucasArts come Sam & Max Hit the Road venne non solo da esigenze artistiche, ma anche dalla pura capacità delle macchine, che erano finalmente in grado di poterli gestire a velocità decente. C'era un limite a quello che si poteva fare finché il massimo a disposizione era un 286.
- Era comprensibile che la LucasArts avrebbe prima o poi mollato lo SCUMM per ambienti più sofisticati come il GRIME usato in Grim Fandango, perché il mercato stava andando in quella direzione. A dir il vero meditarono alla Humongous di creare qualcosa in 3D, ma il loro pubblico di riferimento di bambini probabilmente usava ancora i computer vecchi non aggiornati di mamma e papà, e sarebbe stato un azzardo commerciale puntare sull'uso di schede acceleratrici o processori troppo recenti. Ad ogni modo, l'RTS Moonbase Commander (2002) è significativo, perché rappresenta il massimo di quello che si sia mai potuto ottenere con lo SCUMM al termine del suo ciclo vitale, con tutte queste migliorie compreso il supporto del Direct3D.
- Il passaggio dello SCUMM dal Dos al Windows non comportò solo la sfida della risoluzione 640x480 invece della 320x200 (già di per sé vessante per l'hardware), ma un cambio radicale di architettura: con il Dos erano abituati a costruire codice che interloquisse con le periferiche direttamente, mentre Windows diventava a quel punto un tramite tra il programma e l'hardware. Sicuramente puntare sull'alta risoluzione e Windows con la Humongous fu una bella scommessa: con i sistemi di fine 1993 si ottenevano all'incirca 10 fps (!!!) e decisero che si poteva rischiare. Le migliore architettura delle SuperVGA era VESA/Local Bus, e una velocità sostenuta per disegnare grafica in highres, a suo parere, non si è ottenuta fino all'arrivo del bus PCI.
- Quando intorno al 2010 gli è stato chiesto dalla Nimbus Games di eseguire per conto dell'Atari il porting mobile dei titoli Humongous che avevano acquisito, non ha avuto problemi certo di hardware: anche il più debole smartphone Android era in grado ormai di gestire le risorse necessarie a quelle avventure. Il limite era semmai gestire la grandezza dei download: fu costretto a comprimere l'audio a 4-Bit e a rendere i giochi scaricabili a sezioni, per giunta inserendo il pay-wall dopo un prologo gratuito (una forzatura, ma il mercato mobile voleva questa formula). Il guaio era trovare i sorgenti dei titoli, perché l'Atari non li aveva archiviati o li aveva persi! Per questa ragione è riuscito a riprogrammare, andando a caccia del materiale nei backup privati suoi e dei colleghi, appena cinque-sei titoli della cinquantina che la Humongous realizzò!
- Non aveva mai pensato di contattare gli autori di ScummVM a quel punto? L'Atari non voleva, perché aveva già causato un grosso problema legale, quando aveva commissionato a una ditta esterna un porting di alcuni titoli Humongous, e quella ditta aveva utilizzato ScummVM senza permesso e senza segnalarlo. Rimane comunque ammirato da ScummVM, anche se negli anni ha sempre avuto remore nel collaborare con loro, perché legalmente è ancora sottoposto alle clausole di riservatezza che ha firmato all'epoca.
- Era un grande fan di Flash e di Adobe Air, e a suo parere la reazione dell'Adobe alla condanna di Steve Jobs per la lentezza avrebbe dovuto spronarli a risolvere il problema, non a darsi per vinti. Stesso discorso per le falle di sicurezza nel Flash: se furono notate, spiega Brad, era anche per via di una meritata diffusione capillare. Non è mai stato un fan delle animazioni vettoriali, ma trovava eccellente tutta l'infrastuttura del Flash e la sua portabilità. Ai tempi dello SCUMM alla Humongous avevano dovuto creare un sistema di layer molto simile a quello del Flash.
- Ha giocato a Return to Monkey Island? Solo una ventina di minuti, sulla Switch di sua figlia (che poi lo rivoleva indietro). Gli piace il look del gioco e apprezza l'interfaccia, trova interessante il fatto che gli indizi compaiano già mentre stai facendo l'azione, ancora prima di cliccare.
- Tra i giochi SCUMM ai quali ha lavorato direttamente o indirettamente quali preferisce? Day of the Tentacle per la LucasArts (era già alla Humongous ma usarono i suoi tool, e lo trova un'avventura splendida), e Putt-Putt Saves the Zoo e il citato Moonbase Commander alla Humongous.
- Generi preferiti? I puzzle game, più che le avventure grafiche. Ma professionalmente, più che il game design, lo interessa la programmazione dei tool, in particolare tutto ciò che possa facilitare la realizzazione e l'implementazione delle animazioni.
Ed eccoci arrivati alla fine di questo aggiornamento. Per il mese prossimo ho in mente di aprire un'altra nuova scheda, destinata a un titolo ormai anziano, non eccezionale, ma che non merita di essere dimenticato. Di cosa starò parlando? Suspense...
Ciao,
Dom
29-1-2023
Gennaio è sempre il mese che non passa mai, se poi ci si mettono anche sindromi assortite di raffreddamento ad allungare la percezione del tempo, peggio ancora! In questo caso comunque non tutte le dilatazioni spazio-temporali son venute per nuocere, visto che si sono accumulate diverse news di cui parlare... e ho avuto il tempo di riattraversare un gioco "minore" che in realtà non era tale all'epoca e ancor meno col senno di poi!
The Cave compie 10 anni!
Anche se c'è uno zoccolo duro che non ha scritto e forse nemmeno pensato "È tornato Ron Gilbert" prima di installare Return to Monkey Island, il nostro Ron già da una decina d'anni era tornato alle avventure grafiche. Prima ancora di prendere di petto i propri trascorsi con Thimbleweed Park, fece un curioso esperimento in seno alla Double Fine del suo amico Tim Schafer. Parlo di The Cave, un apparente platform dal cuore di avventura grafica punta & clicca, multipersonaggio, surreale, satirico e molto, molto cattivo. Uscì nel gennaio 2013 dopo due anni di lavoro e fu accolto con molta freddezza, cosa sulla quale Gilbert è tornato più volte a recriminare, chiedendosi dove avesse sbagliato. Dopo 10 anni, continuo a essere discretamente certo dell'errore principale, ma continuo pure a godermi ogni giro che mi faccio in quel grottesco viaggio all'inferno del cinismo umano.
Dopo aver rigiocato, ho rivisto la scheda, scremandola delle considerazioni più datate, espandendo alcuni discorsi, aggiornandone altri al post-Return, sostituendo tutti gli screenshot, ragionando sul funzionamento del gioco sui sistemi attuali. Ho anche inserito e commentato una foto di un piccolo gadget che comprai all'epoca, del quale non avevo mai parlato.
Buona (ri)lettura, e ricordate che fino al 31 gennaio su Steam praticamente ve lo regalano per 4.40 euro!
Addio a Earl Boen, alias LeChuck (e non solo)
All'Epifania ci ha lasciato a 81 anni Earl Boen, celebre con le sue fattezze per aver interpretato lo scettico dr. Silberman nei primi tre Terminator, ma nel mondo videoludico specialissima voce di LeChuck: Boen è stato in lingua originale la nemesi di Guybrush sin da quando i personaggi hanno iniziato a parlare, in The Curse of Monkey Island (1997). Lì e nel successivo Fuga da Monkey Island (2000) i giocatori italiani non l'hanno sentito, perché qui sostituito dal centrato Pier Luigi Zollo (1943-2005), ma poi anche loro dovrebbero averlo apprezzato nella prima e nella seconda Special Edition della bilogia originale tra il 2009 e il 2010, da noi solo sottotitolate. Earl, che già voleva andare in pensione, si fece nello stesso periodo strappare dai Telltale la partecipazione a Tales of Monkey Island (in corso d'opera, perché nel primo atto di Tales LeChuck era stato interpretato da Adam Harrington). Gilbert e Khris Brown avevano pure provato a richiamarlo per Return to Monkey Island l'anno scorso, ma a quel punto avevano ricevuto un rifiuto più deciso, anche se pare che Boen abbia dato la sua benedizione al sostituto Jess Harnell, che ha chiaramente cercato di imitarlo.
Una curiosità: avete con ogni probabilità sentito la voce di Boen in un altro gioco importantissimo, ma non l'avrete associata a LeChuck. Earl fu infatti il doppiatore del Macellaio nell'allucinante climax di Psychonauts (2005)!
Return to Monkey Island in formato fisico... e il dilemma di Limited Run Games
Come ho già annunciato via social, fino al 5 marzo sono aperti i preordini per le edizioni fisiche a tiratura limitata che Limited Run Games sta preparando per Return to Monkey Island. Non avendo molto il polso della situazione in quest'ambiente, sono rimasto forse ingenuamente stupito dal disprezzo quasi plebiscitario che ho visto aleggiare sui social, indirizzato proprio all'editore americano. L'evitamento dei loro prodotti, se non addirittura il boicottaggio, viene spesso evocato.
La sostanza delle lamentele sta proprio nel modus operandi di LGR, che sta assumendo un monopolio su queste assai costose edizioni fisiche a tiratura limitata (a scapito di iam8bit o Fangamer), avviando mille progetti con preordini, per poi realizzare e spedire le scatole mesi e mesi dopo. Nel caso specifico delle edizioni di vecchi e nuovi titoli legati alla tradizione LucasArts, negli ultimi tempi ha avviato preordini quasi in parallelo: appena il mese scorso vi segnalai la scatola di Sam & Max Hit the Road, ma all'inizio di gennaio hanno lanciato anche Loom. Se a questo aggiungiamo che per i non-americani le spese di spedizione con rincaro doganale gonfiano non poco le cifre di partenza, ci sono collezionisti pure disinvolti che iniziano a frenare e protestare. Oltretutto, confermando una tendenza per me già evidente con la Monkey Island 30th Anniversary Anthology, spremono il limone in modo alquanto imbarazzante. Riguardo a Return, la spudorata mossa delle cinque chiavi diverse, una per ogni versione PC/Switch/PS5/Xbox/Upgrade-kit-per-l'Anthology, è un chiaro ricatto ai collezionisti estremi, i "completisti".
Ciò detto, ho comprato lo stesso la mia edizione scatolata PC (solo quella!). Sono forse impazzito?
Vedete, io non ho voglia di boicottare Limited Run Games in questo caso, perché... involontariamente non ho fatto altro da sempre! Sapete quante scatole di LRG ho a casa mia? Una. E sapete quante ne avevo pagate prima di acquistare Return? Zero. Non scherzo, di LRG ho solo la scatola di Sam & Max Save the World, regalatami dalla Skunkape come ringraziamento simbolico per la mia collaborazione alla revisione delle traduzioni: volevano ricompensarmi in qualche maniera, io non volevo e allora ho trovato questo escamotage, motivato dal fatto che avevano gentilmente messo il mio nome nei credits del manuale. Mi pareva una cosa carina, ma per dirla tutta: il mio nome dovrebbe esserci pure nel manuale di Sam & Max Beyond Time and Space, però mica ho comprato quell'altro scatolazzo. Come ho scritto tante volte, non riesco proprio a spendere tanti soldi per cose che già ho, per scatole nuove che dovrebbero affiancarsi alle vecchie, magari acquistate proprio all'epoca, per me dal valore affettivo che travalica quello di simili riproposte. Quando mi viene la tentazione penso che con oltre 100 euro potrei comprare una decina (e forse più ai saldi) di avventure grafiche contemporanee in digitale, per me nuove, sostenendo il genere com'è ora, invece di investire nel passato, la cui gloria peraltro non viene né accresciuta né sminuita dai soldi che incassa o perde LRG. Opinione personale, s'intende.
La ragione stupidissima per cui ho comprato Return da LRG è che si tratta di un gioco nuovo: mi piace avere un ricordo fisico dei titoli che tratto sul sito (senza completismi e senza darmi regole strette) e questa è un'occasione per averlo. Sostenendo il kickstarter di Thimbleweed Park mi forzai a investire 150 dollari per avere in regalo la scatola (dopo i 100 mi scatta il freno d'emergenza, per qualsiasi cosa), e quel precedente mi ha aiutato in questo caso: tra acquisto di Return su Steam mesi fa e questa scatola siamo poco sotto quella cifra. Non sono deluso dal delirio di onnipotenza e dalla crescita scomposta di Limited Run Games, semplicemente perché per lasciarla cadere dal piedistallo dovrei avercela messa prima. L'anno prossimo tireranno fuori scatole di Maniac e Zak? Probabile. Ho l'obbligo morale di comprarle, sennò non posso definirmi fan? Ma con lo stracacchione. LRG ha su di me il potere che io gli concedo di avere. La scatola di Save the World che ho mi sembra piuttosto buona, anche se campava di rendita sui gadget originali Telltale riprodotti. Valeva 80 dollari? Per me una cosa del genere dovrebbe costare la metà, ma non sentendomi abbonato allo stillicidio, posso forzare me stesso per un caso particolare come quello di Return. Confesso che ho difficoltà a giudicarli male per la spregiudicatezza delle cinque chiavi, perché tengo presente cifre da stipendi mensili / mutuo, richieste oggi per cose tipo Zak C64 in italiano, su Ebay. Mi si dirà che non è la stessa cosa e quelle sono scatole originali, ma non riesco a distrarmi dal valore assoluto di quei numeri. È partita da tempo una spirale inarrestabile intorno agli scatolati lucasiani, con un business semiamatoriale che prima o poi doveva innescare una concorrenza industriale. Mi sento estraneo a questo tipo di (lucas)delirio e l'osservo da fuori. Lo capisco ma non riesco a sentirmene parte.
Io non sono comunque contrario all'esistenza di queste iniziative, ma le comprendo più se mi metto nei panni di chi avesse saltato o non avesse la possibilità di ottenere le scatole originali d'epoca. Ne può comprare di nuove, riproduzioni semifedeli, che peraltro - salvo il rischio svarione - sono pure curate da personaggi come Laserschwert, un fan che aveva creato poster delle vecchie avventure Lucas e ora collabora con LRG. E per quanto costose non toccano comunque le cifre mostruose che appaiono nell'usato originale, previo un autocontrollo del cliente sulle furbate come quella delle chiavi colorate. Non mi rimangio per esempio quello che ho detto il mese scorso: l'Hit the Road targato LRG di cui parlai si presenta bene, ma ciò non ne rende ovvio l'acquisto per me, e ho già spiegato perché.
Ho pensato allora di fare qualcosa di costruttivo, scrivendo su Twitter a Craig Derrick della Lucasfilm, suggerendogli di dilazionare più nel tempo queste uscite, per permettere ai meno disinvolti di recuperarle senza svenarsi. Gli ho anche suggerito un'altra cosa, che m'indigna assai di più, ne parlai già e purtroppo suscita meno chiamate alle armi: si sta diffondendo la pratica di includere SOLO in queste edizioni costose le versioni ufficiali più rare dei giochi, come le incarnazioni EGA (o Amiga) di Monkey 1 e Loom. E questo è male. Dovrebbero essere disponibili anche sugli store digitali. Possibile che nel 2023 dobbiamo andare di Archive.org e siti warez? Ho preferito sorvolare - perché in passato l'avevo già scritto - sul fatto che per esempio il libro sui Monkey presente nell'Anthology si sarebbe potuto anche vendere in pdf (o fisico separato per una cifra umana), per chi come me fosse stato interessato solo ai contenuti e non al collezionismo. Per intenderci, sullo stile di questo o quest'altro.
Si preserva e si documenta per la storia, non per chi se lo può permettere.
Scelgo più volentieri quest'altra battaglia, il cui legame col collezionismo è solo un pretesto commerciale.
Bill Tiller ricorda la LucasArts e sogna A Vampyre Story 2
Era da tempo che non sentivamo parlare di Bill Tiller, che è riapparso con una chiacchierata con il podcast Audio Boom. Non ha ancora rinunciato a realizzare un sequel del suo A Vampyre Story (2008) e in fondo io ne sono contento. Rimane per me l'opera autoriale migliore di questo talentuoso grafico che ha lasciato il suo segno indelebile su The Curse of Monkey Island (e non solo). Cosa ci ha raccontato?
- Com'è nata la sua passione per disegnare? Naturalmente, perché sua madre disse: "Non vi comprerò giocattoli, ma solo libri o cose per disegnare!" Poi è cresciuto a dosi di fantascienza e cinema, con una particolare predilezione per Star Wars e il lore di Halloweeen.
- La curiosità per i videogiochi è nata con Pong, comprato da suo nonno che voleva sempre stare al passo. In crociera poi scoprì Space Invaders, alla faccia dei Caraibi che avrebbe dovuto visitare (e in un certo senso avrebbe visitato davvero dopo!). In ambito home computer la svolta per lui fu l'Apple II... e la grafica lì sopra era difficile da creare, però sottopose i suoi amici ai suoi micidiali giochi amatoriali!
- Poi al junior college, quando pensò seriamente di darsi alla grafica professionale, si tuffò nella capacità dell'Amiga, incredibili per l'epoca (usando VideoToaster e Deluxe Paint). E per fortuna che sapeva disegnare, perché nelle altre materie era una capra! Nei quattro anni al CalArts studiò sotto Chris Buck, regista poi di Frozen, e aveva come compagno di corso il mitico Pete Docter della Pixar! Amava la Disney. In quegli anni c'era già lo scontro tra 2D a mano libera e il futuro in fasce della CGI.
- Peccato che alla LucasArts mancò il mitico Skywalker Ranch di sei mesi, perché avevano appena cambiato sede quando arrivò lui. Tutta l'esperienza tra Amiga e filosofia Disney lo aiutò a ottenere l'impiego, ma risentì comunque del trauma del passaggio da Amiga a DOS, senza supporto per il mouse nel sistema operativo! Il primo giorno era imbarazzatissimo, sia perché si era vestito elegante equivocando sulle dinamiche lavorative della per lui "prestigiosa" Lucas, sia perché gli fu chiesto di creare un rotoscoping da un video con Brian Moriarty nei panni di Boston Low, per la prima versione di The Dig, quando lui si aspettava di animare da zero.
- Lo stupirono le richieste gore di Steven Spielberg, come una scena in cui si sarebbe dovuto cavare l'occhio da un mostro per utilizzarlo come lente luminosa di una torcia! Ad ogni modo, il subentrato Moriarty buttò tutto quello che era stato fatto per il The Dig precedente di Noah Falstein, a maggior ragione quando una mezza idea di riconfezionarlo come avventura grafica su Boba Fett fu respinta dal marketing (il personaggio era considerato "minore"). In generale il progetto di The Dig era vissuto con ansia, più con l'intenzione di "fare qualcosa di spettacolare" per essere all'altezza di Spielberg, e meno con l'idea prima o poi di chiudere e pubblicare un benedetto gioco! Anche se nel 1994 non approvò la fuga di Moriarty dal progetto, col senno di poi lo capisce perfettamente: abituato alle avventure testuali della Infocom e al più semplice Loom, Brian dovette gestire una produzione divenuta gigantesca, in un momento di transizione produttiva dell'intera industria verso veri e propri budget complessi.
- [ERRATA CORRIGE del 1-2-2023] Bill racconta poi come fu il semivolontario artefice delle prime nuove riprese dal vero nell'universo di Star Wars dopo Il ritorno dello Jedi. Gli chiesero di modificare fotogramma per fotogramma scene dei film per Rebel Assault [era il primo capitolo, non il secondo, come avevo erroneamente scritto prima, ndDiduz]. Siccome trovava il lavoro noiosissimo, fece presente che avrebbero pure potuto girare qualcosa di nuovo ad hoc, per una scena coi piloti ambientata in un bar, coinvolgendo la Lucasfilm, con costumi e scenografie già pronte. Sulle prime la richiesta sconvolse i responsabili dell'altra divisione: George voleva essere l'unico a occuparsi delle scene di SW, così si diceva, ma - considerando pure un videogioco un'impresa "di serie B" - alla LucasArts fu concesso l'azzardo. Lucas però volle comunque visionare il girato, in una proiezione piena di personale importante, nella quale Tiller non fu nemmeno fatto entrare: "Ma come? L'idea l'ho avuta io!" Riuscirono poi comunque a parlare con Lucas dopo: disse loro che avrebbe risolto alcune inquadrature diversamente, ma capiva che c'erano limiti tecnici dovuti alla gestione successiva delle scene nel gioco, e diede loro il placet. [ndDiduz dopo l'errata corrige: curiosamente, come mi fa notare il lettore Paolo Bertoldi, questo aneddoto contraddice l'idea perpetuata negli anni che fosse stato Rebel Assault II a contenere le prime sequenze di Star Wars girate dopo Episodio VI].
- Nei primi tempi giocava nella pausa pranzo a Monkey Island 2, e un giorno lo videro Tim Schafer e Dave Grossman, che gli raccontarono seduta stante qualche curiosità sulla lavorazione. Si era già innamorato di Monkey Island, quindi quando seppe che Larry Ahern e Jonathan Ackley ne stavano covando un altro, fece di tutto per farne parte.
- Larry voleva per Curse uno stile estremo, sulla scia di Duckman. Jonathan preferiva i cartoon Disney. Tiller cercò di trovare una via di mezzo tra i due desiderata. Pesava comunque più il parere di Larry, perché era il direttore artistico. Lo stile che scelse per i fondali si basava sul far "recitare" gli ambienti e i loro elementi: un fortino sarebbe stato per esempio fiero, con un "petto gonfio", cioè una parte superiore bombata.
- Durante la lavorazione di Curse, si sentivano piuttosto sicuri di poter creare un buon gioco, anche se c'era preoccupazione perché Ron Gilbert non era più alla LucasArts. Tiller la vedeva e la vede in modo diverso: non toglie nulla alla genialità della creazione di base, ma ciò non toglie che un franchise possa dare molto anche in mano a chi non ne sia il creatore ("Non è che Stan Lee abbia scritto tutte le storie migliori di Spider-Man"). Non immaginava il successo che il gioco avrebbe avuto: conferma che c'è ancora gente che, a pagamento e per migliaia di dollari, gli chiede di dipingere materiale di Monkey ispirato a Curse!
- La chiave di un look grafico è per Bill in due elementi: luce e colore. Se sai gestire quelli, dai senso anche a materiale realizzato con un budget molto basso. Non ha ancora giocato a Return to Monkey Island, ma da quel poco che ha visto lo stile gli è piaciuto proprio in quegli elementi, e l'ha trovato funzionale a un budget ristretto: "In un'avventura grafica devi fare molti asset, e non puoi perderci troppo tempo". Ricorda per esempio che per Curse partivano da disegni a matita che poi coloravano in Photoshop, rendendo i ripensamenti sul colore e sulla luce più veloci da implementare. Per A Vampyre Story invece scelse di dipingere i fondali in Photoshop direttamente: il risultato era anche migliore, ma richiedeva più tempo e non è convinto che sia una buona idea.
- Ghost Pirates of Vooju Island fu in realtà richiesto espressamente dall'editore DTP Anaconda come una copia spudorata di Monkey Island. Non gli andava di farla, così creò una storia con tre personaggi nello stesso tipo di universo piratesco - caraibico. Ricordava che Ahern e Tim Schafer avevano una volta alla Lucas discusso di una possibilità simile, cioè raccontare storie di altri personaggi, rimanendo però nel mondo di Monkey Island.
- Sta lavorando sulla demo per gli editori di A Vampyre Story 2, che finalmente può gestire da solo, avendo riottenuto i diritti sul sequel dal publisher austriaco originale, la Crimson Cow. Ritiene che si siano fatti molti passi avanti tecnici ed è molto soddisfatto di come sta venendo. Nel frattempo il primo capitolo, che attualmente è solo sulla piattaforma Zoom, dovrebbe riapparire su Steam a breve: è stato rimosso per sua volontà, perché dava diversi problemi di funzionamento e non vuole più rimetterlo in vendita su uno store così importante senza averli risolti.
Aaron Giles ancora al lavoro sul DREAMM
Il programmatore ex-LucasArts Aaron Giles, poi una delle colonne del MAME, si era già raccontato qualche mese fa, in occasione dell'imminente rilascio della prima versione del suo emulatore DREAMM. Se ricordate, il DREAMM è pensato come via di mezzo tra lo ScummVM e DOSBox, un emulatore di PC di utilizzo user-friendly, preconfigurato ad hoc per ciascuna avventura storica della LucasArts in versione DOS. La versione 2 (estesa ora al Mac), attualmente in beta, si sta spingendo oltre, supportando addirittura giochi come Grim Fandango e Monkey Island 4. Specialmente nel caso dell'ultimo, il DREAMM2 in beta è MOLTO promettente, anche se entrambi i giochi hanno problemi con le nostre versioni italiane originali, che presentano DRM micidiali sui quali Aaron si sta dannando l'anima (usando le iso che gli ho passato io!). La sua emulazione "invisibile" dei vecchi Windows è notevole: credo che il progetto vada tenuto d'occhio a prescindere.
Ad ogni modo, Aaron ha concesso un'altra bella intervista al canale Conversations With Curtis. Riassumo ciò che c'è di nuovo rispetto alla scorsa intervista.
- Come iniziò a programmare? Amava gli arcade e l'Atari 2600 sin da piccolo, il papà era un programmatore di mainframe IBM, per gli ospedali. Gli promise che avrebbe comprato un computer solo se gli fosse stato utile per il lavoro. Così acquistò nel 1980 un Heathkit H89, costruendolo (!) in tre mesi: Aaron iniziò col BASIC, capendo subito che avrebbe potuto ottenere di più con l'Assembly (e quel computer non aveva nemmeno una modalità grafica: il papà pretendeva uno schermo da 80 colonne!).
- Dopo fu la volta del PCJr, che Aaron spolpò dai 13 ai 18 anni, persino hackerando alcuni giochi per IBM PC che non erano compatibili con quel particolare modello (da cui poi sarebbe scaturito il popolarissimo negli USA Tandy 1000). Una delle prime cose che programmò fu un controllo di checksum per i listati pubblicati sulle riviste per PC.
- La scoperta del Mac avvenne al college (dove però studiava fisica, non informatica, per "allargare i propri orizzonti"): il Mac a colori era appena arrivato e ce l'aveva la sua fidanzata di allora. Era il 1991-1992, e nel campus c'era già una connessione internet, cosa fantascientifica per l'epoca. Imparò a usare il QuickTime, appena proposto.
- Inizialmente amava programmare gratis, ma quando si rese conto che i suoi programmi e i suoi tool stavano diventando popolari, chiese come compenso a chi li usasse di mandargli... una cartolina. Per posta. Ne ha ricevute e ne possiede ancora 6.000!
- Il primo impegno alla LucasArts, il porting Mac di Star Wars Dark Forces, non fu una passeggiata: con sei mesi a disposizione, dovette lavorare coi grafici per riadattare un gioco nato per la VGA 320x200 alla risoluzione minima del Mac di 640x480, avendo anche meno RAM a disposizione degli 8Mb del DOS, perché il System della Apple ne mangiava un paio. Il suo lavoro fu anche nodale nel convertire l'iMUSE ai 16bit di audio interamente digitale.
- S'impegnò moltissimo per spiegare a tutti i programmatori alla LucasArts (non solo attivi sulle avventure, ma su tutti i titoli) come aumentare l' "astrattismo" del codice ove fosse possibile: scorporare cioè il più possibile la logica di gioco dalla gestione dell'hardware, come peraltro lo SCUMM già faceva. Questo avrebbe reso i porting tra una macchina e l'altra sempre più veloci: e se poi la Lucas stroncò le conversioni Mac dopo il 1996, ciò si dovette più che altro ai costi di testing in rapporto alle vendite, perché i costi della conversione del codice in sé erano diventati irrisori, visto che con quella forma mentis si procedeva spediti.
- Sa spiegare, anche se non ci ha mai lavorato, perché in Monkey Island 2 solo nella versione PC c'è lo scrolling verticale verso il basso, quando Guybrush guarda giù per la scogliera? Aaron suppone che quel movimento di camera particolare e all'epoca non standard fosse stato programmato "low-level" in Assembly, naturalmente diverso da macchina a macchina, e che gli autori degli altri porting non vi ci siano dedicati per ragioni diverse. Per quanto riguarda il Mac, uno scrolling fluido avrebbe significato muovere molti più pixel per via della risoluzione più alta, con processori non molto più veloci.
- Il gioco di cui va più fiero è Outlaws, perché andò un po' oltre il suo tradizionale ruolo di programmatore di sistema, lavorando pure sul gameplay e il codice delle armi. Fu comunque un titolo epocale per la LucasArts, perché era il primo a richiedere obbligatoriamente Windows 95 e a non mantenere due piedi in una scarpa, con eseguibili per DOS e Windows 95 allo stesso tempo: avevano tutti paura della stabilità delle prime DirectX3, tanto che programmarono un sacco di alternative per Outlaws, per la visualizzazione della grafica e la riproduzione del suono. Il multiplayer a 16 giocatori lo ritiene uno dei fiori all'occhiello della sua carriera. Unico cruccio: la versione Mac fu cancellata.
- Il gioco preferito della LucasArts? Day of the Tentacle: l'ha sempre trovato irresistibile, tanto che fu lui a insistere per programmarne una conversione Mac nemmeno prevista. Lo rigiocò fino alla fine per testarla, e chiuse dicendo: "Ne è valsa proprio la pena!"
- Perché lasciare la LucasArts? Dopo aver finito Mysteries of the Sith, fu nel gruppo al quale fu mostrata una copia lavoro di La minaccia fantasma, ma rimase deluso perché tutta la suspense dell'evento fu abbattuta dalla richiesta che ebbero: guardarlo trovando ogni possibile spunto per ricavarne un gioco. Le produzioni stavano diventando sempre più grandi, e vedeva Star Wars come un marchio costrittivo. In quel periodo, scoprì l'emulazione, con i primi lavori della Digital Eclipse per Mac e la prima versione del MAME. Negli stessi anni era nato l'emulatore di Atari 2600, Stella, e la scintilla primigenia in lui si era riaccesa. Si offrì come coder Mac del MAME, però poco dopo scoprì che mancava nei giochi supportati uno dei suoi preferiti, Mappy. Lì capì bene cosa fosse l'emulazione: indagò e scoprì che girava con uno stesso misterioso processore usato per i cabinati di Super Pac-Man, che qualcuno aveva già emulato sul MAME, quindi adattò quel codice a Mappy. Sì, il suo futuro sarebbe stato nel mondo dell'emulazione, ma aveva bisogno di vederla non solo come un hobby ma anche come un lavoro, perciò scelse di passare alla Connectix per Virtual PC, che peraltro girava su Mac, suo primo amore. Gli dispiacque lasciare i colleghi alla LucasArts, ai quali voleva bene, ma voleva perseguire quello che realmente lo appassionava.
- Ha il massimo rispetto per chi ha creato ScummVM, anche perché ha ben presente l'impegno su un interprete, spesso nato dal lavoro di puro reverse-engineering, nonostante il suo approccio sia differente. L'emulazione fonde l'esperienza della macchina originale con l'esperienza del gioco, mentre un interprete come ScummVM si concentra sul gioco.
- Dopo la prima versione del DREAMM, visto che si era spinto a emulare un set di funzioni base di Windows 95 solo per allargarlo a The Curse of Monkey Island, ha pensato di spingere il programma al supporto di Monkey 4 e Grim. Siccome l'ambiente Windows è fatto di decine e decine di processi diversi, per mantenere l'emulazione leggera si è proposto di implementare solo i processi di sistema che i giochi chiamano in causa. Curse era molto semplice, ma già Grim adottava le Direct3D per il rendering, si spingeva a 16bit di colore, caricava librerie DLL dinamicamente... insomma, l'interazione tra il gioco e il sistema era più avanzata. Fortuna che in passato aveva programmato un emulatore di schede acceleratrici 3D Voodoo! Procede per gradi: implementa le prime cose che il gioco emulato "chiama", poi quando crasha vede quale processo è stato chiamato e da lui non ancora implementato. Lo implementa e riprova. E così via.
- Forte è la tentazione di costruire qualcosa di più su questo basico emulatore "invisibile" di Windows che ha ora creato: ci sono tanti giochi di fine anni Novanta primi anni Duemila che sono restii a funzionare decentemente sui PC moderni. Sta meditando come prossimo obiettivo di concentrarsi sull'emulazione di Indiana Jones and the Infernal Machine [sì, ti prego Aaron, assolutamente sì!!!, ndDiduz]. Più complicato è, in questo nuovo ambiente, emulare i giochi Windows che usano l'interfaccia di Windows e le sue finestre... ha un posto nel cuore per il casual di Hal Barwood Indiana Jones and His Desktop Adventures, che all'epoca convertì proprio lui per Mac.
Saluti a ritmo di musica
In chiusura, volevo segnalarvi due cose, dando la precedenza a Jared Emerson-Johnson, geniale compositore per tanti titoli dei Telltale, che in delirio pandemico ha suonato e cantato da solo (automixandosi) un omaggio alla canzone americana del 1924. Il genere può risultare ripetitivo alle orecchie attuali... ma a piccole dosi lo trovo trascinante. Copertina a cura di Graham Annable, non so se mi spiego. Urge una quarta stagione di Sam & Max per far sfogare Jared come si deve.
Dominic Armato, voce ufficiale di Guybrush dal 1997, ha chiacchierato ancora sulla sua carriera e sul suo ruolo più importante, questa volta col buon Paul Morgan Stetler (alias il Curtis di Phantasmagoria 2, diventato un curioso ed elegante influencer in zona retrogaming). Nulla di nuovo che non sappiamo già, se non che già da piccolo Dominic, oltre a recitare già dall'età di 6-7 anni con la voce per varie pubblicità, era un nerd videoludico non male: mi ha fatto ridere il suo racconto sulla foto che inviò a Nintendo Power per testimoniare di aver finito The Legend of Zelda sul NES, per scoprire che un altro ragazzino l'aveva battuto per soli tre giorni! Bello poi come racconti di essersi tuffato nelle reazioni social a Return, senza temerle, considerando questo il primo vero Monkey a essere uscito nell'era del commento istantaneo e della raggiungibilità immediata degli autori.
Al mese prossimo!
Ciao,
Dom
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